Cambio d’identità – Luca Zantei

SINTESI DEL LIBRO:
Telio si tuffò nell’acqua gelida del mare. Suo padre era scivolato dal
molo poco prima di lui e si stava dimenando nel tentativo di
emergere. Telio si muoveva a fatica a causa dei vestiti pesanti che
rallentavano i suoi movimenti. Guardò verso il basso. Suo padre
stava sparendo nelle profondità e Telio aprì con forza le braccia per
immergersi ancora più a fondo. Tenere gli occhi aperti con una
temperatura così fredda era molto difficile, ma Telio doveva vedere.
Vide suo padre dimenarsi, gli occhi sbarrati, stava annegando. Telio
si immerse ancora di più e lo raggiunse. Gli afferrò la mano e provò
a
riemergere ma il peso del padre e degli abiti invernali
completamente bagnati stava vanificando tutti i suoi sforzi. I polmoni
di Telio stavano esplodendo, aveva bisogno di aria. Provò un’ultima
volta a risalire con entrambe le mani di suo padre ben salde tra le
sue, ma il peso era insostenibile e le lasciò. Vide il volto del padre
sprofondare negli abissi. I suoi occhi erano ormai fissi nel vuoto.
Telio riprese a risalire ed arrivò in superficie con i polmoni che gli
bruciavano.
Il cuore di Telio batteva all’impazzata. Era stato solo un orribile
incubo. Era sicuro di aver urlato nel sonno per questo. Si sentiva
completamente sudato. A tentoni cercò la parete ed accese la luce.
Intorno a lui, tutto era come prima, perfettamente familiare. Si
trovava nel letto della sua stanza. Il panico generato dall’incubo le
aveva accorciato il fiato. Si sedette sul letto e controllò l’ora. Erano le
4:25 del mattino. Telio ricominciò a respirare con ritmo normale e si
riprese velocemente. Normalmente non ricordava i sui sogni alla
mattina e non ricordava di aver mai avuto un incubo che lo avesse
svegliato con questa intensità.
Telio si alzò. Impossibile riprendere sonno in quelle condizioni. Si
sfilò la maglietta sudata e indossò un accappatoio leggero. Ripensò
all’incubo e si chiese per quale ragione avesse sognato suo padre.
Da oltre due anni avevano interrotto i loro rapporti. Dopo la morte
della moglie, il padre si trasformò in un orco cattivo, sempre
aggressivo e scorbutico con tutti. Lui compreso. Telio analizzò molte
volte questo suo comportamento e si convinse che il padre si
sentisse in colpa per ciò. Sua moglie morì soffocata da rigurgito di
cibo, quando Aldo era al bar con gli amici.
le
Telio attraversò il salone, raccolse le sue ciabatte dal pavimento e
appoggiò sul mobiletto della TV. Raggiunse la cucina e
meccanicamente preparò la moka e la mise sulla piastra ad
induzione. Osservò fuori dalla finestra ricavata immediatamente
sopra al lavandino della cucina ed osservò le luci della casa di
fronte, accese come sempre. Anche a quell’ora, anche in quel
mercoledì di metà maggio. Si domandò cosa facesse il suo vicino
sempre con la luce accesa.
Un caffè le avrebbe restituito un po’ d’energia, pensò. Con le mani
si fregò entrambi gli occhi. Aveva lavorato molto la sera prima e li
sentiva gonfi. Nonostante scrivesse al computer da tanti anni, non si
era ancora completamente abituato allo schermo e quella mattina gli
sembrava di avere spilli conficcati nella pupilla.
Proseguì lungo il corridoio ed entrò nel bagno. Si lavò a fondo il
viso e gli occhi e alla cieca agguantò l’asciugamano alla sua sinistra.
Lo specchio evidenziò alcune rughe sulla fronte che sembravano
essere comparse nella notte. Telio aveva solo 44 anni ma quella
mattina sembrava averne 10 di più, o almeno se li sentiva. Camminò
lentamente verso la cucina risucchiato dal rumore del caffè che
stava borbottando nella caffettiera.
Si sedette al tavolo, accese il PC e si mise a leggere le notizie,
sorseggiando il caffè ancora bollente. Si soffermò su un articolo in
prima pagina sull’Eco dell’Est. Parlava di una multinazionale
Olandese che aveva ricevuto soldi garantiti dallo stato Italiano per
investire all’estero. Era stato stampato di spalla destra, come si dice
in gergo. Sorrise. Quell’articolo lo aveva scritto lui la sera prima. Era
stata un’indagine lunga e complicata ma la fatica era stata
ampiamente ripagata. Si sentiva orgoglioso per questo.
Ripensò al sogno di quella notte e trasalì. Era stato così reale che
decise di rompere il ghiaccio. Avrebbe chiamato suo papà quella
mattina. A volte l’orgoglio impedisce di coltivare le amicizie,
allontana persone care e chiude le porte a molte relazioni. Ricordò
bene quando sue padre lo cacciò di casa chiedendogli di non
ritornare più. Erano passati oltre tre anni. Da allora Telio chiamò
alcune volte suo padre ma, non avendo alcun minimo riscontro, si
ripromise di non chiamarlo più.
Con il telecomando accese la musica nel salone. I Dire Straits
saturarono l’ambiente con Tunnel of Love, un brano tra i suoi
preferiti. Si alzò dalla cucina e barcollando leggermente, si avviò
nuovamente verso il bagno. Un’ultima occhiata al suo volto allo
specchio ed aprì l’acqua della doccia. Era quello che ci voleva per
togliere stanchezza e sudore, pensò.
