Noi 2 per caso – Marta Arvati

SINTESI DEL LIBRO:
Fortunatamente la sede della rivista per cui lavoro, “Just in life”,
si trova qui a Downtown, nei pressi del Fashion District, non lontano
da dove abito. Questo è il cuore pulsante di Los Angeles, il centro
storico e amministrativo della città, il cui panorama metropolitano è
costituito da grattacieli altissimi, negozi di ogni sorta, società
multinazionali, opere d’arte pubbliche e grandi impianti sportivi.
Amo la mia città, ma odio il traffico e mi piace camminare, per
questo vado al lavoro a piedi. Peccato che oggi mi toccherà correre,
e con queste scarpe non è certo un’impresa facile. Non potrei
prendere l’auto nemmeno se volessi: è dal meccanico. E i mezzi
pubblici, non ha senso usarli per un tratto così breve, alla fine
impiegherei lo stesso tempo, perciò tanto vale mettersi in marcia.
Di solito in una ventina di minuti arrivo a destinazione, ma oggi
devo accorciare i tempi, possibilmente evitando di rendermi
impresentabile.
Mi guardo intorno e la mia attenzione si sofferma sul cantiere al
lato opposto della strada. L’hanno aperto da pochi giorni. Stanno
ristrutturando un vecchio edificio, una parte dovrebbero abbatterla, il
resto immagino vogliano recuperarlo. Molte costruzioni storiche
ultimamente stanno subendo trasformazioni radicali in questa zona.
Ora, dunque, se mi intrufolo lì dentro ridurrò di gran lunga il mio
ritardo, tagliando un intero isolato. Devo solo evitare di farmi
scoprire.
Attraverso di corsa non appena scatta il verde e cammino a
passo spedito finché non trovo un’apertura nelle barriere protettive
del cantiere. Gli operai sono impegnati, li intravedo sull’impalcatura.
Sgattaiolo guardinga tra macchinari e materiale edile, e quando
scorgo l’altro lato del perimetro della recinzione già mi sento più
sollevata.
È quasi fatta!
Ma questa è la mia giornata maledetta, non posso dimenticarlo, e
a ricordarmelo ci pensa un oggetto non ben identificato che piove
dall’alto e mi sbarra il cammino, schivandomi per pochi centimetri.
Mentre il cuore mi balza in gola per lo spavento, una nuvola di
polvere bianca mi avvolge. Chiudo istintivamente gli occhi e inizio a
tossire, indietreggiando fino a quando non incontro un ostacolo e
sento la mia schiena scontrarsi con qualcosa… o meglio, qualcuno.
«Si può sapere cosa ci fa lei qui?».
Mi scosto immediatamente e mi volto di scatto nell’udire una
voce maschile rimproverarmi con durezza. Mi trovo di fronte un
uomo dall’espressione minacciosa, con addosso una camicia di
jeans, scarpe e pantaloni da lavoro e in testa un elmetto giallo.
«Tutto bene?» chiede qualcuno dall’alto.
«Sì, per fortuna» risponde il tizio che ho davanti, rivolgendosi a
un operaio sportosi da una finestra sopra di noi. «A quanto pare
abbiamo visite» aggiunge con una certa strafottenza, spostando lo
sguardo su di me.
Le sue iridi azzurre sembrano di ghiaccio e io mi sento trasalire.
Adesso come gli spiego cosa ci faccio qui? E se mi denunciasse?
Incrocia le braccia al petto e mi fissa con un sorrisetto sghembo,
tra il provocatorio e l’arrabbiato. Deglutisco a vuoto, cercando di
trovare una scappatoia. Forse l’unica soluzione è dire la verità.
«Allora?» mi domanda, togliendosi il casco protettivo e iniziando
a battere un tallone per terra. Si sta innervosendo.
E io, invece di scusarmi, parto all’attacco.
«Dovreste controllare meglio le barriere esterne, se non sono
sicure la gente potrebbe entrare e farsi male».
Clarisse, cosa stai dicendo?
«E i cartelli di divieto di accesso, non li ha visti?!» puntualizza lui
aggrottando le sopracciglia. «Rimediamo subito» dichiara
afferrandomi per un polso.
«Mi lasci! Come si permette?» mi ribello, liberandomi dalla sua
stretta.
«E lei come si è permessa di entrare qui?» mi aggredisce.
«Avevo fretta» rispondo, reggendo il suo sguardo torvo.
Si passa una mano tra i capelli. Alcune ciocche gli scivolano sulla
fronte corrugata.
«Aveva fretta, la signora» ripete sottovoce in tono canzonatorio.
Adesso si sta facendo davvero tardi, devo sbrigarmi. Stare qui a
discutere con questo tizio è solo una perdita di tempo.
«Mi scusi, ha ragione. Ora però devo andare» chiudo, voltandomi
e incamminandomi verso l’uscita.
Ma la maledizione del compleanno incombe.
Inavvertitamente inciampo in un sacco di cemento, ovvero
l’oggetto misterioso che prima mi è caduto davanti, e frano a terra.
Una risata sonora risuona alle mie spalle.
Sbuffo esasperata. Mi verrebbe da piangere. E mi sono fatta pure
male a un ginocchio.
Voglio solo che questa giornata finisca il prima possibile.
***
Julyan
Ma questa qui è veramente un disastro. Meglio se le do una
mano e me ne libero il prima possibile, o rischio di avere guai.
Certo che ha delle gran belle gambe. Nella caduta la gonna le è
praticamente arrivata sotto il sedere…
Ok, non è educato stare a fissarla in questo momento. E
nemmeno riderle dietro. Ma non ho resistito.
Mi chino accanto a lei, tornando serio.
«Si è fatta male?» le domando.
Ha gli occhi lucidi e un broncio buffissimo stampato in faccia.
«Non si ride quando una persona cade» precisa stizzita.
«E non si entra in un cantiere in piena attività» sottolineo,
rialzandomi e porgendole una mano.
Lei esita, ma poi accetta il mio aiuto. Quando è di nuovo in piedi
barcolla ed è costretta ad appoggiarsi a me per non crollare al suolo.
In un attimo però si riprende e si allontana, fissandomi quasi
schifata. Nemmeno fossi un appestato!
Abbassa la testa e solleva la gamba destra.
«Merda! Mi si è rotto un tacco» impreca a denti stretti,
controllando la scarpa.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo