Notte messicana – Diana Palmer

SINTESI DEL LIBRO:
«Era una notte buia e tempestosa…»
Gli occhi verdi di lei fulminarono il ragazzino che si era affacciato
alla porta intonando la trita litania con voce sepolcrale.
Lui scrollò le spalle. «Be’, tutti incominciano un romanzo giallo in
quel modo, Janie» disse Kurt Curtis alla sorella maggiore con un
sorriso.
Esasperata, Janine si passò la mano tra i corti capelli neri,
rileggendo in un borbottio le poche parole che apparivano sullo
schermo del computer. «Io no» rispose con aria assente. «Per
questo motivo ne vendo tanti.»
«Diane Woody» citò lui. «Creatrice della famosa eroina omonima
della serie più venduta.» Il ragazzino fece una smorfia. «Ma perché
diavolo usi il tuo pseudonimo per la protagonista principale? Non è
un po’ ridondante?»
«È stata un’idea dell’editore. Ma non puoi farmi queste domande
più tardi?» borbottò lei. «Altrimenti mi si blocca l’ispirazione.»
«Ma se ti ho appena dato un suggerimento fantastico!»
le ricordò con un sorriso molto luminoso. Era un ragazzino rosso
di capelli e con gli occhi azzurri, così diverso da lei che molti non li
credevano fratelli. Kurt era il ritratto del nonno paterno. Colpa dei
geni recessivi, amavano ripete re spesso i genitori, archeologi di
mestiere.
Adesso loro stavano partecipando a nuovi scavi: per questo
motivo Janine si trovava a Cancun e cercava di lavorare mentre Kurt
la
faceva impazzire. Dan e Joan Curtis, entrambi professori
all’Università dell’Indiana, erano nello Yucatàn, nella costa antistante
all’isola di Cancun, per ricerche archeologiche. Come anche l’isola,
lo Yucatàn era ricco di testimonianze Maya e proprio lì era appena
stato scoperto un sito di quella civiltà apparentemente intatto: perciò
i
Curtis avevano chiesto un periodo di aspettativa all’università per
condurre un sopralluogo. Giudicando poco saggio portare con loro in
quel clima 1
subtropicale Kurt, convalescente da una brutta tonsillite, lo
avevano affidato a Janine, per la quale avevano affittato una bella
casa sulla spiaggia: lì avrebbe potuto lavorare e badare al fratellino.
Kurt ora si era rimesso e ai compiti di Janine si era aggiunto quello di
seguirlo nello studio.
La sua unica consolazione era il messaggio arrivatole tramite
posta elettronica sul computer: il padre le comunicava che il sito
Maya era di determinante importanza e che gli scavi andavano
benissimo.
Tuttavia non le spiaceva vivere in quella bella casa di fronte al
mare di cui poteva ascoltare il respiro continuo. Il rumore della
risacca le dava ispirazione, di solito: sempre che Kurt non fosse nei
paraggi per aiutarla, naturalmente.
Janine si sentiva nervosa anche perché era settembre, il periodo
di coda della stagione degli uragani: quello era stato un anno
particolarmente perturbato. Un esperto l’aveva definito l’anno dei
venti assassini. Poetico. E spaventoso. Fino a quel momento non
avevano avuto motivo di preoccuparsi troppo, ma Janine pregava
perché non vi fossero altri uragani. Dopotutto, era quasi ottobre.
«Hai notato i nostri nuovi vicini?» le domandò Kurt.
«C’è un uomo alto, dall’aspetto severo e una ragazzina della mia
età. Lui non è mai in casa e lei sta seduta sul portico fissando
l’oceano.»
«Sai bene che non ho tempo per i vicini» mormorò lei, lo sguardo
fisso sullo schermo.
«Non ti fermi mai ad aspirare il profumo dei fiori?»
chiese Kurt disgustato. «Andrà a finire che diventerai una vecchia
zitella di questo passo.»
«Sarò una vecchia zitella ricca» replicò con aria assente facendo
scorrere le pagine del video. «E poi, c’è Quentin.»
«Quentin Hobard» borbottò il ragazzino alzando le mani. «Dio
mio, Janie, quello insegna storia antica!»
Lei lo fulminò con lo sguardo. «Insegna storia medioevale,
soprattutto il periodo del Rinascimen to. Se soltanto una volta o
l’altra gli dessi ascolto, potresti scoprire quanto sia ferrato al
riguardo.»
«Ne ho voglia quanto di rivivere il periodo della Santa
Inquisizione!» sbottò lui.
«Non è stato così terribile come suggeriscono i vecchi film» disse
lei, raddrizzandosi per dedicargli tutta la sua attenzione.
2
«Io la penso di più come i Monty Python» re plicò Kurt,
nominando il suo programma televisivo preferito. Si alzò mettendosi
in posa. «Nessuno sfugge alla Santa Inquisizione!»
Anche Janine alzò esasperata le mani. «Non puoi imparare la
storia da un programma televisivo inglese!»
«Ma certo che si può!» Kurt si chinò in avanti con un sorriso.
«Vuoi sapere la vera storia dei cavalieri? Per le armature dei cavalli
usavano gusci di noci di cocco…»
«Non voglio sentire!» esclamò lei coprendosi le orecchie.
«Lasciami lavorare o saremo entrambi condannati a morire di fame.»
«Ma figurati» la contraddisse fiducioso. «Ci sono sempre i diritti
d’autore.»
«Dodici anni e sei già il mio consulente finanziario!»
«Ho imparato tutto da te. Sono precoce, soprattutto considerando
il fatto che sono figlio di scienziati.»
«Saresti precoce solo se fossi il figlio più piccolo di due
Neanderthaliani.»