Una mezz’ora dopo, Telio aprì il cancello del garage con il
telecomando ed uscì con la sua Toyota. Verificò la posizione di
Chioma, il suo gatto certosino e, con la mano alzata sopra la testa,
richiuse la serranda prima che Chioma potesse entrarvi. Telio aveva
un appuntamento alle otto a Trieste nella Redazione dell’Eco
dell’Est, uno dei giornali con i quali collaborava da molti anni, come
giornalista investigativo free lance. Sarebbe arrivato con molto
anticipo, ma aveva possibilità di preparare bene l’incontro con il
direttore.
Lungo la costiera cominciava ad albeggiare e la totale assenza di
traffico convinse Telio ad una sosta in un bar. Scelse La Costa
incantata, un bar che durante la pausa pranzo si trasformava in un
ottimo ristorante. Gli scampi al vapore erano il piatto preferito da
Telio e Renato, il gestore era solito informarlo quando li aveva
veramente freschi.
Mise la freccia ed accostò a destra. Una signora sui sessanta lo
guardò malamente perché si era fermato troppo vicino alle strisce
pedonali dove lei stava attraversando. Telio si scusò con un gesto
del capo, spense la macchina, raccolse il portafoglio al centro
dell’abitacolo e scese. Attraversò la strada, osservando due ciclisti in
tenuta sportiva che sopraggiungevano velocemente. Attese il lor
passaggio ed entrò sorridendo nel bar. Renato era come al solito
operativo anche alle 7 del mattino e lo salutò calorosamente.
“Ma non dormi mai?” chiese Telio.
“Non mi sembra che lo abbia fatto molto nemmeno tu stanotte”
“Come sta Carla? Le è passata la batosta per il suo fidanzato?”
“Mia figlia è una sentimentale masochista. Rintraccia il più stronzo
della regione, se ne innamora e poi ci soffre incolpando sé stessa.
Lei sta alla felicità come Alvaro Vitali alla pallacanestro.”
Telio rise di gusto e ordinando un caffè, le diede una pacca
amichevole sulla spalla.
“Comunque sta meglio, grazie. Il temporale sembra essere
passato” aggiunse.
Telio salutò Renato ed uscì velocemente dal locale. Appena salito
in auto, deglutì e telefonò a suo padre. Il telefono risultava non
raggiungibile.
Attraversò rapidamente la galleria lungo la costiera. Il traffico si
stava intensificando e si trovò incolonnato dietro un pullman. Quella
strada non consentiva di superare facilmente. Guardò l’immagine
allo specchietto e vide che il pullman aveva creato una fila di alcune
auto dietro di sé. Il sole di quella giornata di maggio illuminava
completamente il paesaggio di quella mattina. Alcuni ragazzi si
rincorrevano goffamente sul marciapiede, curvati dal peso degli zaini
di scuola.
Telio svoltò a destra di fronte alla stazione e proseguì lungo il
vialone. Riprovò ancora a chiamare suo padre ma la risposta fu
sempre la stessa. Si fermò ad un semaforo rosso ed ammirò sulla
sinistra la meravigliosa Piazza Unità d’Italia, con tutta la sua
maestosa ampiezza.
Arrivò nel piazzale dell’Eco del Nord Est. Il posto dedicato alla sua
auto era ancora libero e Telio vi si infilò abilmente. Erano da poco
passate le sette e venti e Telio chiamò Jolisse, sua figlia
adolescente.
“Ciao amore, stai andando a scuola?”
“Dove potrei andare altrimenti?”
“Di solito si saluta”
“Di solito non si fanno domande scontate. Comunque ciao.”
“La mamma sta bene?”
“Se la cava. Ce la caviamo”
“Spero tu abbia una buona giornata”
“Lo spero anch’io”
Jolisse chiuse la telefonata. Non riusciva ancora a perdonare suo
padre per essersene andato tanti anni fa e Telio non era ancora
riuscito a spiegarle le ragioni. Jolisse conosceva solo quelle della
madre ed erano tutte contro di lui. Un giorno le avrebbe parlato e le
avrebbe raccontato anche la sua versione. Forse lei avrebbe capito.
Forse.
Per l’Eco dell’Est, Telio stava svolgendo un’indagine su alcuni furti
in appartamento localizzati in un’area del Friuli Venezia Giulia tra
Udine e Gorizia. Si erano succeduti con cadenza precisa e
sembravano tutti ben architettati. Telio aveva intervistato quasi tutti i
proprietari di case ed aveva scoperto che le modalità erano sempre
le stesse. I ladri si concentravano su persone sole. Gli staccavano il
contatore della luce e, quando l’abitante scendeva a piano terra per
riattaccarlo, un complice nascosto al piano superiore si intrufolava in
casa, si barricava dentro, rubava tutto il possibile ed usciva dal
balcone o dalla finestra. Telio aveva intervistato anche un paio di
testimoni i quali avevano notato entrambi una Range Rover rossa
parcheggiata nelle vicinanze. Su questo indizio Telio stava
lavorando. Lo spazio che aveva un giornalista investigativo era
spesso maggiore di quello della polizia, che ormai dedicava poche
energie ai furti, se non avevano conseguenze fisiche per le vittime.
La riunione con Fabrizio, il Direttore, fu come sempre efficace.
Fabrizio era dotato di una dialettica forbita e riusciva sempre ad
impressionare per la sua rapidità nello spiegare i suoi concetti ma
anche per la sua chiarezza eccellente.
“Benvenuto Telio, accomodati. Ogni tanto ripassi da noi!”
“Ciao Fabrizio, sai che è sempre un piacere rivederti,” rispose
Telio sedendosi sulla sedia di fronte a lui.
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