Il mostro cinese – Le bugie di Pechino, gli errori di Roma. Cronaca di una pandemia che si poteva evitare – Maria Giovanna Maglie

SINTESI DEL LIBRO:
Il virus Sars-Cov-2 compare in Cina in una data che per il momento
è difficile definire senza timore di sbagliare. Tra novembre 2019 e
gennaio 2020, ma potrebbe risalire addiri ura alla fine di se embre.
Il Governo comunista cinese non dice, o rivela in ritardo e al
contagocce, informazioni essenziali che avrebbero potuto modificare
il corso degli eventi.
Covid-19, il virus cinese è un film che il mondo ha vissuto nella sua
tragica, ultima parte. Se avesse potuto vederlo dall’inizio,
seguendone lo sviluppo e capendone la trama, con ogni probabilità
non sarebbe stato il film di dolore e di morte nel quale si è
trasformato.
Per due mesi è stato definito complo ista o, peggio, intollerante,
razzista, sciovinista chiunque abbia pubblicamente posto qualche
domanda scomoda, non omologata alla tesi unica presentata come
verità ogge iva della “Scienza”, della “Comunità Scientifica”.
Mesi di omissioni e silenzi, che ancora proseguono. Giganteschi
punti interrogativi privi di una risposta plausibile e di qualsiasi
giustificazione. La sedicente caccia al “paziente zero” che dalla Cina
avrebbe contagiato via via l’intero pianeta è stata vana sin dall’inizio,
destinata inevitabilmente al fallimento, per evidenti lacune sulle
informazioni relative al virus, alla sua identità, al suo sviluppo, alla
sua origine e evoluzione. Tu e scene di un film reso sempre più
offuscato, sceneggiato all’interno di imperscrutabili nebbie interro e
talvolta da proclami ufficiali – vuoi del Governo di Pechino, vuoi
dell’OMS – non di rado contradditori rispe o ai precedenti e a quelli
che saranno poi improvvisati in seguito.
A lungo si è creduto a un’unica, indiscutibile verità rivelata: il
contagio è arrivato in Europa tra fine gennaio e febbraio 2020. Ma la
verità è un’altra. In Europa, nella culla europea, già il neonato si
agitava almeno dall’o obre 2019, forse persino prima. C’è un salto
logico che rende incomprensibile la trama del film e la sua
ricostruzione ufficiale: un periodo di tempo lungo almeno 90, se non
120 giorni, scandito da un silenzio spe rale, da dubbi e interrogativi
angosciosi che non riescono a travalicare il muro di una censura che
schiaccia innanzitu o la ricerca scientifica, prima e autentica grande
vi ima del virus. Perché le notizie sull’esistenza del neonato e della
sua culla cominciano a filtrare dalla Cina solo a fine dicembre, a
ridosso di Capodanno, quando il mondo scopre – senza alcun titolo
strillato né alcun allarme inquietante – che una particolare mala ia
starebbe mietendo vi ime nella provincia di Wuhan.
Eppure uno studio del «New England Journal of Medicine»,
pubblicato il 29 gennaio, mostra che i primi casi di trasmissione da
uomo a uomo del Coronavirus risalgono a metà dicembre. Di più: il
quotidiano cinese in lingua inglese «South China morning post»,
sulla base di documenti riservati ai quali sarebbe riuscito ad
accedere, scrive che il primo caso di Coronavirus in Cina è del 17
novembre 2019. Si tra a di una delle date che offrono maggiori
indizi per scoprire finalmente quale sia la culla giusta, l’origine di
tu o. Ma le autorità di Pechino non confermano la trasmissione da
uomo a uomo fino al 20 gennaio. E aggiungete altre se imane di
depistaggi e informazioni fuorvianti ai già lunghi, pesantissimi mesi
di silenzio che separano l’autunno del 2019 dalla fine di gennaio
2020.
Ufficialmente il primo caso di Coronavirus si a esta a Wuhan nel
dicembre 2019. Metropoli di ben undici milioni di abitanti, hub
nevralgico tra Nord e Sud della Cina, tra la ricca costa orientale e la
parte occidentale del Paese, ancora da sviluppare, Wuhan è una
sorta di area prote a del regime. Una ci à esaltata dal Governo e
indicata al mondo come fulgido esempio di crescita cinese, sino a
farne la sede dei Giochi olimpici militari, un evento sportivo di
dimensioni mondiali.
L’aiuto-regista: l’OMS
A lungo, e in gran parte ancora oggi, si è dato per scontato che sia
stata la Cina a informare l’Organizzazione Mondiale della Sanità sui
casi anomali di polmonite riscontrati a Wuhan. È così? No. Anche
so o questo aspe o i dubbi sono pesanti come macigni.
Il 5 gennaio l’Organizzazione Mondiale della Sanità pubblica un
comunicato stampa in cui annuncia: «Il 31 dicembre 2019, l’OMS
China Country Office è stato informato dei casi di polmonite di
eziologia [causa] sconosciuta rilevata nella ci à di Wuhan, nella
provincia cinese di Hubei.
Al 3 gennaio 2020, le autorità nazionali cinesi hanno segnalato
all’OMS un totale di 44 pazienti con polmonite con eziologia
sconosciuta. Dei 44 casi segnalati, 11 sono gravemente malati,
mentre i restanti 33 pazienti sono in condizioni stabili. Secondo i
media, il mercato interessato a Wuhan è stato chiuso il 1° gennaio
2020 per servizi igienico-sanitari e disinfezione ambientale».Il
comunicato non specifica deliberatamente quale autorità abbia
informato il China Country office dell’OMS. Potrebbe sembrare
un’informazione non necessaria da inserire in un comunicato, dando
per scontato che siano state le stesse autorità cinesi a farlo, se non
fosse che – curiosamente – in un tweet del 29 aprile si scopre che: «Il
31 dicembre [2019], l’Epidemic Intelligence System dell’OMS ha
raccolto un rapporto su un gruppo di casi di polmonite sconosciuta a
Wuhan. Il giorno seguente, Capodanno, l’OMS ha chiesto alla Cina
maggiori informazioni ai sensi del Regolamento sanitario
internazionale e ha a ivato il nostro team di supporto alla gestione
degli incidenti, per coordinare la risposta a raverso la sede centrale
e gli uffici regionali e nazionali. […] Il 3 gennaio, la Cina ha fornito
informazioni all’OMS a raverso una riunione faccia a faccia a
Pechino e a raverso il Sistema di informazione sugli eventi dell’OMS
istituito ai sensi del Regolamento sanitario internazionale».Tu o
induce insomma a ritenere che sia l’OMS a raccogliere le
informazioni, visto che la fonte non viene citata. E infa i, il 6 aprile,
l’agenzia statale d’informazione cinese Xinhua pubblica una timeline
in cui afferma: «Cominciando dal 3 gennaio, la Cina ha regolarmente
informato l’OMS, Paesi e regioni rilevanti, e i territori cinesi di Hong
Kong, Macao e Taiwan circa lo scoppio di un’epidemia di polmonite.
La Cina ha cominciato a informare gli Stati Uniti circa l’epidemia e le
misure di risposta su base regolare». Prima del 3 gennaio, non si
legge da nessuna parte che vi siano state comunicazioni all’OMS.
Secondo la timeline di Xinhua, il 30 dicembre, la Commissione
Sanitaria Municipale di Wuhan eme e una nota urgente fa a
recapitare alle istituzioni mediche so o la sua giurisdizione,
confermando 27 casi di polmonite in ci à, suggerendo alla
ci adinanza di non andare in luoghi pubblici chiusi né di radunarsi
in assembramenti e invitando peraltro a indossare mascherine in
caso di uscita.
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