La donna da mangiare – Margaret Atwood

SINTESI DEL LIBRO:
Sono certa che stavo bene venerdì, quando mi alzai; caso mai mi sentivo più
imperturbabile del solito. Quando andai in cucina per prepararmi la
colazione, c'era già Ainsley, tutta abbattuta; disse che la sera prima era andata
a un party da far schifo. Giurò che c'erano stati soltanto degli studenti di
odontoiatria, una cosa che l'aveva depressa al punto che si era consolata
ubriacandosi.
«Non hai idea di quanto sia pesante», disse, «dover sopportare una ven-tina
di conversazioni sull'interno della bocca degli altri. La reazione più grande
che ho suscitato è stato quando ho descritto un ascesso che ho avuto una
volta. Avevano letteralmente la bava alla bocca. E gli uomini, per lo più,
guardano a qualcosa oltre ai tuoi denti, santo cielo.»
Aveva i postumi della sbornia, una cosa che mi mise di umore allegro
mi fece sentire sana come un pesce - e le versai un bicchiere di succo di
pomodoro e le preparai un'alka-seltzer corroborante, stando a ascoltarla e
emettendo rumori di comprensione mentre continuava a lamentarsi.
«Come se non ne avessi abbastanza sul lavoro», disse. Ainsley lavora come
collaudatrice di spazzolini difettosi in un'impresa di spazzolini da denti
elettrici: un impiego provvisorio. Quello che aspetta è un posto va-cante in
una di quelle piccole gallerie d'arte, anche se lo stipendio non è ottimo: vuole
fare la conoscenza di artisti. L'anno prima, mi disse, andava pazza per gli
attori ma poi ne incontrò effettivamente qualcuno. «È proprio una fissazione.
Scommetto che tutti quanti si portano dietro, nella tasca della giacca, quegli
specchietti ricurvi e si danno una sbirciata in bocca ogni volta che vanno al
cesso per assicurarsi di essere ancora senza carie.»
Con aria pensosa si passò una mano fra i capelli che sono lunghi e rossi, o
meglio ramati. «Te lo immagini baciarne uno? Direbbe: 'Apra bene', prima di
tutto. Sono così maledettamente limitati.»
«Deve essere stato terribile», dissi, riempiendole di nuovo il bicchiere.
«Non potevi cambiare argomento?»
Ainsley alzò le sopracciglia quasi inesistenti, che quella mattina non erano
ancora state dipinte. «No, naturalmente», disse. «Facevo finta di essere
terribilmente interessata. E naturalmente non ho lasciato capire che mestiere
facevo: quei professionisti se ne hanno così a male se uno sa qualcosa del
loro argomento. Sai, come Peter.»
Ainsley tende a punzecchiare Peter, soprattutto quando non si sente be-ne.
Feci la generosa e non ribattei. «Faresti meglio a mangiare qualcosa prima di
andare al lavoro», dissi. «Quando si ha qualcosa nello stomaco si sta meglio.»
«Oh dio», fece Ainsley, «non riesco a sopportarne il pensiero. Un altro giorno
di macchine e di bocche. È da un mese che non ne passo uno di interessante,
da quando quella donna ci rispedì il suo spazzolino perché cadevano le setole.
Scoprimmo che aveva adoperato dell'Ajax.»
Mi lasciai così prendere dalla mia efficienza per amore di Ainsley, mentre mi
congratulavo con me stessa per la mia superiorità morale rispetto a lei, che
non mi resi conto di quanto si fosse fatto tardi, finché non fu lei a
ricordarmelo. All'impresa degli spazzolini elettrici non badano a che ora si
arrivi, ma la mia impresa si considera puntuale. Dovetti lasciar perdere
l'uovo, e buttar giù un bicchiere di latte e una tazza di fiocchi d'avena fred-di
già sapendo che in tal modo la fame mi sarebbe tornata molto prima dell'ora
di pranzo. Masticai un pezzo di pane, mentre Ainsley mi osservava in un
silenzio nauseato, e afferrai la borsa, lasciando che Ainsley chiudesse la porta
dell'appartamento dietro di me.
Abitiamo all'ultimo piano di un grande edificio in uno dei quartieri più vecchi
e aristocratici, in quelle che suppongo fossero le stanze della servitù. Questo
significa che ci sono due rampe di scale fra noi e la porta principale, la rampa
superiore stretta e scivolosa, quella inferiore ampia e con la guida ma con le
asticelle dei fermi che tendono a sfilarsi. Con i tacchi alti che ci impongono
di portare in ufficio, devo scendere di sbieco, tenendomi ben stretta al
corrimano. Quella mattina riuscii a oltrepassare sana e salva la serie di
scalda-letti di ottone dei pionieri appesi al muro delle nostre scale, evitai di
impigliarmi nel filatoio a mano tutto punte del pianerottolo del secondo piano
e oltrepassai velocemente scansando la bandiera reggimentale a brandelli
tenuta sotto vetro e la serie di ritratti degli antenati racchiusi in cornici ovali
che stanno di guardia al primo pianerottolo. Mi sentii sollevata nel vedere che
nell'ingresso a pianterreno non c'era nessuno. Su terreno piano avanzai a
lunghi passi verso la porta, sterzando per evitare il ficus elastica da una parte
e il tavolo dell'ingresso, col sottocoppa di tela greggia e il vassoio di ottone
rotondo, dall'altra. Da dietro la tenda di velluto a destra udii la bambina
mentre stava eseguendo al piano la sua penitenza mattutina. Pensai di essere
in salvo.
Ma prima di aver raggiunto la porta, questa ruotò silenziosamente verso
l'interno e capii di essere in trappola. Era la signora di sotto. Portava un paio
di guanti da giardiniere immacolati e reggeva una paletta. Mi doman-dai chi
fosse andata a seppellire in giardino.
«Buon giorno, Miss MacAlpin», disse.
«Buon giorno.» Feci un cenno col capo e sorrisi. Non riesco mai a ricordare il
suo nome, e neppure Ainsley; immagino che si tratti di quello che chiamano
un blocco mentale. Guardai oltre la sua persona, verso la strada, ma lei non si
mosse dal vano della porta.
«Ieri sera sono stata fuori», disse. «A un convegno.» Ha un modo indi-retto
di affrontare le cose. Mi appoggiai prima su un piede poi sull'altro e sorrisi di
nuovo, sperando che si accorgesse che avevo fretta. «La bambina mi dice che
c'è stato un altro incendio.»
«Be', non si è trattato esattamente di un incendio», feci io. La bambina aveva
approfittato del fatto che fosse stato pronunciato il suo nome per smettere di
fare esercizio al piano e ora si trovava in piedi, nel vano delle tende di velluto
del salotto, con gli occhi fissi su di me. È una creatura corpulenta e goffa di
quindici anni o giù di lì che viene mandata a una scuola speciale per ragazze
e deve indossare un grembiule verde con calzini fino al ginocchio dello stesso
colore. Sono certa che si tratta di una ragazza del tutto normale, ma c'è
qualcosa di cretinesco in quel nastro appollaiato in cima al suo corpo
gigantesco.
La signora di sotto si tolse un guanto e le batté la mano sullo chignon.
«Ah», disse con dolcezza. «La bambina dice che c'era un sacco di fumo.»
«Era tutto sotto controllo», dissi io, questa volta senza sorridere. «Erano
soltanto le braciole di maiale.»
«Oh, capisco», disse lei. «Be', vorrei proprio che dicesse a Miss Tewce di
cercare di non fare tanto fumo in futuro. Temo che turbi la bambina.»
Considera soltanto Ainsley responsabile del fumo e sembra pensare che lo
emetta dalle narici come un drago. Ma non ferma mai Ainsley nell'ingresso
per parlargliene: soltanto me. Ho il sospetto che si sia convinta che Ainsley
non è rispettabile, mentre io sì. Probabilmente dipende dal modo in cui ci
vestiamo: Ainsley dice che io scelgo i vestiti come se fossero tute mimetiche
o una colorazione protettiva, anche se io non ci vedo nulla di male. Lei va
pazza per il rosa al neon.
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