Tor e gli gnomi – Thomas Lavachery

SINTESI DEL LIBRO:
Questa domenica, con mio padre e zio Einar, peschiamo all’ombra di un
grande pino. Passa un’ora, poi un’altra. I pesci si rifiutano di abboccare.
Papà ed Einar si guardano con la coda dell’occhio, e il fumo che esce dalle
loro pipe diventa sempre più grigio.
«Chiappe d’orso!» impreca papà.
«Faccia d’alce!» mugugna zio Einar.
Di ritorno a casa, la sera, siamo delusi e depressi a tal punto da aver perso
l’appetito. Mamma si preoccupa per noi. Va a prendere le marionette e ci
fa uno spettacolino, tanto per svagarci.
La rappresentazione mette in scena il Lupo e la Contadina che si
contendono un vaso pieno di zucchero. Mamma ha talento, i suoi
personaggi sembrano vivi. È davvero carino, da parte sua, tentare di
distrarci; solo che non ci riesce.
Mentre lei ripone le marionette, papà manda giù lunghe sorsate di birra al
miele.
«C’è una sola spiegazione» dichiara alzandosi dalla sedia, come spinto da
una molla. «Inutile continuare ad arrovellarsi…»
Si accarezza la barba, lentamente.
«Sì, sì. Non c’è altra spiegazione. C’è un farfajoll nel lago!»
«Un cosa?» dico io, incuriosito.
«Un farfajoll. Uno gnomo dei laghi e dei fiumi che si diverte a impedire ai
pesci di abboccare all’amo»
«Che… che possiamo fare?»
«Farlo fuori» risponde papà stringendo i pugni.
L’indomani, papà e zio Einar partono all’alba per la montagna. Tornano a
mezzogiorno con una saccoccia piena di quei trifogli neri coi quali si
preparano i rimedi per dormire. Il nostro vicino Glamr, il guaritore, li dà
ai suoi pazienti prima di cavar loro un dente.
Papà sminuzza i trifogli e li butta in un intruglio composto di olio di foca,
miele e burro rancido. La miscela viene fatta cuocere per il resto della
giornata e per tutta la notte.
Al mattino, la pentola di mamma contiene una sorta di melassa dal
profumo abbastanza gradevole. Papà la versa in una bottiglia che
portiamo al lago assieme alle canne da pesca, a un retino e a un fucile.
È una giornata meravigliosa, il sole lancia i suoi raggi obliqui e gli uccelli
cantano a ogni altezza degli alberi. Zio Einar getta la lenza per primo, con
abilità: fzzzzzzz!
Papà si china verso di me.
«Mettiamoci a pescare come se nulla fosse» dice. «Il farfajoll arriverà per
mettere in fuga i pesci, e allora…»
«E allora?»
«Vedrai».
Nessuno di noi acchiappa alcunché. Dopo un tempo che mi sembra
interminabile, papà ed Einar si scambiano uno sguardo d’intesa. L’uno
prende la bottiglia di melassa, l’altro imbraccia il fucile. Io mi chiedo
davvero che cosa sta per succedere.
«Adesso tocca a te, trifoglio nero» sussurra papà. «Rumbolì, rumbolà, fa’
così ed ecco qua!»
Poi lancia la bottiglia in aria, molto in alto. Einar prende accuratamente la
mira e spara – BANG! – facendo esplodere il vetro. Una pioggia di
frammenti cade nel lago e l’acqua si tinge di nero, un po’ come se una
creatura del fondale avesse smosso la fanghiglia.
Gli uccelli non cantano più. Zio Einar accende la pipa di papà, papà
accende il tabacco di Einar: è il loro modo di congratularsi a vicenda.
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