Si direbbe amore – Julie James

SINTESI DEL LIBRO:
Nick McCall capì che qualcosa bolliva in pentola nel momento
stesso in cui mise piede nell’ufficio del suo capo.
Essendo un agente speciale dell’FBI, era un esperto sia nel
decifrare il linguaggio del corpo, sia nel leggere tra le righe e riusciva
spesso a capire tutto quello che gli serviva semplicemente dalla
scelta noncurante di una parola o dal più banale dei gesti. Un talento
che si rivelava molto utile.
Entrando nella stanza, notò che Mike Davis, l’agente speciale a
capo della divisione di Chicago, giocherellava con la fascetta
isolante del bicchiere di Starbucks (persino lui si rifiutava di bere la
brodaglia che c’era in ufficio), gesto che molti, tra gli agenti più
anziani, avevano già notato da tempo. Era il modo di esprimersi di
Davis, e Nick sapeva esattamente che cosa significava.
Guai.
Un altro lungo incarico sotto copertura, senza dubbio. Non che
lavorare sotto copertura gli dispiacesse – infatti, negli ultimi anni
aveva condotto quasi esclusivamente quel genere di operazioni
ma avendo appena portato a termine un’indagine particolarmente
gravosa, persino lui desiderava una pausa.
Prese posto su una sedia di fronte alla scrivania di Davis,
osservando il suo capo accartocciare la fascetta isolante intorno al
bicchiere. Merda, era davvero nervoso! Lo sapevano tutti che
accartocciare la fascetta era ben peggio che farla scorrere su e giù.
Nick non aveva nessuna voglia di tirarla per le lunghe. «Okay,
sputa il rospo.»
Davis fece un sorrisetto. «Oh, buongiorno anche a te, vecchio
mio. E bentornato. Quanto mi sono mancate le nostro piacevoli
chiacchierate mentre eri fuori a indagare sulla Fivestar.»
«Scusa, ricomincio da capo. Anch’io sono contento di essere di
nuovo qui, grazie.»
«Presumo che tu sia riuscito a trovare il tuo ufficio senza troppi
problemi» disse Davis in tono asciutto.
Nick si mise comodo, facendosi scivolare addosso il sarcasmo del
suo capo. Era la verità, in effetti: essendo impegnato nell’operazione
Fivestar, negli ultimi sei mesi non era stato molto presente in ufficio.
Era bello essere di nuovo lì. Con sua grande sorpresa, si rese conto
che anche a lui erano mancate le chiacchierate con Davis. Sì, il suo
capo era un po’ insofferente a volte, ma non c’era da
sorprendersene, con tutta la merda con cui doveva avere a che fare
come agente speciale.
«Ho gironzolato per il piano fino a quando non ho trovato una
porta con sopra il mio nome. Nessuno mi ha ancora cacciato a calci,
quindi credo di essere nel posto giusto.» Osservò Davis con
attenzione. «Ehi, capo, ti sei fatto un po’ grigio sulle tempie.»
L’altro grugnì. «Ho passato gli ultimi sei mesi temendo che
mandassi all’aria l’indagine.»
Nick allungò le gambe in avanti. Lui non aveva mai mandato
all’aria niente. «Ti ho mai dato motivo di dubitare di me?»
«Direi di no. Sei meglio di molti altri nelle operazioni sotto
copertura.»
«È vero. Ora vuoi proseguire e darmi la brutta notizia?»
«Sei così convinto che io abbia qualcosa da dirti…» Davis cercò
di apparire innocente indicando il bicchiere di Starbucks. «Non potrei
semplicemente volermi concedere una pausa caffè in compagnia del
mio miglior agente?»
«Oh! E così adesso sono il tuo miglior agente.»
«Sei sempre stato il migliore.»
Nick inarcò un sopracciglio. «Non farti sentire da Dallas a dire una
cosa del genere» replicò, riferendosi a un altro agente del loro
ufficio, che di recente aveva concluso degli arresti molto importanti.
«Tu e Dallas siete i miei migliori agenti» precisò Davis
diplomaticamente, come una madre a cui sia appena stato chiesto di
fare il nome del figlio prediletto.
«Ti sei salvato in corner.»
«Ma non scherzavo dicendo di voler fare due chiacchiere. Ho
sentito che gli arresti della settimana scorsa sono stati piuttosto
turbolenti.»
Nick minimizzò. «Può succedere. L’arresto è un’esperienza che
riesce a tirare fuori il peggio delle persone.»
