Il commissario e la badante – Andrea Fazioli

SINTESI DEL LIBRO:
C’è chi fa il poliziotto e chi è un poliziotto. Chi appartiene
alla prima categoria un giorno cambierà lavoro, andrà in
pensione, si troverà un passatempo o aprirà un profilo su
Facebook. Chi è un poliziotto, invece, poliziotto rimane,
anche a ottant’anni, anche con la vista annebbiata e le
gambe che fanno cilecca.
Il commissario Giorgio Robbiani era un poliziotto. Aveva
lavorato tutta la vita, ininterrottamente, fingendo di
prendersi qualche vacanza. Non aveva quasi usato i colori,
le tele e il cavalletto che gli avevano regalato al momento
del congedo. Invece aveva continuato a seguire i colleghi,
attingendo alla sua esperienza per distribuire consigli.
Dopo la malattia e la morte della moglie aveva cominciato a
uscire meno. Anche perché, pure con il bastone, non era
facile spostarsi: negli ultimi tempi la gente aveva preso a
camminare più in fretta.
Abitava a Massagno, al terzo piano di un palazzotto
costruito negli anni Sessanta. C’era un ascensore, ma era
vecchio anche lui e spesso non funzionava. In quei casi
Robbiani chiamava qualcuno per farsi portare su la spesa.
Come aveva fatto sempre nella sua carriera, cercò di
giocare d’anticipo. Sua figlia Giulia si era fermata a pranzo
e aveva cucinato un arrosto di maiale con patate al forno.
Robbiani le disse che era buono. In effetti, ricordava quello
cucinato da Lucia, la moglie e madre che li guardava da
una mensola, serena nella sua cornice di legno. Aveva
un’espressione calma, quasi rassicurante, come se al
momento dello scatto avesse intuito che proprio quella foto
sarebbe servita a confortare suo marito nei lunghi anni da
vedovo.
Mentre la figlia serviva il caffè, il commissario calò le sue
carte.
«Non credi che una casa per anziani sia un po’ costosa?»
«Come?» fece lei, con un tremolio della mano che
reggeva la tazza.
«Forse alla mia età non sono più del tutto autosufficiente,
qui, con la manutenzione della casa, la spesa, gli
acciacchi...»
«Be’, ecco» balbettò Giulia. «Forse... ma una casa per
anziani, cioè, non una di quelle tristi, ma tipo un
residence...»
«Ti sei informata?»
Giulia arrossì. Robbiani restò impassibile.
«Credo» le disse con dolcezza «che tu abbia un’altra
soluzione.»
Qualche giorno dopo, Zaynab Ammar si presentò a casa
di Robbiani. Lui l’accolse dietro la poltrona dello studio,
con le luci basse, come faceva quando interrogava i
sospetti.
«Per quanto tempo ha lavorato in fabbrica dopo la morte
di suo marito?»
La donna spalancò gli occhi.
«Spero che si sia ripresa dall’incidente» proseguì
Robbiani. «E spero che trovi il tempo di dedicarsi alla
fotografia.»
Zaynab Ammar era una bella donna sulla trentina, con
grandi occhi scuri e capelli ricci che uscivano da sotto il
velo. Teneva le mani sul grembo, gli occhi bassi. Robbiani
pensò di averla spaventata.
«Non si preoccupi, signora. Ho il vizio di notare le cose.»
«Le cose?» mormorò lei.
«Il velo non è da lutto, quindi dev’essere passato un po’
di
tempo. Ma non indossa gioielli e ha due fedi
matrimoniali, di cui una è un po’ larga per lei. Ho visto la
rigidità del braccio e la cicatrice da bruciatura al polso, del
tipo causato da una fiamma ossidrica. Quindi, o ha
l’abitudine di svaligiare casseforti o ha lavorato in fabbrica.
Appena è entrata ho sentito l’odore del solvente da sviluppo
fotografico, e quindi... Ecco, è solo un trucco alla Sherlock
Holmes, da parte di un vecchio poliziotto che non si
rassegna ad aver bisogno di una badante.»
«Capisco» disse lei. «Anzi, stavo per chiederle se abbia
ancora disturbi digestivi dopo aver bevuto latte e se
quando cambia il tempo le faccia ancora male la mascella
che si è rotto da giovane inciampando contro un cancello. E
mi chiedevo anche se per combattere l’insonnia ascolta
ancora la musica di Miles Davis.»
La donna sorrideva. Stavolta fu Robbiani a spalancare gli
occhi.
«Come...» Si schiarì la voce. «Ma come ha fatto?»
«Anche le badanti hanno i loro trucchi.» Aveva un
accento arabo marcato ma parlava con scioltezza. Estrasse
dalla borsa una busta. «Ho qui il rapporto del suo medico,
la lettera di sua figlia e il suo profilo nel sito del gruppo
‘Pittori in libertà ’, dove sono elencati i suoi passatempi.»
Robbiani ammise la sconfitta.
«Le faccio i miei complimenti, signora Ammar.»
«Mi chiami Zaynab» disse lei. «È più semplice.»
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