Sotto il sole di Riccione – Ciro Zecca & Caterina Salvadori

SINTESI DEL LIBRO:
«Sali che sei in ritardo!» Ciro appoggia lo zaino sul sedile e sale
sull’Alfa Romeo. Il conducente è stempiato e porta occhiali spessi,
sul profilo BlaBlaCar deve avere usato una foto di qualche anno
prima. Basta uno sguardo per capire che non avranno argomenti in
comune e che le se e ore in macchina saranno infinite.
«Eppure ti avevo mandato un messaggio: “puntualità”» insiste,
ingranando la prima per imme ersi nel traffico lento che punta
verso l’autostrada.
Ciro biascica uno «scusa» poco convinto, poi appoggia la nuca al
f
inestrino sentendosi addosso tu a la stanchezza dell’alzataccia.
Potrebbe riposare – arrivare a Riccione con qualche ora di sonno in
più non sarebbe male – ma l’adrenalina gli impedisce di chiudere gli
occhi. Da troppo tempo aspe a quel momento. La sua occasione è
arrivata, finalmente: parteciperà al provino che lo proie erà verso
una carriera nella musica, verso il successo.
Lo ha immaginato tante volte, è tu o pronto. Arriverà con la sua
chitarra in spalla, saluterà i giudici, poi, appena prima di iniziare a
cantare, si conquisterà la loro simpatia con una ba uta. Dovrà solo
ricordarsi di tenere le spalle dri e e non lasciare trasparire
insicurezza. Solo emozioni, soltanto quelle.
Ciro sente di potercela fare. Ha provato il pezzo davanti allo
specchio infinite volte, per essere certo di interpretarlo al meglio,
come un professionista. Poi si è ripreso con il telefono e ha caricato il
video sul suo canale YouTube, nella speranza che qualche produ ore
lo vedesse e rimanesse colpito dal suo talento.
Quando sul telefono gli appariva un numero sconosciuto
sobbalzava, sperando che fosse la chiamata, quella che gli avrebbe
cambiato la vita. Ogni volta si trovava a rispondere con eccessivo
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p
entusiasmo a operatori telefonici che gli proponevano promozioni o
offerte Internet.
Era una consuetudine che andava avanti ormai da un anno,
esa amente da quando aveva deciso che non sarebbe rimasto a
Panza, frazione di una frazione di Ischia. Lui avrebbe avuto una
“vita spericolata”, come Vasco, o una “vita in vacanza” come Lo
Stato Sociale. Di sicuro non una vita a Panza. Quella consapevolezza
gli era arrivata con un pugno in pancia, le eralmente.
Era una sera d’estate come le altre, con il suo gruppo di amici si
erano trovati come sempre nella piazze a. Bevevano birre, si
fumavano una canna, parlavano delle ragazze. Un rito che non aveva
mai messo in discussione e a cui si so oponeva volentieri.
Finché non era esploso il Grande Sogno, grazie al cugino di un
amico arrivato in paese in cerca di ospitalità per qualche no e, con
uno zaino in spalla e una chitarra. Stava girando l’Europa, aveva
spiegato. Intendeva guadagnare un po’ di soldi suonando e ne aveva
data una dimostrazione già quella sera, strimpellando una canzone
che nessuno lì a Ischia aveva mai sentito. L’avevano ascoltato tu i,
divertiti come capita quando ti trovi davanti qualcuno un po’ sopra
le righe, ma innocuo. Ciro no, però. Lui non aveva ridacchiato
neppure una volta. Era talmente ipnotizzato dalle dita che si
muovevano veloci lungo le corde che si era dimenticato la birra, e
poi se l’era ritrovata tra le mani, tiepida e sgasata.
Ciro aveva sempre avuto una passione per la musica, da quel che
può ricordarsi, ha cominciato a cantare ancora prima di parlare.
Ogni festa di compleanno, ogni cena in famiglia, lui non aspe ava
che una frase: «Dài, Ciro, cantaci qualcosa». Allora si alzava in piedi,
prendeva fiato e a accava. Era felice, in quei momenti. Crescendo,
ovviamente aveva pensato spesso all’idea di trasformare la passione
per la musica in una professione. Ma gli era sempre sembrata
un’impresa impossibile: il conservatorio, i provini, un manager…
“Come si fa?” Aveva passato anni a domandarselo, incapace di
trovare una risposta. Diventare un cantante non era roba per lui, per
un ragazzo nato a Ischia, senza nessuna conoscenza, senza agganci.
E così la musica era rimasta un sogno fino a quella no e in piazze a,
quando un’ossessione gli era entrata nella testa.
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g
Se quel ragazzo poteva girare l’Italia con una chitarra,
proge ando di esibirsi un po’ ovunque, nelle pizzerie sulla costa e
nei pub di provincia, allora forse cantare non era un’impresa
impossibile. Forse anche lui avrebbe potuto farcela. «Mi esibisco in
giro, sono sicuro che prima o poi qualcuno mi noterà» gli aveva
spiegato quel tipo. Ciro non era sicuro che potesse davvero
funzionare, eppure gli si era accesa una fiammella nel cuore: in
qualche modo, poteva farcela anche lui.
Già il giorno dopo aveva convinto zio Antonio a regalargli la
vecchia chitarra che teneva in cantina, ricordo di gioventù, e aveva
cominciato a trascorrere ore su YouTube per imparare a strimpellare
almeno gli accordi più facili. Perché va bene avere una bella voce, ma
non basta. La rapidità con cui era riuscito a suonare tu e le canzoni
proposte sulla pagina “I classici pop spiegati in cinque minuti”
l’aveva convinto che quella fosse davvero la sua strada. Ed erano
cominciati i sogni: lui su un palcoscenico, davanti a poche persone
entusiaste, le prime fan disposte a tu o pur di sentirlo, un contra o
discografico, il successo.
All’improvviso Ciro in piazze a aveva scoperto di annoiarsi. Non
riusciva più a ridere ai soliti scherzi e i discorsi, sempre gli stessi, lo
irritavano. Quel mondo si era improvvisamente ristre o, come un
guscio incapace di contenere tu o il suo talento, le sue ambizioni, il
suo destino.
Si chiedeva se anche i suoi amici provassero la stessa sensazione,
se anche a loro Ischia stesse stre a. Magari condividevano gli stessi
pensieri ma nessuno aveva il coraggio di parlarne. Probabilmente
era così: “Anzi lo è sicuramente” si era de o Ciro. Dopo mesi
trascorsi a esercitarsi con la chitarra aveva sentito una specie di
obbligo morale: doveva parlare ad alta voce del suo sogno. Convinto
di trovare solidarietà nei ragazzi che frequentava da sempre, aveva
raccontato tu o. Della musica, delle opportunità che la provincia
negava, del talento che sentiva di avere.
«Ma chi cazzo ti credi di essere? Ti sei montato la testa!» era stata
la loro risposta. Un pugno in pancia. Qualcuno lo aveva preso in
giro, qualcuno era scoppiato a ridere fragorosamente.
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