Mio caro Neanderthal. Trecentomila anni di storia dei nostri fratelli – Silvana Condemi

SINTESI DEL LIBRO:
Il Neandertal, figlio dell’Europa e del freddo
«Sapiente [è] il tempo, perché tutto rivela».
Talete di Mileto
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Lei ha i capelli rossi e gli occhi verdi. La chiamiamo
«Fidanzata rossa» perché è grande abbastanza per avere un
compagno. Ha freddo. Accoccolata davanti al fuoco che non
sembra riscaldare il rifugio di pelli e di rami, cerca di distrarsi
ascoltando gli ululati della bufera, quando, all’improvviso,
sente un rumore di passi. Raggelata, non più per il freddo ma
per la paura, afferra in silenzio il suo spiedo e solleva piano una
pelle per sbirciare fuori. In mezzo ai fiocchi di neve intravede
un orso delle caverne. Che ci fa lì?, si domanda, perché sa che
in pieno inverno l’orso dovrebbe dormire. Ha già addosso i suoi
stivali e sta per scattare fuori e scappare verso il fiume, quando
l’orso all’improvviso si trasforma in un giovane sorridente,
ricoperto di sangue, che danza su una pelliccia.
«Fidanzato del nord» è tornato tutto intero. E ha ucciso un
orso, da solo!
I giovani neandertaliani immaginari che evochiamo in queste
pagine avrebbero potuto vivere durante il periodo glaciale che,
circa cinquantamila anni fa, investì l’Europa di un freddo
intenso. Noi li immaginiamo accampati nella foresta, quella che
oggi circonda Vergisson, vicino a Mâcon. Lì si trovano dei siti
neandertaliani che uno di noi due – Silvana – studia. È dentro
una delle tante grotte di questa regione che Fidanzato del nord
Figura 1.1
In Europa si sono susseguiti periodi glaciali e interglaciali. In alto, il disegno
illustra la zona della grotta neandertaliana di Goyet, in Belgio, durante una fase
glaciale in estate, perché d’inverno la zona era ricoperta da uno spesso strato di
neve; in basso, gli stessi luoghi all’inizio di un periodo interglaciale, quando si
riforma la foresta a galleria.
sorprese un orso delle caverne in letargo e lo uccise per la
sua preziosa pelliccia. Appartenenti a due clan vicini, Fidanzata
rossa e Fidanzato del nord seguivano un’ipotetica (ma
verosimile) tradizione neandertaliana: una volta prossimi all’età
adulta, i giovani neandertaliani erano liberi di andare e venire
da un clan all’altro, e di accoppiarsi per una stagione con le
«fidanzate» dei clan vicini, quando c’erano dei clan vicini. I loro
figli, con un patrimonio genetico misto, venivano protetti dai
clan, di cui accrescevano la vitalità. Anche gli animali selvatici
che vivono in branchi, come i lupi, hanno dei comportamenti
riproduttivi che favoriscono il flusso genico tra clan. Chissà,
forse succedeva lo stesso tra i neandertaliani.
In ogni caso, la difficoltà di riprodursi non era il principale
problema del Neandertal. Il suo peggior nemico, contro cui
doveva combattere giorno e notte proprio come Fidanzata
rossa, era senza dubbio il freddo. Se potessimo osservare le
tecniche di sopravvivenza usate dai neandertaliani per
proteggersi dal freddo, resteremmo sorpresi, e avremmo
sicuramente molto da imparare. L’abilità tecnica da sola però
non basta a spiegare la loro resistenza ai climi rigidi: il loro
corpo doveva essersi adattato per conservare il calore interno.
È chiaro che i neandertaliani sopportavano molto meglio il
freddo dei nostri antenati, i primi sapiens usciti dall’Africa.
La prova? Quando i nostri antenati incontrarono per la prima
volta i neandertaliani, nel Vicino Oriente,
2 invece di dirigersi
verso il continente che tendeva loro le braccia – l’Europa –,
puntarono dritti verso est. Dopo essere penetrati in Asia,
3
raggiunsero l’Australia prima di deviare verso nord, tanto che
impiegarono più tempo a percorrere i cinquemila chilometri
che li separavano dall’Europa che a coprire i quindicimila
chilometri di deserti, foreste, montagne, pianure e mari che li
separavano dal continente australiano.
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