Una sporca storia – Luis Sepúlveda

SINTESI DEL LIBRO:
È un taccuino con la copertina nera
che mi accompagna sempre e in cui
riverso i miei dubbi, i miei stupori e
le mie rabbie di ogni giorno. Sulle
sue pagine butto giù articoli, capitoli
di romanzo, racconti, ricette di
cucina, dichiarazioni d'intenti o
promemoria di impegni che in
genere dimentico. Ho un rapporto
passionale con le Moleskine e
quando una lettrice o un lettore
complice — per questo scrivo, per
creare complicità – me ne dà una,
vergine e ancora avvolta nel
cellophane, gliene sono grato. Ma
prima o poi arrivo sempre alla fine
dei fogli, divenuti ormai pagine, e
quando le rileggo in una breve
cerimonia d'addio prima di
inaugurarne una nuova, guardo
quanto ho scritto e, di solito, scopro
che non ho perso la capacità di
stupirmi. Rileggerle è riavvolgere la
vita e vederla scorrere fugace,
fotogramma per fotogramma. Come
appaiono diversi gli articoli nella
loro versione originale, prima di
venire tagliati per motivi di spazio,
come mi sembrano ingenue le
aggiunte a un capitolo con
l'indicazione «impossibile da
inserire» o «chissà se si potrà
usare».
I testi che seguono sono tratti
dalle tre Moleskine che ho finito tra
il gennaio 2002 e il marzo 2004 e da
allora, come scrisse Van Gogh al
fratello Theo, «i mulini non ci sono
più, ma il vento è sempre lo stesso».
Elogio dell'incertezza
Durante una conferenza Paul
Wolfowitz, il numero due del
Pentagono, dichiarò che, nel mondo
globalizzato e consapevole della
«leadership morale» statunitense, le
frontiere politiche e geografiche
sarebbero scomparse a seconda delle
caratteristiche che la nazione
«leader» avrebbe stabilito per ogni
paese. Quest'apologia
dell'imperialismo fu pronunciata
all'università di Austin, nel Texas,
guardando a sud del Rio Grande,
verso il vasto territorio che giunge
sino ai confini australi, il territorio
con la maggiore riserva verde del
pianeta, l'infinita pampa, l'ignota
Patagonia, con vulcani che
brontolano e narrano la giovinezza
di un continente in cui vive un
conglomerato di abitanti di una
patria incerta: l'America Latina.
Al termine della conferenza di
Wolfowitz, un giornalista
dell'Honduras chiese agli studenti se
sapevano dove si trovasse l'America
Latina. Uno rispose nel New
Mexico, un altro che era una
provincia spagnola, e anch'io mi
pongo spesso la stessa domanda.
Ci sono mille teorie storiche sui
motivi per cui gli abitanti dei
territori a sud del Rio Grande
insistono a volersi chiamare
latinoamericani, ma io ne ho una
personale, connessa con la resistenza
al saccheggio, perché a noi
latinoamericani hanno rubato
persino il nome della terra che
abbiamo sotto i piedi.
Quella grandissima spia del
maccartismo che si chiamava Elia
Kazan girò una geniale storia di
emigrazione per tutti quelli che
«America, America», così
doppiamente invocata, era la striscia
di cemento ai piedi della statua della
libertà. Anche la mia nonna italiana
partì da Livorno diretta in
«America», ignorando latitudine e
longitudine di una parola che era
semplicemente sinonimo di pane,
tetto e speranza. Quando erano in
alto mare, pochi giorni prima di
giungere a destinazione, il capitano
della nave comunicò a lei e ai suoi
fratelli che in realtà il bastimento
non andava in «America», ma in
Argentina.
E palesemente ingiusto che noi
abitanti delle terre a sud del Rio
Grande pretendiamo di essere tutti
latinoamericani. I nostri popoli
indigeni, i padroni del continente,
non hanno tratto alcun beneficio
dalle influenze della latinità, da
quanto è latino, comprese le grandi
idee dell'Illuminismo e della
Rivoluzione francese che o li hanno
ignorati o sono servite per dare base
legale al furto delle loro terre e dei
loro beni. Le nostre guerre
indipendentiste latinoamericane
sono degenerate in lotte di caudillos
creoli, le nostre costituzioni ispirate
a belle idee di giustizia sono servite
solo a chi le aveva redatte, le nostre
tradizioni recentemente fondate
ignorano chi era già lì e lo confinano
nel miserabile spazio dell'esotico.
Dov'è l'America Latina? Non
cercatela sulle cartine geografiche
delle scuole, ma nel territorio
invisibile dei grandi dimenticati che,
oltre allo spagnolo e al portoghese,
parlano mille lingue.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo