Le stragi nascoste – L’armadio della vergogna-impunità e rimozione dei crimini di guerra nazifascisti 1943-2001 – Mimmo Franzinelli


SINTESI DEL LIBRO:
La politica d’occupazione tedesca nei confronti delle
popolazioni, nei seicento giorni compresi tra l’8 settembre
1943 e la fine della guerra, risultò condizionata soltanto in
piccola parte dall’esistenza della Repubblica sociale italiana:
sulle
questioni fondamentali il governo fascista non
disponeva di un’effettiva sovranità e la supremazia nazista si
esplicò in piena autonomia, sancita con atti ufficiali d’imperio.
Le forze armate del Reich si considerarono truppe operanti
in territorio nemico anche dopo la nascita della RSI, che pure
aveva formalmente il carattere di «Paese amico e alleato». Il
ministero degli Affari esteri sottopose all’ambasciata
germanica problematiche di rilievo quali la disponibilità dei
beni immobili e delle strutture belliche italiane, lamentando
che «dalla data del 25 settembre 1943 [costituzione della
RSI] nessuna modificazione è intervenuta al riguardo nei
rapporti fra le Forze Armate germaniche in Italia e lo Stato
Nazionale Repubblicano».1 Gli occupanti si riservarono il
«diritto di preda bellica», nonostante i governanti fascisti
ritenessero giuridicamente insussistente tale pretesa, che tra
l’altro
trasferiva al Reich le stesse caserme militari,
assegnate in usufrutto
laddove non servivano ai tedeschi
ai reparti neofascisti.2 A sette mesi dalla formazione della
RSI la situazione non era affatto sbloccata, tanto è vero che
il
ministero degli Affari esteri riteneva di estrema gravità il
mancato scioglimento di questo nodo:
La questione è ben lungi dall’avere soltanto un’importanza teorica,
poiché, a parte ogni considerazione di principio, fintantoché
continueranno ad essere esercitati da parte germanica i diritti dello
Stato occupante, non soltanto verranno a mancare alle Forze militari
italiane i mezzi concreti per la loro ricostituzione, ma verrà a
mancare a tale ricostituzione un presupposto ancora più
fondamentale: l’autorità e il prestigio delle Autorità militari italiane
sulle masse e sui dipendenti. Tale autorità e tale prestigio
che
nell’ordinamento gerarchico militare si traducono nel concetto di
disciplina, elemento essenziale per la ricostituzione di ogni esercito
sono gravemente compromessi sinché permanga la convinzione,
per ora di dominio pubblico, che le Autorità militari germaniche
possono esercitare tutti i diritti dello Stato nemico occupante ed al di
sopra di qualsiasi disposizione delle Autorità militari italiane.3
Il
10 gennaio 1944 il comando superiore del Sudovest
prescrisse al comandante germanico di Roma di comportarsi
quale «giudice supremo per tutti gli abitanti che dimorano
nella sua zona di comando», coinvolgendo le autorità italiane
unicamente nell’esame di vicende in cui la «giustizia
tedesca» non aveva interesse particolare. La direttiva trovò
piena attuazione, lasciando ai fascisti compiti circoscritti, di
natura sostanzialmente ausiliaria. Denunzie e informazioni
erano raccolte dagli uffici di polizia germanica, mentre
l’apparato della RSI adempiva mansioni meramente
esecutive:
Le condanne a morte pronunciate a carico di abitanti del luogo
verranno eseguite, in presenza di un medico tedesco e di un
testimonio tedesco, dalla polizia italiana.
Sarà cura della polizia italiana di avvertire i parenti dell’avvenuta
esecuzione. La polizia dispone altresì del cadavere.
Condanne al carcere vengono scontate nelle carceri tedesche,
mentre tutte le altre condanne che limitano la libertà personale
vengono lasciate per l’esecuzione alle Autorità italiane.4
Tali disposizioni furono comunicate ai ministeri della
Giustizia e dell’Interno, il cui ruolo risultava dunque
notevolmente ridimensionato. L’accettazione di questa
posizione subalterna s’accompagnò all’accondiscendenza
verso le soperchierie perpetrate dai tedeschi contro le
popolazioni, con esiti deleteri per la valutazione del governo
di
Mussolini nella percezione di larga parte della
cittadinanza. Proteste e caute prese di distanza, quando vi
furono, non trasparirono all’esterno. I tentativi, in momenti
particolari e da parte di talune personalità, di frenare le
rappresaglie contro i civili, solo di rado sortirono esiti
significativi.
La controversa alleanza italo-tedesca ebbe il punto di
maggiore tragicità nei crimini di guerra perpetrati da militari
nazisti contro civili italiani, dentro la dialettica stabilitasi tra
potenza occupante e autorità fasciste, in un’estrema
disparità di rapporti di forza. L’assegnazione ai reparti armati
della
RSI
di
ruoli
essenzialmente di repressione
antipartigiana accreditò un’immagine del governo repubblica
no ancillare e complice dei comportamenti vessatori degli
hitleriani.
Specifiche
improduttive.
iniziative
istituzionali
rimasero
L’Ufficio di collegamento giudiziario italo-tedesco trasmise
ai responsabili delle forze d’occupazione i rilievi del ministero
della Giustizia della RSI su «fatti commessi da militari
dell’Esercito Germanico, i quali preoccupano per la loro
gravità, anche se non numerosi».5 Simili episodi si ripetevano
con
sconcertante
frequenza,
come attestato dalle
segnalazioni del ministero degli Affari esteri all’ambasciata
germanica, dalle quali si ricava la tipica dinamica dei
rastrellamenti degenerati in violenze e omicidi ai danni di
civili. Ecco la descrizione di uno dei tanti interventi contro le
popolazioni:
Il 1° maggio [1944] reparti germanici si recavano nel comune di
Vallepietra (provincia di Roma) per rastrellare prigionieri inglesi che
presumevano fossero alla macchia.
