Il nostro agente all’Avana – Graham Greene

SINTESI DEL LIBRO:
Quel negro che percorre adesso la strada” disse il dottor Hasselbacher,
stando in piedi nel Wonder Bar, “mi ricorda lei, signor Wormold.” Era tipico
da parte del dottor Hasselbacher continuare a dare del lei e servirsi
dell’appellativo ‘signore’ dopo quindici anni di amicizia... l’amicizia
procedeva con la lentezza e la certezza di una diagnosi prudente. Sul suo letto
di morte, quando il dottor Hasselbacher fosse accorso a tastargli il sempre più
debole polso, Wormold sarebbe forse divenuto Jim.
Il negro era cieco da un occhio e aveva una gamba più corta dell’altra,
portava un cappellaccio di feltro e attraverso la lacera camicia gli si vedevano
le costole, simili alle strutture di una nave in demolizione. Camminava lungo
l’orlo del marciapiede, al di là dei pilastri gialli e rosa dei portici, nel sole
ardente di gennaio, e, camminando, contava ognuno dei propri passi. Nel
giungere davanti al Wonder Bar, diretto verso Virdudes, era arrivato a
‘1369’. Doveva procedere adagio, per avere il tempo di pronunciare un
numero così lungo. ‘Milletrecentosettanta.’ Era una sagoma familiare nei
pressi di piazza Nazionale, dove indugiava a volte, smettendo di contare quel
tanto che bastava per vendere una serie di fotografie pornografiche a un
turista. Poi riprendeva il conteggio là dove lo aveva interrotto.
Al termine della giornata, come il dinamico passeggero di un
transatlantico, doveva conoscere con l’approssimazione di un metro la
distanza da lui percorsa.
“Joe?” domandò Wormold. “Non vedo alcuna somiglianza. Eccettuato il
fatto che zoppica, si capisce” ma istintivamente diede una rapida occhiata a
se stesso nello specchio con la scritta ‘Cerveza Tropical’, come se davvero
avesse potuto conciarsi e annerire fino a quel punto durante il tragitto dal
negozio, nella città vecchia. Il viso che lo fissò dallo specchio era soltanto un
pochino sbiancato dalla polvere dei lavori portuali; sempre lo stesso viso,
ansioso e rugoso, di un quarantenne. Molto più giovanile di quello del dottor
Hasselbacher, eppure un estraneo avrebbe provato la sensazione certa che si
sarebbe spento prima... L’ombra era già lì, le ansie che si sottraggono ai
tranquillanti Il negro scomparve zoppicando, dietro l’angolo del Paseo.
V’erano innumerevoli lustrascarpe, quel giorno.
“Non alludevo al fatto che zoppica. Non nota la somiglianza?”
“No.”
“Ha due idee fisse” spiegò il dottor Hasselbacher “fare il suo lavoro e
contare. E, naturalmente, è inglese.”
“Continuo a non capire...” Wormold si rinfrescò la bocca con il ‘daiquiri’
mattutino. Sette minuti per arrivare al Wonder Bar, sette minuti per tornare al
negozio, sei minuti per intrattenersi con l’amico. Guardò l’orologio. Ricordò
ch’era indietro di un minuto.
“E’ fidato, si può far conto su di lui, intendevo dire soltanto questo”
esclamò il dottor Hasselbacher con una certa impazienza.
“Milly come sta?”
“Splendidamente” disse Wormold. Rispondeva sempre così, ma diceva
sul serio.
“Diciassette anni il diciassette, eh?”
“Esatto.” Voltò rapido la testa a guardarsi indietro, come se qualcuno gli
avesse dato la caccia, poi guardò di nuovo l’orologio. “Viene a sturare una
bottiglia con noi?”
“Fino ad oggi non sono mai mancato, signor Wormold. Chi altri ci sarà?”
“Be’, soltanto noi tre, pensavo. Vede, Cooper è tornato in patria, e il
povero Marlowe si trova ancora in ospedale, e a quanto pare Milly non ha
simpatia per tutta quella nuova gente del Consolato. Così avevo pensato di
limitarci a una festicciola intima, in famiglia.”
“Sono onorato di far parte della famiglia, signor Wormold.”
“Un tavolo al Nacional, magari... non sarebbe... be’, opportuno?”
“Qui non siamo in Inghilterra o in Germania, signor Wormold. Le
ragazze crescono in fretta ai tropici.”
Un avvolgibile venne sollevato, crepitante, al lato opposto della strada, e
poi si gonfiò con regolarità nella brezza lieve del mare, facendo tic-tac come
un vecchio orologio. Wormold disse: “Devo andare”.
“La ‘Pulizia Rapida’ tirerà avanti senza di lei, signor Wormold”. Era la
giornata delle spiacevoli verità. “Come i miei pazienti” soggiunse con tatto il
dottor Hasselbacher.
