Il figlio di Bakunìn – Sergio Atzeni

SINTESI DEL LIBRO:
Stanotte ho sognato Tullio Saba. Aveva la pelle del viso bianca
come cera, e gli occhi spalancati, spaventati, o forse un po' tristi…
Una camicia militare americana del tempo di guerra, lacera, a
brandelli. Mi ha detto «Tutti mi hanno dimenticato, anche gli amici,
anche le donne».
Te ne ho mai parlato?
Era un bravo ragazzo. Minatore. Compagno. Anche dirigente del
partito. Un po' matto.
Mi ha fatto la corte, subito dopo la guerra.
Tuo padre mi piaceva di più.
Strano l'abbia sognato. Che vorrà dire? Sognare i morti non porta
cattiva fortuna… Un annuncio di qualcosa? Qualcosa che viene da
lontano, che torna dal passato?
Vuoi che ti racconti la sua storia? Il nostro incontro? Sei curioso
di me… Tuo padre non ha mai chiesto nulla.. Ma tu sei più geloso di
lui… Non conosco tutte le vicissitudini, e anche se le conoscessi…
Ho un modo di raccontare disordinato, dispersivo, attorciglio tutti i
fili.. Se dovessi cominciare adesso magari ti direi di quei cappellini
che io e Annarita abbiamo tagliato e cucito con le nostre mani per
indossarli alla passeggiata serale sotto i portici, nel '46, e li abbiamo
messi una volta e mai più…
Vai a Guspini, i guspinesi hanno buona memoria, era un loro
compaesano, sanno tutto, se chiederai racconteranno.
E scoprirai quel che resta di un uomo, dopo la sua morte, nella
memoria e nelle parole altrui.
Forse così la smetterà di venire nei sogni a rimproverarmi.
2.
Saba, quello che vendeva vino?
No?
Suo fratello, quello che si è sposato con la sorella di Arremundu
Corriazzu?
No?
Suo babbo?
No?
Il fratello del babbo, quello che una volta in campagna ha ucciso
tre cani rabbiosi e ha trovato una catena d'oro?
No?
Il
figlio del fratello del babbo è morto in guerra, e non l'ho
conosciuto.
Di Saba ho conosciuto personalmente soltanto quello che
vendeva vino.
3.
Non ricordo nessun Saba. Quarant'anni in miniera, a San
Giovanni, nessun Saba. I Saba che conoscevo vendevano vino e
facevano scarpe, ma in miniera nessuno. Un momento! Edigardu
Saba! - Lui sì. Ci ha fatto tre anni, mi pare, a San Giovanni, ma non
era vita per lui. Era pigro, e furbacchione. Tre anni, poi l'hanno
licenziato, è andato a vendere lamette e pettini a Arbus. In pochi
anni si è fatto ricco. Io l'ho sempre detto, che gli arburensi son tonti.
Poi è morto giovane e ha lasciato in eredità una latteria: in Arbus. Il
figlio maschio se l'è giocata a poker, con Wilson, e l'ha persa. Wilson
l'ha venduta a un altro di Arbus e ci ha guadagnato i milioni.
Non conosci Wilson? Il figlio di Peppi Mustazzolu. Wilson. È
famoso. Ma a Cagliari non conoscete nessuno? Wilson, gran
giocatore, uno di quelli che conoscono ogni trucco di carte e di
biliardo. Ora vive a Aristanis, ma c'è stato tempo che aveva bische a
Asmara, quando avevamo colonie. Uomo intelligente. Viveva grazie
agli imbecilli. Ma quando non trovava qualcuno da spennare, non si
perdeva di coraggio. Una volta resta senza un soldo, e che fa?
Prende a nolo un abito scuro da signore, affitta una Mercedes nuova
nuova, va da Salvatore Poddighe, quello di Baratili, una Vernaccia
come la sua non la fa nessuno, vino da re, e si fa dare due botticelle
da cinquanta litri di Vernaccia vecchia; tutto a credito, abito,
macchina, benzina, vino, in quel momento Wilson in tasca non ha
cinque lire bucate. E parte. Va in Gallura, dove c'era l'Aga Khan
appena arrivato, avevano messo la fotografia sul giornale. Wilson
arriva lassù e si presenta all'Aga Khan, parlando inglese come uno
nato in America. Sembrava miliardario, come si è presentato,
dicendo che voleva regalare all'ospite straniero un assaggino di
Vernaccia. «Assaggia, assaggia» gli diceva, ma l'Aga Khan vino non
ne beve, e poi pare che non mangia e non beve nessuna cosa se
prima non l'ha assaggiata il suo servo, ha paura che gli mettano il
veleno. Insomma, il servo assaggia, assaggia, e vuota i cento litri.
Wilson è diventato fornitore di Vernaccia di Baratili a tutti i ricconi di
lassù, e si è rimesso a posto. Poi ha venduto vino sardo a mezzo
mondo. Wilson. Ma davvero a Cagliari non lo conoscete? Vero è che
a Cagliari diventano famosi soltanto gli scemi.
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