Antichità giudaiche – Giuseppe Flavio

SINTESI DEL LIBRO:
Anche a me parve necessario imitare in generosità il sommo
sacerdote, e pensai che oggi vi sono molti che, al pari del re,
hanno il desiderio di sapere. E anch’egli non riuscì a ottenere
tutte le nostre memorie: a coloro che erano stati inviati da
Alessandria venne consegnata soltanto una parte contenente
la Legge per tradurla.
13
14
15
16
17
18
Eppure innumerevoli sono le cose narrate nella Sacra
Scrittura, abbracciando essa la storia di cinquemila anni. Vi
sono contenuti eventi diversi, avventure di molte città, nobili
gesta di capitani, rivoluzioni di governi.
In conclusione, chi vorrà scorrere queste storie, da esse
potrà dedurre singolarmente che a coloro che si sottomettono
ai voleri divini e non osano oltrepassare i giusti limiti delle leggi,
ogni cosa torna ben oltre ogni aspettativa e Dio dà in premio la
felicità per coloro, invece, che si allontanano dall’osservanza di
quelle, le cose facili diventano difficili, e ogni bene che
progettavano di compiere si muterà in sventura insanabile.
Ora esorto quanti avvicineranno questi libri, ad alzare la
mente a Dio e giudicare se, com’è giusto, il nostro legislatore
ne ha valutato degnamente la natura, se Gli ha attribuito
sempre atti degni della Sua potenza, se ha conservato a Suo
riguardo una mentalità pura, aliena da quelle favole indegne
trasmesse da altri,
sebbene la distanza di tempo e l’antichità dell’epoca possano
implicare molte licenze e particolari fantasie. Sono ormai
passati già duemila anni da che egli nacque, e a un’epoca così
remota i poeti non si avventurarono mai di assegnare i natali
dei loro dèi, tanto meno le gesta o le leggi dei mortali. Come ho
promesso, a mano a mano e in modo ordinato, apparirà
l’accuratezza degli eventi narrati dalla nostra Scrittura. In
questo compito mi sono proposto di non aggiungere nulla
enulla detrarre4.
Siccome, per noi, quasi tutto dipende dalla saggezza
delnostro legislatore Mosè, è necessario che premetta
qualcosa di luiperché davanti al nostro discorso qualcuno dei
miei lettoripotrebbe domandare com’è che una parte così
grande del mio lavoro, che ho detto dedicato a leggi ed eventi
storici, dà uno spazio alla filosofia della natura5.
19
20
21
22
23
24
Bisogna anzitutto sapere che quell’uomo saggio ritenne che
per una retta impostazione della propria vita ο per legiferare
per gli altri è estremamente necessario, prima di tutto, sforzarsi
di considerare la natura di Dio e dopo contemplare le sue
opere con l’occhio della ragione, imitando per quanto possibile,
il Suo esempio e sforzandosi di seguirlo.
Lo stesso legislatore, senza questa visione, mai sarebbe
giunto a una mentalità corretta e sarebbe riuscito a fare
compiere ciò che egli avrebbe scritto, stimolando alla virtù, se
prima di ogni altra cosa non avesse imparato che essendo Dio
«Padre» di tutti e sovrano, ha la conoscenza di ogni cosa, e dà
una vita felice a quanti gli sono fedeli, e abbandona a gravi
sciagure i disertori della virtù.
Volendo impartire questo ammaestramento ai suoi cittadini e
ai popoli, non iniziò le sue leggi con patti e doveri reciproci, ma
elevò i loro pensieri a Dio e alla creazione del mondo, li
persuase che tra le opere divine che sono sulla terra, le più
importanti siamo noi uomini allorché siamo sottomessi alla
religione, e facilmente li rese arrendevoli a tutto il resto.
Gli altri legislatori, infatti, seguendo favole, col loro discor so
attribuirono agli dèi manchevolezze umane e fornirono ai
malvagi grandi pretesti di iniquità,
mentre il nostro legislatore, mostrando che Dio è dotato di
somma virtù, pensò che gli uomini durante la vita debbono
affaticarsi per partecipare ad essa, e punì irrimediabilmente
coloro che non hanno questi sentimenti e questa fede.
Esorto quindi i miei lettori a esaminare il mio lavoro da
questo punto di vista. Studiandolo con questo spirito, nulla
apparirà di irragionevole, nulla di sconveniente alla maestà di
Dio e al suo amore per l’uomo; tutto, invero, è qui disposto in
corrispondenza della natura dell’universo: alcune cose il
legislatore maschera sagacemente in enigmi, altre le espone
con solenne allegoria, ma ovunque era opportuno un discorso
piano, il significato è assolutamente chiaro.
