Un letto per due – Beth O’Leary

SINTESI DEL LIBRO:
Un vantaggio la disperazione ce l’ha: ti apre la mente.
Giuro che riesco a vedere qualche lato positivo in questo
appartamento. La muffa in Technicolor sulla parete della cucina si
potrà sfregare via, almeno a breve termine. Il materasso lercio potrà
essere sostituito senza spendere una fortuna. E nessuno può negare
che i funghi che crescono dietro al water conferiscano al locale
un’atmosfera bucolica, quasi boschiva.
Gerty e Mo, invece, non sono disperati, e non si sforzano di
pensare positivo. Descriverei le loro espressioni come “inorridite”.
«Non puoi vivere in questo buco.»
Questa è Gerty. Ha gli stivali col tacco stre i uno contro l’altro e i
gomiti a accati al corpo, come se volesse occupare il minor spazio
possibile in segno di protesta per il fa o stesso di trovarsi qui. I suoi
capelli sono raccolti in una crocchia bassa, già fissata con le forcine,
così può farci scivolare sopra la parrucca da avvocato che indossa in
tribunale. La sua espressione sarebbe comica se non fosse la mia vita
quella di cui si sta parlando.
«Deve pur esserci qualcos’altro in questa fascia di prezzo, Tiff»
commenta Mo preoccupato, raddrizzandosi dopo aver esaminato
l’armadie o dello scaldabagno. Sembra persino più trasandato del
solito, anche grazie alla ragnatela che gli pende dalla barba. «È
ancora peggio di quello che abbiamo visto ieri sera.»
Cerco con gli occhi l’agente immobiliare; per fortuna non può
sentirci, sta fumando sul “balcone” (il te o semisfondato del garage
del vicino, sicuramente non proge ato per camminarci sopra).
«Non intendo visitare un’altra di queste topaie» dice Gerty,
guardando l’orologio. Sono le o o del ma ino: per le nove
dev’essere in aula. «Dovrà pur esserci un’alternativa.»
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«Forse potrebbe venire a stare da noi?» propone Mo, per la quinta
volta circa da sabato.
«Per favore, puoi piantarla con questa storia?» sbo a Gerty. «Non
sarebbe una soluzione a lungo termine. E poi non c’è spazio,
dovrebbe dormire in piedi.» Mi lancia uno sguardo esasperato. «Non
potevi essere più bassa, eh? Se fossi stata meno di uno e
se antacinque, avremmo potuto ficcarti so o il tavolo da pranzo.»
Assumo un’espressione contrita, ma in realtà preferirei stare qui
che sul pavimento del minuscolo, costosissimo appartamento in cui
hanno investito Mo e Gerty il mese scorso. Non avevano mai vissuto
insieme prima, nemmeno quando andavamo all’università. Ho
paura che potrebbe essere la fine della loro amicizia. Mo è
disordinato, distra o e ha l’inquietante capacità di occupare una
porzione gigante della stanza pur essendo relativamente minuto.
Gerty, al contrario, ha passato gli ultimi tre anni a vivere in un
appartamento innaturalmente immacolato, tanto perfe o da
sembrare un rendering. Non ho idea di come i loro stili di vita
possano combaciare senza far esplodere il centro di Londra.
Il problema principale, però, è che se mi tocca prendere in prestito
il pavimento di qualcuno tanto varrebbe restare a casa di Justin.
Opzione che, alle undici di sera di giovedì scorso, ho ufficialmente
deciso di non poter più tenere aperta. Ho bisogno di andare avanti, e
devo prendere un impegno che mi impedisca di tornare indietro.
Mo si gra a la fronte, sprofondando nel sudicio divano di pelle.
«Tiff, potrei prestarti un po’ di…»
«Non voglio che mi presti niente» lo interrompo con tono più
acido di quanto vorrei. «Sentite, ho davvero bisogno di risolvere la
cosa questa se imana. O questo o l’appartamento condiviso.»
«Il le o condiviso, vorrai dire» so olinea Gerty. «Posso chiederti
perché proprio adesso? Non che non mi faccia piacere. Solo che poco
fa stavi incollata a quell’appartamento nella speranza che colui-che
non-deve-essere-nominato desse segni di vita.»
Ho un sussulto per la sorpresa. Non per quello che ha de o: a Mo
e Gerty Justin non è mai andato giù, e so che non sono contenti che
io viva ancora nel suo appartamento, anche se lui non c’è quasi mai.
La cosa insolita è che ne parli apertamente. Da quando l’ultima cena
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pacificatrice tra noi qua ro è finita in una rissa furiosa, ho rinunciato
a cercare l’armonia e ho semplicemente smesso di parlare di lui con
Gerty e Mo. Le vecchie abitudini sono dure a morire: anche dopo che
ci siamo lasciati abbiamo tu i evitato di nominarlo.
«E poi perché deve costare così poco?» continua Gerty ignorando
lo sguardo ammonitore di Mo. «So che ti pagano una miseria, però,
Tiffy, qua rocento al mese è una cifra impossibile per Londra. Ci hai
pensato a questa cosa? Ci hai rifle uto bene?»
Deglutisco. Sento che Mo mi sta fissando. Ecco il guaio di avere
uno psicologo come amico: Mo è praticamente un le ore di pensieri
accreditato, e a quanto pare non disinnesca mai i suoi superpoteri.
«Tiff?» dice con delicatezza.
Oh, santo cielo, devo farglielo vedere. Non c’è altro modo. Una
volta per tu e, è la cosa migliore: come togliersi un cero o, entrare
nell’acqua fredda o dire a mia madre che ho ro o chissà che
soprammobile sul casse one del soggiorno.