«Sapevi che il vocabolo Neanderthaliano pro viene dal tedesco?»
Lei sollevò una mano con sguardo minaccioso. «Non ho bisogno
di lezioni di filologia, grazie! Ho solo bisogno di pace e quiete!»
«D’accordo, d’accordo: ho recepito il messaggio! Andrò a
pescare qualche serpente marino.»
Lei non si disturbò nemmeno a guardarlo. «Molto bene.
Se ne prendi uno, strilla. Verrò a scattare le foto.»
«Se ne prendessi uno, potrebbe tornarti utile.»
«Certo. Con la tua fortuna, ti mangerebbe e io sarei condannata
a vagare per l’eternità sulla spiaggia con una lanterna in mano alla
tua dispe rata ricerca.»
«Risparmia lo spirito per il tuo libro!»
Con una smorfia, Kurt aprì la porta a vetro.
«Chiudila!» strillò lei. «Stai facendo uscire tutta l’aria fresca.»
«Che Dio non voglia!» ansimò Kurt. Si voltò a guardarla con
occhi brillanti. «Ehi, mi è appena venuta un’idea. Sai come
potremmo instaurare un clima assolutamente fresco? Potremmo
convincere tutti ad accendere al massimo l’impianto di
condizionamento e a lasciare porte e finestre aperte…»
3
Janine gli tirò dietro un taccuino: Kurt si chinò per evitarlo e uscì
a razzo dalla porta richiudendosela alle spalle. Poi scese verso la
spiaggia.
Infilò le mani in tasca e raggiunse la casa dei vicini: una
ragazzina pelle e ossa era seduta sul portico. Indossava una felpa
con cappuccio, ma senza maniche, e un cappellino degli Atlanta Bra
ves al contrario. I piedi nudi erano appoggiati alla balaustra, lo
sguardo fisso verso l’oceano.
«Ehi!» la chiamò.
Lei lo fulminò con lo sguardo.
«Che ne dici di andare a pescare serpenti di mare?» le propose.
Lei inarcò le sopracciglia, poi gli sorrise e tutto il suo volto mutò.
Si alzò e lo raggiunse. Era bionda, con due luminosi occhi azzurri.
«Stai scherzando, vero?» gli chiese.
Lui scrollò le spalle. «Hai visto qualcuno catturare qualche
serpente di mare, qui intorno?»
«Non da quando sono scesa dall’aereo.»
«Fantastico!» esclamò con un sorriso, facendo risaltare le
lentiggini.
«Fantastico?»
«Se nessuno lo ha preso, vuol dire che è ancora qui!»
sussurrò indicando il mare. «Pensa se ne trovassimo uno!
Almeno i resti.
Potremmo vendere la foto a peso d’oro.»
«Una bella idea!»
«Certo… magari potremmo costruirne uno, se solo sapessi come
fare…»
«Be’, con uno strofinaccio» azzardò lei. «Un pesce morto.
Qualche pezzetto di carne. Piume. Un tubo di gomma per annaffiare
e tinta grigia.»
Un’anima gemella: Kurt toccò il cielo con un dito. «Sei un genio!»
Lei gli sorrise. «Mio padre sì che è un genio. Lui mi ha insegnato
tutto quello che so.» Sospirò. «Ma se facciamo questo scherzo,
verrò messa sot tochiave per il resto della mia vita. Quindi, penso
che rinuncerò, tuttavia…»
Lui fece una smorfia. «So che cosa intendi dire: anch’io non la
passerei liscia. I miei genitori mi manderebbero alla scuola 4
militare.»
«Davvero?»
«Mi minacciano ogni volta che mi metto nei guai. Il collegio non
mi dispiace, ma odio le divise.»
«Anch’io, a meno che non si tratti delle uniformi di baseball. Sai,
quest’anno i Braves vinceran no il campionato.»
Lui le rivolse una lunga occhiata pensierosa. «Be’, vedremo.»
«Sei un tifoso dei Braves?»
A lui non era mai molto interessato il baseball, ma sembrava
importare a lei. «Certo» disse.
Lei ridacchiò. «Mi chiamo Karie.»
«E io Kurt.»
«Piacere di conoscerti.»
«Anche per me è un piacere.»
Camminarono lungo la spiaggia per un paio di minuti.
Poi lui si fermò di botto. «Sai dove trovare uno strofinaccio?»
Beatamente, ignorando che il fratello avesse trovato la complice
ideale per raddoppiare la sua potenzialità di combinare disastri,
Janine riempì lo schermo del computer con tutti gli elementi che
avrebbero costituito l’intelaiatura ideale per una nuova storia di
mistero.
Alcuni libri si scrivevano praticamente da soli. Altri erano muli
recalcitranti. Questo sembrava far parte dell’ultima categoria. Inoltre
lei aveva la mente stanca.
«Avrei bisogno di un po’ di ispirazione» sospirò.
Purtroppo in televisione non c’era qualcosa de gno di essere
guardato. Soprattutto perché era quasi tutto in spagnolo.
Spense l’apparecchio. Il guaio di quel viaggio era la perdita del
suo programma preferito: una serie settimanale di fantascienza. Le
piacevano tutti i personaggi, tuttavia il suo preferito era l’arrogante e
a volte indisponente capitano alieno: il cattivo della situazione. Negli
ultimi tempi aveva trascorso tutto il suo tempo sospirando verso di lui
invece di dedicarsi al lavoro per cui veniva pagata. Per questo
motivo aveva accettato di venire a Cancun con i genitori e il
fratellino: per sfuggire all’uomo dal fascino sinistro che stava
distruggendo la sua carriera!
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