La popolazione fu adunata nella piazza del paese ed invitata a
comunicare dove si trovavano i prigionieri di guerra inglesi.
Dopo mezz’ora i militari iniziarono il rastrellamento della zona
durante il quale furono uccisi a colpi di mitraglia tali Palmieri
Francesco fu Giovanni di anni 47 e Vammoli Erminio fu Loreto di
anni 46 e ferito il ragazzo Tozzi Massimino di Giuseppe di anni 14,
tutti di Vallepietra.
Dopo tale operazione furono condotte via 40 persone tra le quali il
Podestà signor Tiraterra Francesco, il commerciante Tardiola
Bastiano e alcuni giovani appartenenti alle classi richiamate alle
armi.
I soldati germanici distruggevano e danneggiavano il carteggio ed
i
registri dello Stato Civile nella sede comunale consegnando le
chiavi di questa al pregiudicato De Santis Felice.
Molte persone lamentano la sparizione dalle loro abitazioni di
oggetti d’oro, viveri e carni secche e i contadini l’asportazione di vari
capi di bestiame.
Tra la popolazione vi è panico e lo stato d’animo è molto
depresso.6
I
resoconti di crimini di guerra furono rappresentati alle
autorità naziste con ogni riguardo, onde non irritare il
padrone-alleato, come avvenne in relazione ad alcuni
«episodi, qualcuno dei quali a carattere grave, verificatisi in
occasione di rastrellamenti indiscriminati operati da reparti
germanici il 1° maggio u.s. [1944] nella provincia di Roma»,
per i quali il ministero degli Esteri richiese «il cortese
intervento dell’Ambasciata di Germania affinché venga
richiamata su di essi, per i conseguenti provvedimenti atti ad
evitare il ripetersi e a riparare ove possibile i danni causati
non giustificati, la cortese attenzione delle Autorità militari
tedesche competenti».7 In questo caso, addirittura, l’inoltro
dell’«appunto» fu sospeso, dato che rischiava di urtare la
suscettibilità teutonica.
In talune occasioni la violenza investì strutture e funzionari
del governo repubblicano. Carica di valenze simboliche la
devastazione del tribunale, della procura, e degli uffici del
capo della provincia di Frosinone. A Ravenna, nell’agosto
1944, nel quadro delle misure contro i carabinieri, arrestati e
internati nei Lager, «il reparto delle Forze Armate
germaniche ha buttato una bomba contro la porta della
Caserma, perché non veniva aperta d’urgenza, e quindi ha
aperto il fuoco uccidendo il milite scelto De Moia Antonio,
classe 1908, proveniente dall’Arma dei Carabinieri, ed il
milite Giovannardi Orfeo, classe 1897, proveniente dalla
MVSN».8
Tra la fine dell’aprile e il maggio 1944 il sottosegretario
Paolo Zerbino, responsabile dell’Ufficio di collegamento con
le autorità militari germaniche, scrisse ben sette memoriali al
comando superiore germanico per far conoscere situazioni
incresciose. Ecco la parte centrale del rapporto sui
rastrellamenti tedeschi in provincia di Perugia:
Segnalavo a codesto Ministero le gravi conseguenze di un’azione
di rastrellamento di ribelli svolta nella zona di Gubbio da un reparto
germanico e nella quale trovarono la morte 57 persone, la maggior
parte delle quali non erano ribelli né loro favoreggiatori.
Con successiva lettera n. 3199 del 18 aprile facevo presente che
malgrado le formali promesse e le assicurazioni fornitemi dal
Comando Germanico presso il quale mi ero interessato perché fosse
evitato il ripetersi di tali gravi incidenti, in occasione di un’altra azione
effettuata dalle FFAA Germaniche nella zona di Cascia e di Norcia il
6 aprile scorso, hanno trovato la morte numerose persone (finora
accertate 33), per la maggior parte agricoltori, sospetti, ma senza
l’esistenza di fondati indizi, di connivenza con i ribelli.
Debbo ora segnalare che in una precedente azione svolta sempre
dalle FFAA Germaniche nella zona del Comune di Scheggia
Pescelupo il 27 marzo, sono stati uccisi 4 componenti della stessa
famiglia e precisamente il padre del 1902 e due figli rispettivamente
del 1927-1929, nonché il fratello del 1906.
Secondo quanto mi è stato possibile accertare i predetti sarebbero
stati passati per le armi perché in possesso di 600 grammi di polvere
nera, sei metri di miccia e 10 capsule, materiale destinato alla
spaccatura di grossi tronchi d’alberi abbattuti nell’azienda agricola da
loro condotta a mezzadria.
Richiamandomi alle precedenti relazioni mi permetto fermare
l’attenzione di codesto Ministero sulla gravità di tali incidenti, le cui
ripercussioni, ove dovessero ripetersi ulteriormente, oltre che
costituire una continua minaccia per il mantenimento dell’ordine
pubblico, vengono a sminuire il prestigio delle FFAA Germaniche,
tenuto anche conto del giustificabile risentimento che comincia a
serpeggiare nella popolazione a seguito dei recenti indiscriminati
rastrellamenti che reparti germanici della SS stanno effettuando
nelle vie e nelle piazze anche di Comuni non soggetti all’influenza
dei ribelli.
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