Milano sconosciuta – Paolo Valera

SINTESI DEL LIBRO:
Mi metto un’altra volta nei mondezzai sociali.
Mi ci metto senza sproni rivelatori. È tema stravecchio. Non si è
mai saputo da che parte penda la depravazione, chi produca le
Nanà . È vizio, è corruzione o è bisogno fisico? Veda il lettore.
È depravato l’uomo che si vuota nei lupanari o è il tenente
postribolo una oscura creatura che spalanca ambienti di libidine di
carni afrodisiache, di donne di seduzione per speculare sui bisogni
postribolari? Veda il lettore.
Io do una capatina nell’edificio tollerato, dove l’autorità specula,
impone tasse sul traffico immondo, per sapere fin dove siamo
immersi negli scandali inspiegabili. Qui l’adulterio non c’entra.
Madame Bovary non ci trattiene. Ci pensi il marito. Qui non ci sono
violenze. La verginità non si svergina in queste case malfamate. Le
primizie si consumano altrove. Quello che avviene in questo capitolo
è mestiere. La cortigiana è sulla piattaforma legale. Chi entra,
sceglie. È donna prezzolata. È in vendita a prezzo fisso. L’edificio di
via Porlezza è affollato di odalische, di baiadere, di meretrici che
hanno fatto carriera. Sono associate negli affari. Internamente un
magnifico palazzo. Il visitatore penetra e s’invola. Non è veduto da
alcuno. Va e ritorna senza essere veduto. Non c’è il salotto per tutti.
Ci fu. Il salotto del flanellista è divenuto locale antico. Il pudore è
passato nella modernità . Ciascuno pensa a sé. Passa nel vicolo o
nello svolto di via Meravigli o di via S. Giovanni sul Muro. Si passa
per il trivio. Si fila, si suona, si apre il cancello, si è a faccia a faccia
con la megera. La donna è una furia rossa come nel medio evo. La
lenona squadra, vede subito che il visitatore è un uomo ammodo.
Non c’è ampiezza all’entrata. La donna è preparata a ricevere in
consegna l’ombrello o il bastone. Sulla muraglia è il prezzo della
casa. Non ci sono trucchi. Un corpo con una testa birichina sdraiata
per la parete ha il braccio teso con il prezzo in mano: lire 20.
Io ero accompagnato da un caffettista che aveva imparato l’abuso
del caffè nei libri balzachiani.
Saltammo o tentammo di svoltare. Fummo bloccati da tre o quattro
Elise, la cui giovinezza era già stata consumata nei drammi d’amore.
Per gli occhi lucidi potevano essere charnming. Per noi erano troppo
vestite. Forse appartenevano a qualche servizio. Non eravamo
ancora al margine dello spaccio d’amore. Noi volevamo vedere la
padrona. Ci siamo trovati in un magnifico salone di marmo.
Contemplazione. Siete come in un tempio d’arte. Vi pare di uscire
dalle armonie. Il soffitto è pieno di motivi artistici, con ai fianchi
donne giunoniche; si vedono delle veneri afrodite, della grazie. È un
luogo di passaggio. L’uomo non deve vedere l’uomo.
A sinistra sono i salottini. I clienti dell’una non vedono i clienti
dell’altra. La padrona ha più valore delle donne che abbiamo veduto
all’esordio. Il suo seno è vistoso, ma non è quello della balia. Noi
volevamo il permesso di fotografare il suo ambiente. Dobbiamo
contentarci di vederlo. Non concede privative. I salottini sono per i
piani. Ogni signorina ha il suo. Tutti i piani sono meravigliosi. Le
donne in vendita si presentano coperte di un velo. A’ chacun son
goût.
Il gozzovigliante si sente in un edificio solido. Ha modo di sognare,
di bere delle buone bottiglie di champagne e della chartreuse
sopraffina. Si esce carichi di ardori e si fila o si prolunga la propria
presenza, magari fra torsi di donne che danno l’illusione che siano
romane. Non c’è nulla di quello che si vede in via S. Carpoforo né in
vicolo delle Quaglie. Il disgusto non è escluso. Qui nulla di floscio o
di frollo. Né biacca né belletti. Le donne in velo adempiono alle loro
funzioni. Si gira e si sale senza mai uscire dalla opulenza.
Le decorazioni sono dovunque ricche, piene di buon gusto. In
mezzo alle baiadere vive ne trovate delle dipinte e delle
marmorizzate. Il vecchio ha la preferenza. È il personaggio che
spende senza brontolare. La stanza della cortigiana è senza
risparmi. C’è un’eleganza che movimenta i sensi. Toilette con tutto il
comfort dei cosmetici, delle ciprie, dei profumi, delle acque
dentifricie, delle spazzole per accomodare i capelli. Il ruffiano non ha
fatto economie. Non so. Rifiuterebbe indubbiamente le vergini, se ve
ne fossero. In un paese come il nostro lo si lincerebbe. Non parliamo
di vergini. Le vergini è razza direi quasi estinta, come le pelli rosse
nel nord America.
Una volta la prostituzione era veduta di malocchio. Si nascondeva,
si rifugiava, si avvolgeva, cercava di sopprimersi. Adesso! Adesso
una casa rivaleggia con l’altra. C’è gara di biglietti da mille. L’una
tende ad avere donne più in fiore dell’altra. L’eleganza è montata
con delle centinaia di migliaia di lire.
Coloro che conoscono le ville sanno che c’è esuberanza di
ricchezze. Ve ne sono in tutti i quartieri. Una delle più signorili, non la
più signorile, è indubbiamente quella situata in via Tadino, 10. È una
villetta a tre piani, senza il piano terreno. Vi si accede da un cielo a
lamiera, a livello del ponte ferroviario. È truccato bene. Si potrebbe
supporlo un nascondiglio di monache. L’acciottolato lascia supporre
una casa rustica.
Ne è lenone un uomo che tratta bene le ragazze. Aveva una
predilezione per i cavallini che nitrissero. Ora è per l’automobile e ne
possiede una splendida. È una casa tenuta bene. È affidata a due
portinaie, due cuoche, due guardarobiere. Le signorine si cambiano
ogni quindici giorni. Sette per volta. Hanno al loro servizio tre donne
esclusivamente per loro. Ci sono due maîtresse. La padrona ha 46
anni.
Non è grandemente bella. È piuttosto grassa e piccola ed è
scappata una volta dal giogo matrimoniale. Il padrone ne è più
giovane di due anni e ha nome Rancati e pesa 121 chilogrammi.
È un ex lottatore. Ha l’aria di uno sportista. È democratico. Ha un
salotto comune per la famiglia e per le signorine superbamente
eleganti. Le raduna a colazione ed a pranzo. Una volta giù di
mestiere leggono, fumano, suonano il piano. Si può dire che alcune
di loro hanno l’abitudine della Fille Elisa. Consumano bracciate di
romanzoni. La cucina del luogo supera quella dei primi restaurants.
Non c’è spilorceria. Vi si mangia divinamente. Vi passano dalla
tavola tutte le leccornie. Vi è tutto il comfort. Peccato che le sue
«signorine» non possono rimanervi più di quindici giorni. Entra
l’automobile della casa con le nuove e se ne va con quelle che
hanno finito il loro tempo. Non si invecchia nella villetta di via Tadino,
10. La signorina vi è trattata come una vera signorina. I nomi
spregevoli di una volta sono spariti.
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