“La gente non può fare a meno di ammalarsi, ma non è costretta ad
acquistare aspirapolvere.”
“Sì, ma lei fa pagare di più ai suoi clienti.”
“E intasco soltanto il venti per cento. Non è possibile risparmiare molto
con il venti per cento.”
“Non è l’epoca dei risparmi, questa, signor Wormold.”
“Devo risparmiare... per Milly. Se mi capitasse qualcosa.”
“Nessuno di noi può aspettarsi una lunga vita al giorno d’oggi, e allora
perché crucciarsi?”
“Tutti questi disordini nuocciono moltissimo al commercio A che serve
un aspirapolvere se manca la corrente?”
“Sono in grado di farle un piccolo prestito, signor Wormold.”
“No, no. Non si tratta di questo. Le mie preoccupazioni non si limitano a
quest’anno, e neppure al prossimo, sono preoccupazioni a lunga scadenza.”
“Allora può fare a meno di crucciarsi. Viviamo nell’era atomica, signor
Wormold. Basta premere un pulsante... e pim, pam... dove andiamo a finire?
Un altro whisky, prego.”
“Oh, a proposito. Sa che cosa ha fatto la ditta? Mi hanno mandato un
aspirapolvere ‘Pila atomica’.”
“Davvero? Non sapevo che la scienza avesse progredito fino a questo
punto.”
“Oh, naturalmente non ha niente di atomico... è soltanto un nome.
L’anno scorso si chiamavano Turbogetto. Quest’anno sono Atomici.
Funzionano con l’energia elettrica esattamente come gli altri.”
“Allora perché crucciarsi?” ripeté il dottor Hasselbacher come un tema
musicale, chinandosi sul whisky.
“Non capiscono che i nomi di questo genere possono andare negli Stati
Uniti, ma non qui, dove i preti non fanno altro che predicare contro il cattivo
uso della scienza. Milly ed io siamo andati a messa in cattedrale domenica
scorsa... lei sa bene qual è il suo atteggiamento per quanto concerne la messa,
è convinta che riuscirà a convertirmi, e non me ne meraviglierei. Bene, padre
Mendez ha impiegato una mezz’ora per descrivere gli effetti della bomba
all’idrogeno. Coloro che credono nel paradiso sulla terra, ha detto, stanno
creando un inferno... e davvero lo ha descritto come un inferno... è stato
molto brillante. Be’, crede che mi sia divertito, lunedì mattina, quando ho
dovuto esporre in vetrina il nuovo aspirapolvere Pila Atomica? Non mi sarei
meravigliato se uno dei giovani teppisti che gironzolano da queste parti
avesse mandato in pezzi il cristallo. Azione cattolica, Cristo Re, tutte queste
organizzazioni. Non so proprio come regolarmi, Hasselbacher.”
“Ne venda uno a padre Mendez, per il palazzo del vescovo.”
“Ma è contentissimo del Turbo. Era un buon apparecchio. Naturalmente è
buono anche questo. Con l’aspirazione migliorata per gli scaffali pieni di
libri. Non venderei mai un apparecchio che non fosse perfetto, lei lo sa.”
“Lo so, signor Wormold. Non potrebbe cambiargli il nome?”
“Non me lo consentono. Ne sono fieri. Credono che sia la migliore
denominazione mai escogitata dopo la frase pubblicitaria ‘Batte mentre scopa
mentre spolvera’. Lei sa che il Turbo era munito di un particolare aggeggio,
una specie di tampone purificatore dell’aria.
Nessuno ci aveva mai trovato da ridire... funzionava bene, ma ieri è
venuta una donna, ha guardato l’aspirapolvere Pila Atomica e ha domandato
se un tampone di quelle dimensioni era realmente in grado di assorbire tutta
la radioattività. Sì, ma lo stronzio 90? ha domandato.”
“Potrei rilasciarle un certificato medico” disse il dottor Hasselbacher.
“Lei non si preoccupa mai di niente?”
“Ho una mia difesa segreta, signor Wormold. Mi interesso alla vita.”
“Anch’io, ma...”
“No, a lei interessano le persone, non la vita, e le persone muoiono o ci
abbandonano... mi scusi: non mi riferivo a sua moglie. Se invece è la vita a
interessarci, essa non ci tradisce mai. Io mi interesso alle muffe e alla
maturazione dei formaggi. Lei non si diverte a risolvere le parole incrociate,
vero, signor Wormold? Io sì, invece, e sono come le persone: giunge sempre
il momento della fine. Posso risolvere qualsiasi cruciverba in un’ora, ma ho
fatto una scoperta per quanto concerne le muffe dei formaggi che non arriverà
mai a una conclusione... benché, naturalmente, sia logico sognare che forse
potrebbe giungere il momento in cui... Bisogna che le faccia vedere il mio
laboratorio, un giorno o l’altro.
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