Testamento di un anticomunista – Dalla Resistenza al golpe bianco – storia di un italiano – Aldo Cazzullo

SINTESI DEL LIBRO:
Scusi, che cosa ci fanno tu e queste statue di Buddha in
casa sua?
EDGARDO 1967 al ’69. Le ho comprate a Pagan per pochi dollari.
Questo è il pezzo più raro: raffigura un Buddha dai tra i negroidi.
L’ho avuto in cambio di una penna d’oro. Ma perché la colpiscono
tanto?
Be’, siamo nel quartiere più torinese di Torino, algidi palazzi umbertini, vie
squadrate, neppure una pane eria. Anche la sua casa, a parte i Buddha, è
un po’ severa…
È rimasta più o meno la stessa di quando ci sono nato, il 29
dicembre 1915, primo inverno di guerra.
E i passaggi segreti di cui si favoleggia, dove sono?
A suo tempo glieli mostrerò.
Questi ritra i di nobili imparruccati sono dei suoi avi?
Alcuni sì. Avevo anche una serie di busti di marmo dei miei
antenati, ma un’impresa di pulizie li fece sparire.
Tu i fedelissimi dei Savoia, ovviamente.
Ovviamente. Anche se di piccola nobiltà terriera, ostili ai torinesi
che si scaldavano al sole della corte. Loro rispondevano alla
chiamata alle armi e poi tornavano ai campicelli, nel Biellese. Un
Sogno Rata del Vallino cadde sugli spalti della Ci adella, sulle cui
rovine è costruita questa casa, durante l’assedio di Torino del 1706,
quello di Pietro Micca. Mio prozio materno, fratello di mio nonno,
era Giovanni Pia i, che partecipò alla spedizione in Crimea e
comba é valorosamente a San Martino.
Ufficiale di cavalleria, come lei?
No, dei granatieri. La sua giubba passata da parte a parte da un
proie ile austriaco è custodita nella Torre della ba aglia.
Caduto il 24 giugno 1859, quindi?
Macché. Era una pellaccia. Si salvò, e partecipò come maggiore
alla repressione del brigantaggio. Fu anche decorato con la medaglia
d’argento per aver fa o prigioniero un gruppo di briganti, come
venivano chiamati gli uomini che, visti con gli occhi del Sud, erano
in realtà patrioti borbonici.
Dopo che Torino aveva perduto lo status di capitale politica, ci fu un
tentativo, in un primo tempo fallito, di farne la capitale economica. La sua
famiglia vi prese parte?
Sia i Pia i, sia i Sogno divennero costru ori. Un nostro cugino,
l’archite o Mazzucche i, disegnò la stazione di Porta Nuova a
Torino e la stazione Principe a Genova. Mio nonno paterno Andrea
costruì questa casa e vi portò la famiglia. Strana famiglia. Il nonno
era un laico positivista, che citava di continuo Ardigò. Mio padre
Adolfo era invece molto religioso, più di mia madre Laura, donna
pragmatica. Papà era terziario francescano. Prima di sposarsi
spendeva due terzi del suo reddito in beneficenza. Fondò il Comitato
difesa dei fanciulli insieme con un amico, il giudice Pola Falle i, un
antilombrosiano convinto che nove criminali su dieci erano stati
ragazzi poveri e abbandonati. Non contento, papà fondò anche,
insieme con la zia Amalia, il ricovero «Pro infantia derelicta», aperto
ancora adesso. Era impegnato nella «Cucina malati poveri», negli
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Artigianelli, nella «Protezione della giovane» ed era vicepresidente
della San Vincenzo. Quand’ero ragazzo mi mandava a portare aiuti
ai poveri a Lucento, che allora era campagna. Non soldi, che il
capofamiglia avrebbe speso all’osteria, ma buoni per il pane e per il
la e, che venivano poi rimborsati ai commercianti da papà.
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