Davis lo scrutò con i penetranti occhi grigi. «Lasciarsi alle spalle
un incarico sotto copertura non è mai facile, soprattutto un’indagine
complessa come la Fivestar. Ventisette agenti della polizia di
Chicago accusati di corruzione è un bel colpo. Hai fatto un gran
lavoro, Nick. Il direttore mi ha chiamato questa mattina e mi ha detto
di trasmetterti le sue personali congratulazioni.»
«Mi fa piacere che tu e il direttore siate soddisfatti.»
«Conoscendoti, non posso fare a meno di pensare che quegli
arresti non siano stati una passeggiata per te.»
Forse Nick non avrebbe detto la stessa cosa, ma in fondo era la
verità: acciuffare agenti di polizia non era proprio in cima alla lista
delle cose che preferiva fare. Dopotutto, nelle sue vene scorreva
sangue di poliziotto: aveva lavorato per cinque anni al dipartimento
di polizia di New York prima di fare domanda all’FBI. Suo padre
aveva prestato servizio nello stesso dipartimento per trent’anni per
poi andare in pensione e anche uno dei suoi fratelli era poliziotto.
Però i ventisette agenti che aveva arrestato il venerdì precedente
avevano oltrepassato il limite. Il fatto poi che quei delinquenti
portassero il distintivo li rendeva ancora più indegni del suo rispetto.
«Erano poliziotti corrotti, Mike, non ho avuto alcun problema a
smascherarli» disse.
Davis parve soddisfatto. «Bene. Sono contento che la faccenda si
sia risolta. Ho visto che hai preso un po’ di ferie.»
«Torno per qualche giorno a New York per fare una sorpresa a
mia madre. Domenica compie sessant’anni e la mia famiglia ha
organizzato una grande festa.»
«Quando parti?»
Nick capì che la domanda di Davis non era casuale quanto il tono
si
sforzava di suggerire. «Questa sera, perché?» gli chiese
sospettoso.
«Che ne diresti se ti proponessi di posporre di qualche giorno il
tuo viaggio?»
«Direi che evidentemente non conosci mia madre. Se non torno a
casa per la sua festa, ci vorrà un bulldozer per tirarmi fuori dalla
montagna di sensi di colpa che mi rovescerà addosso.»
Davis rise. «Non dovrai rinunciare alla sua festa, arriverai a New
York in tempo. Diciamo… sabato sera… domenica mattina al più
tardi.»
«Stai scherzando, ovviamente. Ho chiesto solo due giorni di ferie
negli ultimi sei anni, penso di meritarmeli.»
Davis si fece serio. «Lo so, Nick. Credimi, non te lo domanderei
se non fosse importante.»
L’agente si trattenne dal rispondergli con sarcasmo, come
avrebbe fatto in altre circostanze. Rispettava Davis. Lavoravano
insieme da sei anni e lo considerava un capo giusto e una persona
schietta e onesta. Da quando bazzicava negli uffici di Chicago, non
lo aveva mai sentito chiedere un favore a qualcuno. Per questo ora
era praticamente impossibile dirgli di no.
Sospirò. «Non ho ancora accettato, ma giusto per curiosità, di che
cosa si tratta?»
Davis colse l’inizio della capitolazione e si chinò in avanti, verso di
lui. «Si tratta di una specie di consulenza. C’è stato uno sviluppo
inatteso in un’indagine congiunta della guardia di finanza e della
divisione antimafia, e ho bisogno di una persona con la tua
esperienza negli incarichi sotto copertura. La situazione potrebbe
farsi un po’ complicata.»
«Su che cosa state lavorando?»
«Riciclaggio di denaro sporco.»
«Chi è a capo dell’indagine?»
«Seth Huxley.»
Nick l’aveva incrociato in ufficio qualche volta, però con lui aveva
scambiato forse dieci parole in tutto. La sua prima – e unica
impressione era stata che Huxley doveva essere un tipo molto…
organizzato. Aveva frequentato una prestigiosa università prima di
entrare a far parte della divisione che si occupa dei reati finanziari.
«Che cosa vuoi che faccia?»
«Huxley ti informerà sui particolari. Andremo da lui tra un minuto»
rispose Davis. «Gli ho assicurato che non prenderai il suo posto…
ormai sta lavorando a questo caso da un paio di mesi.»
Nick capì che il loro colloquio era stato più che altro una formalità.
«Ma allora perché hai bisogno di me?»
«Per assicurarmi che Huxley non commetta passi falsi. È il suo
primo incarico sotto copertura. Non voglio tarpare le ali a un agente,
e lui non mi ha certo dato motivo per farlo. E presto o tardi tutti gli
agenti devono affrontare un incarico sotto copertura, solo che il
procuratore distrettuale tiene d’occhio questo caso, il che significa
che non c’è spazio per errori.
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