Come se tu non fossi femmina: Appunti per crescere una figlia – Annalisa Monfreda

SINTESI DEL LIBRO:
Se c’è un’abitudine di mia madre che pensavo non avrei mai
ereditato è il rito della valigia. Quando eravamo bambine, ogni
viaggio iniziava nella sua testa almeno due se imane prima di
partire. Un’infinità di dati – le a ività che avremmo svolto, le
temperature che avremmo potuto incontrare, gli imprevisti con cui
avremmo dovuto fare i conti – venivano processati nella sua mente e
trado i in abiti, accessori, biancheria. Tu o il necessario per sentirci
a casa anche in viaggio veniva minuziosamente piegato e appoggiato
sul le o di ciascun componente della famiglia. Ogni giorno di quelle
due se imane, qualcosa veniva aggiunto dopo essere stato lavato e
stirato, e qualcosa veniva tolto, lasciando invariato il volume
complessivo. E siccome in quei le i ci si doveva comunque dormire,
l’ordine meticoloso veniva disfa o alla sera e ricomposto al ma ino.
Tu o ciò, pensavo, serviva a placare l’affanno legato allo
spostamento, che si traduceva in puntuali sfuriate tra mio padre e
mia madre durante gli ultimi concitati preparativi, ma che poi
evaporava nella spensieratezza vacanziera di sempre.
Raggiunta l’indipendenza, ho sfidato l’abitudine materna
preparando la valigia poco prima di me ermi in viaggio e
comprando le ultime cose in aeroporto. E così è stato fino a… non so
esa amente quando. Ma poco prima di partire per la Croazia,
entrando nella stanza delle bambine per poggiare sul le o la pila
degli slip appena comprati e lavati, e vedendo meticolosamente
organizzati costumi, maglie e e asciugamani, mi è tornato in mente
il rito della valigia di mia madre. Non solo lo stavo replicando, ma
l’ho ulteriormente perfezionato con un’app sul cellulare dove creo
elenchi che spunto via via che i preparativi procedono.
Probabilmente ho cominciato a farlo quando la loro estate è
diventata una tournée con un rigido calendario di partenze, arrivi e
lavatrici no urne. O forse la prima volta in cui ho realizzato che
avremmo dovuto comprimere i bisogni di qua ro persone in due
soli zaini. E così come la brevità nella scri ura esige più tempo e
cura della lunghezza, un bagaglio piccolo richiede tanta
preparazione in più.
La mia non è ansia, credo, ma esercizio più o meno efficace
dell’arte del viaggiare leggeri.
Eppure, ancora una volta, è lì che torno. Quanto più mi sembra di
essermi allontanata dal modo di pensare e di vivere di mia madre,
dal suo senso delle priorità e dagli agenti della sua ansia, tanto più
mi riscopro ad avvicinarmi a lei, come in un labirinto dove fai tanta
strada per poi accorgerti di essere al punto di partenza.
Ora che sono madre, scoprire in me pezzi di mia madre mi regala
l’illusione del progresso. Che tu i i miei errori, le mie scoperte, i
miei punti di arrivo non vadano perduti, ma che qualcuno, le mie
f
iglie, possano ripartire da lì per andare oltre.1
1. Lo psicanalista Massimo Recalcati scrive: “Il tragi o del figlio giusto non è forse
sempre – seppur in forme diversissime – un ritorno alla propria matrice, alla
propria origine? Compiere il proprio viaggio riconoscendo che, alla fine del suo
percorso, la meta raggiunta – anche la più lontana, la più straniera – porta
sempre con sé delle tracce della nostra prima lingua? (…) Il segreto del figlio
non si svela come un diventare quello che si è da sempre stati?” (Massimo
Recalcati, Il segreto del figlio – Da Edipo al figlio ritrovato, Feltrinelli, Milano 2017,
p. 120).
2
Fuori la pianura e l’autostrada, che sfumano l’una nell’altra nella
calura estiva. Dentro la voce di Bianca Pi orno che legge il suo
capolavoro Streghe a mia. Non avevamo ancora imboccato
l’autostrada che le due passeggere hanno reclamato l’unico rimedio
in grado di rendere sopportabile la lunga traversata in auto da
Milano a Fiume: un audiolibro.
Solo due ore prima, davanti al cancello di casa, Lui ci ha salutato
con uno sguardo a metà tra orgoglio e rimpianto. E con una lista di
raccomandazioni.
Primo: visitare il museo del vetro antico di Zara, che conserva
reperti di grande valore.
Secondo: fare snorkeling e fotografare tu o ciò che avvistiamo
so ’acqua.
Terzo: salire sul campanile della Ca edrale di Spalato e guardare
il golfo da lassù.
Pur non venendo, ha studiato un possibile itinerario. Esa amente
come fa suo padre tu e le volte che partiamo per le nostre avventure
in giro per il mondo: ci segue su atlanti ed enciclopedie. E al ritorno
ci interroga, neanche fosse un esperto di archeologia peruviana o
buddhismo tibetano.
Nessuna raccomandazione di prudenza da parte di Lui, solo il
mandato di essere i suoi occhi. Sorrido a pensarci. Avrei fa o lo
stesso fossi stata al suo posto? O avrei studiato il tragi o con il filtro
dei pericoli e mi sarei profusa in un lungo elenco di cose da non
fare?
3
Bianca Pi orno racconta del disgustoso Asdrubale Tirinnanzi, avido
e senza cuore, che rapisce la bellissima Sibilla e le chiede di sposarlo.
“Ma ho solo 14 anni” risponde lei. “Devo finire la scuola. Mi
voglio laureare in archeologia spaziale…”
“Sciocchezze!” le risponde Asdrubale. “Le ragazze non devono
perdere tempo con lo studio! Devono solo pensare a sposarsi al più
presto. Possibilmente con un giovano o molto ricco. Come me.”
«Mamma, puoi fermare?» sento urlare dal retro dell’auto. La
Seienne reclama il time out per comunicarci che anche lei sa che non
è così, che Asdrubale dice sciocchezze. E che è vero tu o il contrario.
Le donne non sono fa e per sposarsi ma per studiare e lavorare.
Questa lezione l’avete già imparata. È bastato essere figlie della
vostra epoca, nate in questo spicchio di mondo e cresciute in una
famiglia come la nostra. Ma come faccio a spiegarvi che non è stato
sempre così? Che c’è stato un tempo in cui l’obie ivo che la famiglia
poneva a una donna era solo un buon matrimonio; che la le ura, la
musica, l’arte andavano coltivate solo affinché la donna risultasse più
desiderabile e conquistasse un buon partito; che in forme più so ili,
e con i necessari aggiornamenti, questo pensiero è ancora vivo in
una parte della nostra società; e che negandogli ci adinanza, senza
tentare di comprenderlo, si rischia di restarne vi ime. La lezione
numero cinque è che non dovete mai dare per scontata nessuna conquista
o enuta dalle donne. La storia insegna che la retromarcia è in agguato,
che nessun progresso è al sicuro finché ciascun beneficiario non se ne
fa strenuo difensore pur riconoscendo, in se stesso, la pulsione a
tornare indietro.
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