Il bene delle donne – Che cosa mangiare, quali controlli fare, come prendersi cura del corpo e della mente – Paolo Veronesi & Eliana Liotta

SINTESI DEL LIBRO:
Le donne non seguono solo il ragionamento. Sentono il trascorrere del
vento interiore. Sarà per questa perizia emotiva che le vedi chine su
una piccola creatura, a vegliare sulla sua crescita. O rivolte verso il
declino, dove un genitore anziano chiede più di quanto abbia mai
preteso da bambino.
Qualche studioso ipotizza che ci sia di mezzo l’Evoluzione, che
certi geni siano stati selezionati perché ogni madre fosse abile a farsi
carico dei figli. Forse. La storia però ha insegnato che la biologia non
andrebbe usata nella vita sociale per incasellare un essere umano in un
ruolo, in una razza.
Sì, la donna è maestra di empatia. Prova la gioia e il dolore del
mondo. Piange da mille volti, gioisce con mille cuori. Ma non vuol dire
che con questa scusa debba essere l’unica a occuparsi di nonni, padre,
madre, suoceri ed eredi. «I figli hanno bisogno della mamma»,
sentenziano i papà che passano la giornata in ufficio. Beh, le mamme
hanno bisogno dei compagni. I dati ISTAT sono crudi: il 70% e più del
lavoro familiare è a carico delle italiane. Appena la metà di loro svolge
una professione fuori di casa a tempo pieno.
Se questo lo volesse la Natura, i risultati delle ricerche sarebbero
altri. E invece emerge che le donne soffrono meno di depressione
quando hanno un’indipendenza economica e possono condividere con il
partner le incombenze domestiche (vedere il capitolo
«Una sensibilità
speciale»). Viene fuori che l’istruzione e i lavori qualificati possono
allontanare l’Alzheimer (vedere il capitolo
«La forza d’animo»).
È ora che gli Stati vadano incontro alle mamme. È ora che le donne
si prendano cura di sé. Anche se l’anatomia del cervello le sintonizza
col resto del pianeta. Basta cominciare. «Amare se stessi è l’inizio di un
idillio che dura una vita», chiosava Oscar Wilde.
Al bene delle donne in qualche modo pensa già la scienza. Dopo
tanta letteratura e tante battaglie civili, dai laboratori arrivano risultati
che abbattono i pregiudizi sulla supremazia degli uomini.
Alla gara «braccio di ferro» vince lui, d’accordo. Ha in media 28
chili di muscoli in più, è del 30% più forte e del 10% più pesante. A «chi
sa fare più cose insieme» lo batte lei: regina del multitasking secondo
vari studi. Si resta basiti a leggere una biografia di Marie Curie, doppio
premio Nobel ai primi del Novecento per la chimica e per la fisica.
Passava le giornate occupandosi della famiglia, cucina inclusa, e dei
suoi esperimenti sulla radioattività. Dovette essere un ottimo esempio:
la figlia maggiore, Irène Joliot-Curie, vinse anche lei un Nobel per la
chimica.
Ada Byron, matematica, nata dal poeta Lord Byron (che non se ne
occupò), mise a punto nel 1840 un algoritmo per far funzionare il
progenitore del computer, una macchina analitica che aveva progettato
Charles Babbage. Immaginò un sistema a schede perforate, di fatto il
primo linguaggio di programmazione, e capì che questa nuova scienza
delle informazioni avrebbe portato alla nascita di una forma di
intelligenza artificiale. Nel frattempo, con William King, conte di
Lovelace, aveva avuto tre figli.
Clara Wiek Schumann suonò e compose per tutta la vita. Rimasta
sola a dover mantenere i sette figli, dopo la morte del marito Robert,
lavorò fino allo stremo delle forze. Nel 1854, in due mesi tenne ben 22
concerti in Europa. Al pianoforte non si risparmiò mai, nonostante i
dolori a un braccio che le curavano con l’oppio.
Le donne non sono estranee all’arte né all’astrofisica, ne sono state
lasciate fuori.
Il cervello maschile pesa all’incirca 150 grammi in più, ma quello
femminile possiede aree con una quantità superiore del 10% di
connessioni, specie quelle linguistiche ed emozionali, come hanno
riscontrato ricercatori dell’Harvard Medical School di Boston. E
l’intelligenza non è data dalla grandezza del cervello, che è in relazione
al peso (altrimenti gli elefanti sarebbero dei geni), bensì dalle sinapsi fra
i neuroni, dalla capacità di mettere insieme le informazioni. Fra l’altro lei
ha un ippocampo più grande, il centro in cui si formano i ricordi.
Immagazzina tanti dettagli emotivi, perché da quelli risulta più attivata la
sua amigdala, il nucleo cerebrale primitivo.
Si fa strada l’idea di un femminismo scientifico: i dati degli
esperimenti e delle indagini dimostrano che la donna non ha nulla di
inferiore.
Ma non è una guerra, sarebbe un sessismo alla rovescia. Gli stessi
studiosi ammettono che i cervelli di ogni individuo sono mosaici di
tessere maschili e femminili e che alla fine la cultura è una leva tale da
rendere le persone più somiglianti intellettualmente che diverse.
Le letture, le esperienze, i traumi, i pensieri, l’ambiente: tutto
interviene nella formazione di quell’incredibile groviglio che è il cervello.
L’organo più complesso del corpo rende possibile comprendere,
immaginare, creare, contare, parlare, odorare o vedere. In ognuno dei
suoi centimetri cubi ci sono qualcosa come 50-70 milioni di cellule
nervose, ciascuna in contatto con l’altra, in una rete percorsa di
continuo da impulsi elettrochimici.
In passato le donne più sapienti venivano mandate al rogo.
Streghe. È persistito il pregiudizio, anche fra filosofi e scienziati, di una
superiorità dell’intelligenza maschile. Rita Levi Montalcini, Nobel per la
scoperta del fattore di crescita nervoso (NGF, nerve growth factor), ha
scritto: «Per millenni il 50% dell’umanità non ha avuto pieno accesso
alla conoscenza, è stato impedito in nome di una minore forza fisica. Ma
la forza fisica non ha niente a che vedere con le capacità mentali».
Tante donne ancora camminano lungo il bordo di abissi di
discriminazione. Qualcuna ne esce indenne, e più determinata a fare
sentire la sua voce, altre ci restano dentro. Silenziose.
La medicina di genere
L’Evoluzione insegna che delle differenze bisogna andare orgogliosi. La
nostra specie è sopravvissuta perché siamo tutti diversi, perché grazie
alle mutevolezze del DNA hanno potuto prevalere i geni favorevoli. La
pelle o il colore degli occhi, secondo le teorie prevalenti, sarebbero
varianti per adattarsi alle condizioni climatiche. Per esempio, la
carnagione scura sembra essere stata selezionata per proteggere i
nostri antenati dal sole dell’Africa, la culla dell’Homo Sapiens.
La vita si è propagata sulla Terra in un trionfo di difformità. In
principio erano i batteri, poi sono arrivate le creature acquatiche con
una rete nervosa primitiva come le meduse, gli insetti come la formica
che ha un cervello più piccolo di un millimetro cubo, i rettili e i
mammiferi.
Il
corpo della donna è un equilibrio magnifico di ingredienti per
ospitare la vita. Ha caratteristiche uniche e per questo la loro cura
dev’essere specifica. Medicina di genere, così si chiama.
Il
tumore alla parte che è il simbolo della differenza, il seno,
colpisce una donna su otto-dieci nell’arco della vita: esiste una
prevenzione che passa dalla tavola e dagli stili di vita e una prevenzione
che prende i nomi di ecografia e mammografia (vedere il capitolo
«Il
simbolo della differenza: il seno»).
La medicina di genere non si occupa soltanto degli organi
riproduttivi e delle caratteristiche sessuali secondarie, ma anche delle
malattie che affliggono le donne in modo particolare o differente.
Prendiamo le patologie autoimmuni come la psoriasi o l’artrite
reumatoide. In molte di queste a essere colpite due volte su tre sono le
donne, perché sviluppano difese più forti, forse per resistere alle
infezioni e potere accudire la prole. Ma il rovescio della medaglia è che
un sistema immunitario talmente potente si può rivoltare contro tessuti
dell’organismo cui appartiene. Il medico deve avvisare le pazienti che è
meglio consultare il ginecologo per fare, parallelamente alle cure, un
piano di fertilità (vedere il capitolo
«Il cancan degli ormoni»).
La stipsi cronica è un disagio al femminile in otto casi su dieci,
anche perché il pavimento pelvico con le gravidanze si indebolisce,
ossia i muscoli tra le gambe, sotto il bacino (vedere il capitolo
«La
disfida della bilancia»).
Una donna ha il diritto di avere l’informazione che l’alcol le fa più
male che a un uomo, perché produce una quantità minore dell’enzima
gastrico che metabolizza l’etanolo. Deve sapere che dopo i 50-55 anni,
le fumatrici hanno una probabilità fino a cinque volte superiore, rispetto
ai fumatori, di sviluppare danni alle arterie.
La parità ha latitato a lungo nel campo della salute. Già nel 1998
l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) aveva inserito la medicina
di genere nel documento Equity Act, sottolineando come il principio di
equità fra i due sessi andasse applicato alle cure, che devono tenere
conto delle differenze biologiche tra uomini e donne.
Qualcosa si muove. In Italia 59 presidi delle facoltà di Medicina
hanno appena deciso che inseriranno l’insegnamento della medicina di
genere nelle varie discipline, dall’endocrinologia alla cardiologia.
Lei può avere sintomi che lui non ha e viceversa. L’infarto, per dire.
A essere noti sono i segnali del maschio di mezza età, con la fitta al
petto e il dolore che s’irradia al braccio. Ma una donna ha le coronarie
più piccole, non lo avverte così (vedere il capitolo
«A cuor leggero»).
Negli anni ’90 l’americana Bernardine Healy, direttrice dell’Istituto
nazionale di salute pubblica, parlò per la prima volta della «sindrome del
sesso debole», un comportamento discriminante degli operatori sanitari
che aveva ripercussioni sugli esiti clinici.
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