Prendo il telefono e apro il messaggio su Facebook.
Tiffy,
sono molto contrariato per il tuo comportamento di ieri sera. Era del
tutto fuori luogo. Quello è il mio appartamento, Tiffy: posso andare e
venire quando voglio, e con chi voglio.
Mi sarei aspettato che fossi più riconoscente perché ti ho lasciato
restare. So che la fine della nostra storia è stata difficile per te: so che
non sei pronta per andartene. Ma se pensi che questo significhi che
puoi iniziare a cercare di “stabilire qualche regola”, allora è il
momento che mi paghi i tre mesi di affitto. E dovrai pagarmi l’affitto
intero anche in futuro. Patricia dice che ti stai approfittando di me,
perché vivi a casa mia praticamente gratis, e anche se con lei ti ho
sempre difeso, dopo la scenata di ieri non posso fare a meno di
pensare che forse ha ragione.
Justin XX
Mi si contorce lo stomaco quando rileggo quella frase, “ti stai
approfi ando di me”, perché non è mai stata questa la mia
intenzione. È solo che non avevo capito che stavolta, quando mi ha
lasciato, faceva sul serio.
Mo finisce di leggere per primo. «Ha fa o un’altra “capatina”
giovedì? Con Patricia?»
Distolgo lo sguardo. «Non ha tu i i torti. È stato davvero gentile a
farmi restare per così tanto tempo.»
«Strano» dice Gerty, cupa. «Ho sempre avuto la ne a impressione
che gli piacesse tenerti là dentro.»
Lo fa suonare perverso, ma in qualche modo ho la stessa
impressione anch’io. Finché rimango nell’appartamento di Justin, la
storia non sarà davvero chiusa. In fondo tu e le altre volte ha finito
per tornare da me. Però… giovedì ho incontrato Patricia. La donna
molto reale, incredibilmente a raente, persino abbastanza gentile
per cui Justin mi ha lasciato. Prima non c’era mai stata un’altra
donna.
Mo mi prende una mano, Gerty l’altra. Rimaniamo così,
ignorando l’agente immobiliare che fuma fuori dalla finestra, e per
un a imo mi concedo di piangere, solo un grosso lacrimone per
guancia.
«Comunque» dico vivacemente, staccando le mani per asciugarmi
gli occhi «devo per forza traslocare. Subito. Anche se volessi restare
e rischiare che lui porti di nuovo Patricia, non posso perme ermi
l’affio, e devo a Justin un sacco di soldi, ma non voglio
assolutamente chiedere prestiti a nessuno, sono stufa marcia di non
pagarmi le cose da sola, a essere sincera, quindi… sì. Questo o la
condivisione.»
Mo e Gerty si scambiano un’occhiata. Gerty chiude gli occhi,
rassegnata.
«Be’, mi sembra evidente che non puoi vivere qui.» Apre gli occhi
e tende la mano. «Fammi rileggere l’annuncio.»
Le porgo il telefono, passando dalla schermata del messaggio di
Justin a quella dell’annuncio per la condivisione su Gumtree.
Stanza doppia in luminoso monolocale a Stockwell, affitto 350
sterline al mese, spese comprese. Disponibile da subito, per un
minimo di sei mesi.
L’appartamento (e la camera/letto) è da condividere con una
persona di 27 anni che lavora in una clinica di cure palliative la notte
e nei fine settimana è sempre via. Occuperò l’appartamento solo
dalle 9 del mattino alle 6 del pomeriggio nei giorni feriali. Il resto del
tempo sarà tutto vostro! Perfetto per qualcuno che lavora in ufficio.
Per vederlo, contattare L. Twomey al numero qui sotto.
«Non si tra a solo di condividere un appartamento, Tiff, ma di
condividere un le o. Condividere un le o è davvero strano» dice
Mo preoccupato.
«E se L. Twomey fosse un uomo?» chiede Gerty.
Questa me la sono preparata. «Non importa» dico con
nonchalance. «Non saremo mai a le o nello stesso momento, e
nemmeno nell’appartamento, se è per questo.»
Una scusa penosamente simile a quella che avevo usato per
giustificare la mia permanenza a casa di Justin il mese scorso, ma
sorvoliamo.
«Dormiresti nel suo le o, Tiffany!» dice Gerty. «Tu i sanno che la
regola numero uno della condivisione è non finire nel le o del tuo
coinquilino.»
«Non mi pare la stessa cosa» replico esasperata. «Sai, Gerty,
quando la gente dice “finire a le o” in realtà intende…»
Gerty mi lancia una lunga occhiata impassibile. «Sì, grazie,
Tiffany.»
La risatina di Mo si interrompe bruscamente quando Gerty punta
su di lui il suo sguardo truce. «Io penso che la regola numero uno
della condivisione sia assicurarsi di andare d’accordo con il tuo
coinquilino prima di trasferirsi» dice lui, reindirizzando con astuzia
lo sguardo truce su di me. «Sopra u o in circostanze di questo tipo.»
«È ovvio che prima incontrerò di persona questo L. Twomey. Se
non andremo d’accordo, non prenderò l’appartamento.»
Dopo un a imo, Mo annuisce e mi strizza la spalla. Poi
sprofondiamo tu i nel genere di silenzio che cala dopo che hai
parlato di qualcosa di problematico: un po’ di riconoscenza perché è
f
inita, un po’ di sollievo per avercela fa a in qualche modo.
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