25
26
Coloro che volessero conoscere anche le ragioni delle
singole cose necessitano di una ricerca profonda e altamente
filosofica; per ora questo è un soggetto che rimando ad altro
momento6: se Dio mi favorirà e me ne darà il tempo, tenterò di
scrivere su ciò dopo avere portato a termine la presente opera.
Ora mi volgo alla narrazione degli eventi iniziando da quanto
disse Mosè a proposito della creazione del mondo, come ho
trovato scritto nei libri sacri. E come segue.
La Creazione*
27
28
29
30
31
I, i. In principio Dio creò7 il cielo e la terra. La terra non era
visibile, ma nascosta in tenebra profonda, e un vento la
sorvolava: allora Dio ordinò che apparisse la luce.
Fatto questo, considerò tutta la materia, Egli separò la luce
dalla tenebra, chiamò questa «notte» e quella «giorno»,
denominando «mattino» e «sera» l’inizio del giorno e la sua
fine.
E questa è la prima giornata, ma Mosè la chiamò «una»
giornata; potrei ora darne il motivo, ma ho promesso di dare
ragione di ogni cosa altrove: rimando a suo tempo il motivo di
questo, non vedo alcuna ragione di farlo adesso.
Dopo questo, nel secondo giorno, sovrappose il cielo alle
altre cose; quando Egli volle lo divise dal resto assegnandogli
un posto a parte legandogli strettamente attorno del ghiaccio
dotandolo di umido e di piovosità a favore della terra che trae
vantaggio dalle piogge.
Nel terzo giorno pose all’asciutto la terra circondandola col
mare; nello stesso giorno, dalla terra sorsero improvvisamente
piante e semi. Nel quarto giorno abbellì il cielo col sole, la luna,
gli altri astri, ordinò loro quei movimenti e quei giri che
apertamente seguono il volgere delle stagioni.
32
33
2.
34
35
36
3.
Nel quinto giorno fece uscire gli animali: quelli che nuotano e
quelli che volano, secondo la loro specie, gli uni nell’acqua, gli
altri nell’aria, collegandoli con una associazione e unione
reciproca affinché generando, crescessero e moltiplicassero la
loro specie. Nel sesto giorno creò i quadrupedi: li fece maschio
e femmina.
In questo giorno formò anche l’uomo.Mosè dice che il mondo
e tutte le cose che sono in esso furono fatte in sei intere
giornate e che nel settimo giorno (Dio) alzò le Sue mani
dall’opera riposandosi; per questo motivo anche noi
sospendiamo le nostre fatiche in questo giorno e lo chiamiamo
sabato, parola che nella lingua ebraica significa «quiete».
E qui, dopo il settimo giorno, Mosè incomincia a interessarsi
della natura parlando così della costituzione dell’uomo.
«Dio formò l’uomo prendendo della polvere dalla terra, e
immise in essa spirito e psiche». Quest’uomo lo chiamò
«Adamo»8 – che nella lingua ebraica significa «rosso»
perché venne impastato con terra rossa; tale appunto è la terra
vergine e pura.
Dio poi schierò gli animali davanti ad Adamo mostrandoglieli
secondo le loro specie, femmine e maschi; ad essi egli impose
i
nomi con i quali ancora adesso sono chiamati. Dio, vedendo
che Adamo non aveva una compagna femmina per generare
ed essere consorte (veramente non c’era) e accorgendosi con
stupore che le altre creature ce l’avevano, mentre lui dormiva,
estrasse da lui una costola e con essa formò una donna;
quando gli fu presentata, Adamo riconobbe che era stata tratta
da sé e la chiamò «Essa»9, che nella lingua ebraica vuol dire
«donna». Ma il nome della prima donna fu «Eva»10, che
significa «madre di tutti» (i viventi).
Mosè inoltre disse che Dio piantò anche un Paradiso ad
Oriente fecondo di ogni albero da frutta; e tra questi vi era un
albero della vita e un altro della saggezza con la quale si
discerneva che cosa era bene e che cosa era male; 37 e in
questo giardino Egli introdusse Adamo e sua moglie e ordinò
loro di fare attenzione agli alberi. Questo giardino era bagnato
da un fiume che circondava tutt’intorno la terra e si divideva in
quattro parti: 38 una di queste è detta Feison11, nome che
significa «moltitudine», e corre verso l’India e si getta
nell’Oceano, e dai Greci è detto Gange; 39 l’Eufrate12 e il Tigri
si gettano nel Mar Rosso13: l’Eufrate è detto Foras che significa
«dispersione» o «fiore», e il Tigri «Diglat»14 che significa sia
«ristrettezza» sia «rapidità», in fine il Gheón15, che scorre
attraverso l’Egitto, che significa «ciò che spunta per noi
dall’altro mondo», e dai Greci è detto Nilo.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo