Le Reliquie dei Templari – Lanfranco Pesci

SINTESI DEL LIBRO:
La piccola lancia Y grigia stava viaggiando su Via Emilia Est, verso
Modena.
Irene aveva appena finito di analizzare alcuni documenti nel suo studio
di Bologna, tra meno di mezz’ora avrebbe dovuto incontrarsi con il
professor Lunardi, nel piccolo appartamento che possedeva all’ultimo piano
di un edificio in via Masone.
Lunardi era un docente alla facoltà di Ingegneria dell’Università di
Modena, ma a Irene poco interessavano le sue capacità ingegneristiche,
quanto le vaste conoscenze che il professore vantava in storia medievale.
Infatti, dopo essersi laureato in ingegneria aveva anche trovato il tempo per
studiare e conseguire una laurea in quella dottrina, la sua passione di
sempre.
Il semaforo era rosso, l’auto era ferma, Irene stava mettendo in ordine
alcune carte sul sedile del passeggero, ansiosa di mostrare al professore
quello che aveva appena scoperto. Non vedeva l’ora di arrivare a casa sua e
raccontargli tutto, dall’inizio alla fine.
Non si era accorta che il semaforo era diventato verde. Mentre stava
sistemando l’ultimo foglio alzò la testa, fece appena in tempo a riconoscere
la sagoma di quel camion, un colore rosso acceso, i vetri scuri, l’impatto fu
terribile, la piccola auto di Irene sembrò sgretolarsi sotto la furia violenta di
quel mostro gigante. Entrambi i mezzi finirono fuori strada, in uno sterrato,
continuarono la corsa per venti metri, poi si arrestarono.
Lo sportello del tir si aprì e ne uscì un uomo per niente scosso da quello
che era accaduto. Osservò quei rottami impassibile mentre le fiamme
iniziavano ad avvolgere i mezzi.
Dopo alcuni secondi si voltò e scappò via.
2
Il professor Lunardi uscì dal portone della sua abitazione e si diresse
verso la piccola edicola all’angolo dell’isolato.
«Il Corriere della Sera e la Gazzetta di Modena, per favore» ogni mattina
il professore prima di andare all’università si fermava al piccolo bar in via
Ungaretti e si aggiornava sulle ultime notizie che riguardavano il mondo e
la sua città.
‘Tragico incidente ieri pomeriggio sulla Via Emilia Est, in cui ha perso la
vita una ragazza ventisettenne, la sua piccola Lancia Y è stata letteralmente
travolta dalla folle corsa di un tir…..gli inquirenti ipotizzano un guasto
all’impianto dei freni. La ragazza si chiamava Irene Masetti……..continua a
pag 7’.
Il professore, sconvolto da quello che aveva appena letto, alzò la testa, si
guardò attorno: nel bar c’erano solo le due bariste e un cliente che stava
prendendo un caffè al bancone. Era confuso, finalmente aveva capito
perché la sera prima la signorina non si era presentata all’appuntamento e
non aveva risposto alle svariate telefonate. Non poteva crederci.
«Ecco il suo caffè e la sua brioche, professore» la barista prese dal
bancone il vassoio con la colazione che il cliente aveva ordinato qualche
minuto prima.
Continuava a fissare la foto della ragazza a pagina sette del giornale. Da
qualche mese stavano lavorando insieme su una questione riguardante il
Duomo di Modena. Il comitato per i beni culturali aveva richiesto un parere
sulla spesa da sostenere per eventuali restauri alle colonne e agli affreschi
della chiesa. Quel terribile incidente, purtroppo, aveva messo fine alla loro
collaborazione.
Con il viso ancora sconvolto sorseggiò il suo caffé. Si accorse che quasi
gli mancava il respiro, si sentì raggelare, dopo qualche secondo la vista gli
si offuscò, posò il braccio sul tavolo, la testa sul braccio.
«O mio Dio! Marta chiama un’ambulanza, il professore sta male» la
barista, impaurita, si avvicinò all’uomo accasciato sul tavolino, si accorse
che non respirava più.
L’uomo che era al bancone fino a qualche minuto prima era svanito nel
nulla.
3
‘Ormai è già passata la mezzanotte, non credo che sia il caso di
disturbarlo a quest’ora, lo chiamerò con calma domattina. In fondo, una
notte in albergo potrò ancora permettermela’ pensò Marco mentre stava
scendendo dall’intercity su cui era salito a Firenze due ore prima. Si era
trovato a dover ricominciare tutto da capo, senza più un lavoro, un’auto e
un letto dove poter riposare.
Un fresco vento soffiava da est e ricordava alla poca gente che era in
stazione che ormai l’inverno era alle porte, una camicia hawaiana e un
pantalone di lino non erano certo gli abiti più adatti da indossare a
novembre, ma il clima di Modena era ben diverso da quello che aveva
lasciato quella stessa mattina partendo dalla Calabria. Lui non si era posto il
problema di dover affrontare un viaggio che lo avrebbe portato alla meta in
serata ormai inoltrata, non gli importava.
Quello che ora Marco desiderava era soltanto un po’ di riposo, per
riprendersi da quell’ultima difficile settimana passata a Reggio Calabria.
Doveva cercare di dimenticare gli infiniti interrogatori del commissario
Mattei. Gli sembrava di sentire ancora l’odore intenso di quelle Camel di
cui il commissario non poteva proprio fare a meno.
Accanto a lui un uomo e una donna stavano calorosamente abbracciando
una ragazza che era appena scesa dal suo stesso treno. Poco più in là, seduta
su una panchina, una ragazza stava spezzando il suo panino, di fronte a lei
un piccolo terrier scodinzolava ed aveva già l’acquolina in bocca nel vedere
quel bocconcino tra le mani della sua padrona.
La ragazza aveva un aspetto strano, il suo viso sembrava malinconico ma
allo stesso tempo sorrideva nel giocare con il suo piccolo amico. Uno
spuntone le usciva tra il labbro inferiore e il mento. Marco era riuscito a
contare almeno altri tre orecchini sull’orecchio destro oltre al brillantino al
lato del naso. Era quasi curioso di vedere quanti altri buchi avesse
sull’orecchio sinistro, ma pensò che forse non era il caso di girarle attorno e
fissarle un orecchio. No, non era proprio il caso.
Afferrò con forza il suo borsone e si avviò verso l’uscita della stazione
accennando un sorriso per le strane idee che gli venivano in testa.
Sulla destra, davanti la biglietteria, due energumeni stavano chiedendo
informazioni per il treno che avrebbero dovuto prendere il giorno dopo.
Marco aveva bisogno di un albergo. C’era un bar alla sua sinistra, avrebbe
chiesto lì informazioni per un posto dove dormire. Varcò l’ingresso, il
locale era deserto, un distinto signore sulla quarantina stava asciugando dei
bicchieri dietro al bancone.
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