Cuori spezzati e torte di Natale – Amy Bratley

SINTESI DEL LIBRO:
Audrey aprì la persiana della vetrina della panetteria e scorse un cielo così
azzurro e immacolato che per un attimo riuscì quasi a credere che non ci
fosse nessuna orribile guerra di cui preoccuparsi. Negli ultimi mesi vivere
con l’oscuramento forzato rendeva la luce del sole ancora più dolce. Aprì la
porta della Barton’s Bakery con un allegro tintinnio della campanella di
ottone, lasciò che deliziosi effluvi di pane fresco dal dolce profumo si
librassero verso le narici del vicinato e soffocò un grosso sbadiglio. Era in
piedi da prima dell’alba, a pesare e modellare l’impasto per i filoni e i panini
e preparare gli ordini da banco; l’aspettava un’altra giornata di duro lavoro.
«Buongiorno», disse a due bambini pelle e ossa sfollati da Portsmouth
non avevano più di sei anni – che stavano con la schiena appoggiata al muro
del forno, i mattoni caldi dopo una notte a cuocere, in attesa di qualche crosta
avanzata, come passerotti in cerca di briciole.
«’giorno signorina», rispose uno dei due, continuando a fissare il giovane
garzone delle consegne, Albert, che ondeggiava lungo la strada sulla sua
bicicletta con il paniere carico delle ordinazioni del quartiere: pane a cassetta
caldo, fresco e ben dorato, pagnotte e filoni bianchi; un gabbiano affamato lo
pedinava dall’alto. Albert sarebbe stato via per ore – alcune delle zitelle da
cui doveva passare erano più impazienti di prendere una tazza di tè in sua
compagnia che di ricevere il pane! «Passo più tempo a fare lavoretti e bere tè
che a consegnare il pane!», aveva detto la settimana prima a una Audrey
divertita. Sapendo quanto si sentissero sole alcune persone, era contenta che
Albert fosse di indole paziente e avesse un’aria onesta e amichevole.
«Continua così», gli aveva detto. «Stai rallegrando la giornata di diverse
persone».
Audrey rimase per un attimo con gli occhi socchiusi al sole del primo
mattino, come una lucertola del deserto sulle dune, e cercò di accantonare la
delusione perché la notte prima, puntuali come un orologio, erano arrivati i
crampi del mese. Un’altra porta verso la maternità sbattuta in faccia. Dopo
cinque anni che cercava di rimanere incinta, avrebbe dovuto sapere che era
meglio non aspettarsi cambiamenti. Non è destino, pensò, e si tenne
impegnata osservando Fisherman’s Road, la strada di Southbourne in cui
viveva, nella zona est di Bournemouth, che prendeva vita.
Barton’s Bakery si trovava sul lato meridionale della strada e faceva parte
di una fila di negozi sempre affollati, tra cui la farmacia, il lattaio, il
calzolaio, il cartolaio, il rivenditore di stoffe, la caffetteria, l’alimentari e
l’ufficio delle poste e telegrafo. Il proprietario del negozio di alimentari, il
vecchio Reg, di fronte al forno Barton’s, stava aprendo proprio in quel
momento e spolverava la targhetta smaltata dei Red Seal Toffees fuori dal
negozio, fischiettando una canzone di Gracie Fields. Diceva di essere
invecchiato di vent’anni da quando era cominciato il razionamento. Aveva
molti aneddoti da raccontare su clienti insoddisfatti che si dimenticavano di
portare la tessera annonaria, o che si aspettavano che Reg conservasse delle
preziose arance “sottobanco” per loro; al che lui indicava gli scaffali pieni di
barattoli di gallette sfuse, lattine di zuppa Fray Bentos e farcitura all’uva
spina, dadi da brodo e la fetta di formaggio sul bancone con il filo da taglio
accanto ed esclamava: «Questo è quello che c’è! Prendere o lasciare!». Non
era un periodo facile per i negozianti. Per colpa dei sommergibili di Hitler
che attaccavano le spedizioni via mare dirette in Inghilterra, non si riuscivano
a importare molti prodotti e materie prime nel Paese.
«Come stai, Reg?», gli gridò mentre lui era inginocchiato a lucidare il
gradino davanti all’entrata, come ogni mattina, fino a farlo splendere come
una moneta nuova di zecca.
«Io sono a posto, Audrey. Ma tutti gli altri no!».
Sul volto della donna spuntò un sorriso che però svanì non appena scorse
Mabel, la postina. Quest’ultima la salutò piano con la mano, scosse la testa
mortificata e pedalò via senza fermarsi. Audrey sentì un nodo allo stomaco.
Non avevano più notizie di suo fratello William da quando a febbraio,
completato l’addestramento militare, lo avevano assegnato a un avamposto
oltremanica. Con tutti i recenti sviluppi del conflitto – era giunta notizia che
le forze armate tedesche avevano invaso il Belgio, l’Olanda e il Lussemburgo
via aria e via terra e, secondo il nuovo primo ministro Winston Churchill,
l’invasione della Gran Bretagna era diventata una possibilità concreta – la
guerra sembrava molto vicina. Una sola parola da William, anche un
semplice “Okay!”, sarebbe stata un benedetto sollievo. Ancora meglio se
quella lettera fosse arrivata la settimana successiva, per il compleanno di
Elsie.
«Nessuna nuova, buona nuova», si consolò Audrey e inspirò a pieni
polmoni. Pensò che quel giorno si sentiva il sapore del sale marino nella
brezza che soffiava dalla Manica; s’infilò una ciocca ribelle dietro l’orecchio.
Era immensamente grata di vivere in quel luogo – a nemmeno cento metri
dalla cima della scogliera, dove fiorivano il ginestrone giallo dal dolce
profumo e l’Armeria maritima, e dei ripidi scalini di pietra o un sentiero a
zigzag portavano fino alla battigia. Nei giorni caldi dell’estate, dopo la
chiusura, a volte si avventurava nell’acqua fino alle caviglie per rinfrescarsi,
schiacciando la sabbia bagnata tra le dita dei piedi. Ma questo prima della
guerra. Ora, con le casematte di vedetta, i “denti di drago” di cemento
anticarrarmato e i rotoli di filo spinato per impedire all’esercito tedesco di
approdare sulla costa, persino le belle spiagge avevano un’aria minacciosa.
Molti degli alberghi in città, una volta rifugio dei vacanzieri, erano stati
requisiti come alloggi militari o stavano chiudendo, e di recente si era parlato
di cancellare ogni forma di intrattenimento sul molo di Bournemouth – un
pensiero triste.
«Audrey?». Sentì la voce di Charlie alle sue spalle. «Infornata mattutina
pronta per il negozio! Il ragazzo è partito con le consegne. Prendo il
furgoncino per le ultime. Andiamo, tesoro, presto arriveranno quelli del turno
di notte per i panini della colazione! Sai che li adorano belli caldi».
Si morse il labbro e cercò di ignorare il tono infastidito nella voce di
Charlie. Sapeva che era esausto dopo aver passato quasi tutta la notte a fare il
pane e a badare ai forni – andava avanti dormendo quattro ore a notte – ma
era sconvolta dalla facilità con cui si spazientiva di recente. Si girò verso di
lui e, mentre gli occhi impiegavano un istante per riabituarsi al buio del
negozio, si chiese se dargli la deludente notizia che aveva le sue cose. Decise
con un sospiro di lasciar perdere. Per quanto lei si mostrasse tenera,
ultimamente sembrava che lui avesse chiuso la porta del cuore e gettato la
chiave in uno stagno scuro. E a lei sembrava di essersi immersa in quello
stagno, solo per ritrovarsi intrappolata nelle erbacce.
Charlie, usando un sacco di iuta per proteggere le mani dal calore, posò il
vassoio di prodotti appena sfornati sul bancone e si asciugò la fronte con il
fazzoletto. Gli uscì a fatica un sorriso stanco. Aveva i capelli scuri e le ciglia
spolverati di farina, e le maniche della camicia rimboccate scoprivano le
braccia muscolose. Il mestiere di fornaio comportava del duro lavoro
manuale. Lo aiutavano il giovane Albert con le consegne e in negozio, per
mezza giornata, lo zio John, un fornaio orgoglioso, vicino alla pensione e con
una pancia grossa quanto un’enorme pagnotta un po’ afflosciata, che però
ormai aveva cinquantanove anni e le articolazioni che scricchiolavano come
vecchie assi del pavimento.
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