L’assassino ci vede benissimo – Christian Frascella


SINTESI DEL LIBRO:
Sono sdraiato accanto a Erica, e tra pochi mesi diventerò padre
per la seconda volta.
La guardo dormire alla debole luce che saetta dalle tapparelle. È
bella anche nella semioscurità. I capelli come un sole rosso attorno
al viso sereno e appagato. Individuo le sue lentiggini. Dice che da
piccola la prendevano in giro, perché era rossa e piena di efelidi e
qualcuno la chiamava streghetta. Dice che ne ha sofferto. Dice che a
quindici anni si è fatta bruna, poi bionda. In Germania, quando si
sparava eroina in vena e viveva dove capitava, si è persino rasata a
zero perché le erano venuti i pidocchi. Chissà dove cazzo dormiva e
con chi. Preferisco non saperlo. Anche io ho nel passato qualche
questioncina squallida che preferisco tenere per me.
Adoro i suoi capelli. Li sfioro. Sono seta, sono fibre di una qualche
pianta medicamentosa che lenisce il mio male.
Poi le passo una mano sul seno, piano, e scendo fino al ventre,
ne assorbo il calore.
Diventerò padre, penso ancora.
E sono attraversato da un brivido di disperazione. Perché nel
ventre che tocco non c’è alcun bambino. Non è Erica a essere
incinta di me.
È Anna, la mia ex moglie.
Ed Erica non lo sa.
Appena lo scoprirà mi sbatterà fuori dalla sua vita a calci. E io
glielo lascerò fare. Perché ne ha tutto il diritto.
Perciò la guardo e la tocco come se fosse l’ultima volta. Quando
si tratta di me la verità ha il vizio di venire sempre a galla, come la
merda nel mare.
Sospiro e cerco la sigaretta elettronica sul comodino. Raccolgo la
mia roba ed esco dalla camera con addosso solo i boxer.– Ehi, bello –. Una voce dal divano mi fa trasalire, come sempre.
È la voce di un ragazzino, eppure sembra quella di un adulto, o di un
vecchio, o di tutte le età messe insieme. Appartiene al figlio di Erica,
Luca. Il dodicenne piú intelligente dell’universo.– Ehi –. Beccato sul luogo del misfatto dopo il misfatto.– Ti stanno da favola –. Indica i miei boxer rossi. – Ma se penso
che poco fa non ce li avevi addosso… – Emette un verso di
disgusto.– Non ci devi mica pensare.
Mi ha sempre messo in difficoltà. Anzi, lui è LA difficoltà fatta
persona. Genio a scuola, lettore di libri che io non ho nemmeno
sentito nominare, cultore del cinema francese di non so piú quale
epoca (ma senz’altro in bianco e nero, proprio adesso ha stoppato
sull’immagine di un nasone transalpino che corre per raggiungere il
treno), campione di scacchi online (tre giorni fa ha battuto un
quarantenne russo finalista agli ultimi europei in qualcosa come
quindici mosse), in possesso di una dialettica pungente (prende per
il culo, insomma), e per tutti questi fattori condannato a un’estrema
solitudine della quale pare non curarsi.– Preferisco di no, in effetti.– Già sveglio? – butto lí, mentre comincio a rivestirmi. Lo so già
che soffre di insonnia: ha la testa troppo piena di ingegno, non ce la
fa mica a dormire come un quasi adolescente; forse, quando è a
letto, soffoca sotto il peso di tutto ciò che conosce.– Sí –. Fa un cenno verso la tv. – Volevo rivedere questo Truffaut.– E a scuola?– Entro piú tardi.
Mi abbottono i jeans e annuisco, fingendo comprensione. – Truffò,– ripeto, ma senza la erre moscia che ha usato lui.– Ti piace?– Uh. Sí, certo. Specie le sue prime cose –. Sa benissimo che per
me potrebbe anche essere una versione della Renault. La Renault
Truffò Turbo Gpl a iniezione integrale. E sa anche che io so che lui
sa.
Scuote il capo. Ultimamente si è fatto crescere i capelli in modo
disordinato e si pettina solo ogni tanto. Forse è già nella fase
adolescenziale. Domani si comprerà una moto, dopodomani porterà
a casa una tipetta per scoparsela nella sua stanza e fra tre giorni
partirà zaino in spalla per il suo primo viaggio attorno al mondo.
Magari.– Quando avevo sei o sette anni, – dice, – speravo che mia
madre prima o poi si mettesse con un tizio arguto, uno che amasse
la letteratura, la filosofia, il cinema e che si dilettasse nelle scienze e
in altre attività stimolanti –. Fa un sospiro e mi dà una squadrata
mentre mi sputo nella mano per ripulirmi gli anfibi.– Invece?– Invece, ecce homo, – sentenzia. – Contrera. Investigatore
privato. Per ufficio, l’angolo di una lavanderia a gettoni.– Esatto.– Attualmente vive tra questa casa e quella di sua sorella.– Non fa una grinza.– Uno che ha già fatto soffrire mia madre una volta e, secondo
me, la farà soffrire di nuovo.
Mi sento gelare. Sa della gravidanza di Anna? Ma no, come
potrebbe?
Ci guardiamo.
Occhi neri, la pelle chiara della madre, fisico minuto – eppure c’è
qualcosa di minaccioso, in lui, qualcosa di preoccupante.– Invece tu mi stai simpatico, – ribatto. E do una lunga tirata alla
sigaretta elettronica, nicotina 8, gusto vaniglia. Ingoio il vapore e poi
ne sparo i residui verso l’alto.
Lui inarca un sopracciglio. – Non cercare di comprarmi. Non mi
freghi –. Poi mette mano al telecomando e il tizio nasuto riprende a
correre verso il treno.– Be’, – faccio io, alzandomi. – Vado a lavorare –. Infilo la giacca
militare e raggiungo a larghi passi la porta. – Ciao, – saluto in fretta
per togliermi da questa scena del cazzo, ma mentre sto per
chiudermi la porta alle spalle, Luca aggiunge: – Ti tengo d’occhio.
2.
È un novembre nebbioso e le mattine come questa fanno
scappare anche i lupi. Il quartiere di Barriera pare affogato in questo
latte scaduto, mentre guido la Suzuki che ho chiesto in prestito (son
dieci mesi!) a mia sorella Paola.
Un’oretta fa a svegliarmi è stato un sms di Mohamed, il
proprietario della lavanderia dove ricevo i miei clienti. Ero rimasto
con una licenza da detective ma privo dei soldi per potermi
permettere almeno un sottoscala. Lui, senza che gli avessi chiesto
un bel niente, mi ha offerto un angolo del suo locale, a patto che mi
occupassi a prezzi modesti dei problemi dei suoi compatrioti. Non so
perché l’abbia fatto. E non ho ancora avuto il coraggio di
approfondire, caso mai cambiasse idea.
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