L’età dello tsunami – Come sopravvivere a un figlio pre-adolescente – Alberto Pellai

SINTESI DEL LIBRO:
Non dimenticherò mai il mio primo giorno alle medie. Mia
madre mi aveva accompagnato nel grande cortile della
scuola, a duecento metri dalle elementari.
Non vedevo i miei ex compagni dall’inizio delle vacanze
estive e adesso me li ritrovavo tutti lì. Alcuni erano identici a
come li avevo lasciati. Altri erano completamente cambiati.
Sembravano persone diverse. Era come se l’estate che ci
aveva separati fosse entrata nei loro corpi con la forza di un
uragano. Apparivano più alti e snelli. Giorgio aveva il viso
pieno di foruncoli. E le ragazze! Si intravedevano nuove
forme sotto le magliette attillate. Ridevano fra loro,
raccontandosi a bassa voce cose che sembravano divertenti
ed eccitanti allo stesso tempo. Erano complici, condividevano
segreti e soprattutto si tenevano a distanza da noi maschi,
guardandoci dall’alto in basso.
A me non era successo niente di particolare in quei tre
mesi. Ero andato al mare insieme alla mia famiglia, come al
solito. Avevo ritrovato gli amici di ogni estate e giocato con
loro. Le gare con le biglie erano il nostro passatempo
preferito. Sì, una volta avevo ottenuto il permesso di nuotare
da solo fino alla boa, ma mamma era rimasta sul
bagnasciuga a guardarmi finché non ero tornato a riva. Nel
mio corpo nulla era cambiato. Tutto sembrava tacere. Ero
rimasto lo stesso di tre mesi prima. Tanti miei amici, invece, si
erano letteralmente trasformati. Io sarei mai diventato come
loro?
Forse state sorridendo, mentre vi torna in mente il vostro
primo giorno di scuola media. Di sicuro, però, leggendo
questo racconto avrete già ben chiaro di cosa e di chi
vogliamo parlare in questo libro: ci interessa indagare
insieme a voi il mondo della preadolescenza e i suoi abitanti.
Per semplicità, abbiamo deciso di far coincidere la
preadolescenza con i tre anni di frequenza della scuola
media o, per essere precisi, quella che oggi si chiama scuola
superiore di primo grado. Per entrare subito nello spirito
giusto, provate a ricordare come avete vissuto voi i due riti di
passaggio che decretano l’inizio e la fine di questa fase della
vita: il primo giorno di scuola media e la scelta della scuola
superiore, divenuta realtà quando, dopo gli esami di terza
media, avete visto il vostro nome affisso in bacheca, con
accanto la scritta «Promosso» e il voto ricevuto.
Scene dalla preadolescenza
Addio scuola media!
Ho appena letto il mio voto in bacheca e non ci posso
credere: è fatta! Adesso relax assoluto e poi si parte con una
nuova vita. Finalmente si va al liceo. Penso a qualche mese
fa, quando bisognava iscriversi alla scuola superiore e mia
madre sembrava impazzita. A casa avevano inviato un
volantino con gli indirizzi delle scuole della provincia e le date
degli open day per andare a visitarle e a chiedere
informazioni ai professori. Mi ricordo ancora lo sguardo di
mamma quando le ho messo tra le mani il foglio. Per me era
solo una lista di indirizzi e date, ma lei ha cambiato colore e
poi ha detto: «Ci siamo. Dobbiamo muoverci per non farci
trovare impreparati. Dalla scuola superiore che sceglierai
dipenderà tutta la tua vita. Non devi fare errori».
Sentirla parlare così mi mise un po’ di ansia, ma in fondo
me l’aspettavo che avrebbe reagito in questo modo: dopotutto
era mia madre, era normale che si preoccupasse. Quello che
non sapeva era che io avevo già deciso da tempo. E mi ero
informato bene.
Durante l’estate della seconda media avevo parlato con un
po’ di animatori del centro estivo. Avevo chiesto quali scuole
frequentassero, cosa gli piacesse della loro scuola e cosa no.
Poi, all’inizio della terza media, era venuto in classe uno
psicologo esperto di orientamento. Mi era molto piaciuto il
lavoro che aveva fatto con noi. Ci aveva dato da compilare
due test e quando aveva chiamato la mamma per incontrarla
e parlare dei risultati, mi ero presentato anch’io al colloquio.
Ero portato per lo studio, aveva detto, e in particolare per le
materie scientifiche. Il liceo scientifico sarebbe stata un’ottima
soluzione, nel mio caso. A quel punto, mia madre aveva
iniziato a tempestarlo di domande su quale fosse l’istituto
migliore in zona, quali indirizzi di studio proponesse ogni sede
e qualche consiglio per fare la scelta migliore. Lo psicologo
aveva sorriso, le aveva detto di stare tranquilla e magari di
partecipare agli open day per verificare di persona le offerte
delle varie scuole.
Io, però, nel frattempo mi ero portato avanti. C’erano due
persone che avrebbero fatto la differenza: Lucia e Roberto, i
miei migliori amici. Lucia forse mi piace anche un po’ (ma non
ho ancora avuto il coraggio dirglielo, e non sono nemmeno
sicuro che sia vero). Comunque, avevo parlato con loro.
Anche loro erano bravi nelle materie scientifiche e avrebbero
scelto il liceo scientifico. Avevamo deciso: ci saremmo iscritti
tutti alla stessa scuola, saremmo rimasti uniti. Quel
pomeriggio, avevamo stretto un patto speciale: nessun
genitore avrebbe potuto dividerci, facendoci cambiare idea.
Lucia aveva osservato che probabilmente sarebbe andata
nello stesso liceo di sua sorella: aveva già tutti i libri di testo e
suo padre non avrebbe potuto fare due viaggi per
accompagnarle al mattino. Il suo destino era segnato. E
anche il nostro, sebbene mia madre lo ignorasse.
Andai con lei a cinque open day differenti, per poi ritrovarmi
iscritto alla scuola superiore che avevo già scelto. E che tra
poco rappresenterà la mia nuova sfida.
Questi due momenti possono essere identificati come
parentesi che aprono e chiudono una specifica ed
effervescente fase della vita nella quale, per la maggior parte
dei ragazzi, si verifica una moltitudine di cambiamenti relativi
al corpo, al loro mondo interiore e alle relazioni sociali.
Inoltre, aspetto importante e che procura non poche ansie ai
genitori (che invece dovrebbero viverlo con orgoglio e
positività), si verifica anche lo sviluppo sessuale (almeno
nella maggior parte dei soggetti), con alcune piccole
differenze di genere. I dati dicono che nelle ragazze il primo
ciclo mestruale (menarca) compare tra gli otto e i tredici anni,
mentre nei ragazzi la prima emissione di sperma
(spermarca), per polluzione notturna o in seguito a
masturbazione, avviene tra i nove e i quattordici anni.1
Molte domande, poche risposte
In preadolescenza capita spesso che i ragazzi e le ragazze
non si sentano ancora né carne, né pesce: per loro e per chi
li circonda la fatica quotidiana è capire come ci si deve
comportare nelle diverse situazioni. Noi adulti dobbiamo
sostenere i giovani quando si trovano davanti a una scelta,
incoraggiarli a buttarsi nella nuova sfida che la decisione
comporta, a esplorare un territorio ignoto fino a quel
momento.
Quasi sempre, le domande che i nostri figli si trovano a
fronteggiare a quest’età non sono dubbi amletici sull’“essere
o non essere”, ma quesiti molto più urgenti e concreti: come
posso sopravvivere al primo giorno di scuola? Come mi devo
vestire per evitare che mi prendano in giro? Che cosa devo
fare per non essere preso di mira dai ragazzi più grandi?
È il tempo della concretezza, delle domande a breve
termine, del fare qualcosa prima ancora di domandarsi se sia
giusto o sbagliato. L’azione, più del pensiero, è la spada del
giovane guerriero che, reduce da un lunghissimo periodo di
addestramento protetto, ora per la prima volta affronta la
realtà da solo, o almeno prova a farlo. È finita l’infanzia, in
cui mamma e papà decidevano tutto: vestiti, gite, amici,
programma della festa di compleanno. È ora di complicarsi la
vita, e di complicarla un po’, di conseguenza, anche agli
adulti di riferimento, che nel grande caos creatosi spesso
vivono emozioni molto intense, condite da una certa dose di
preoccupazione. Ansia, paura, rabbia si alternano nella
mente del genitore con la stessa velocità e intensità con cui
si accendono nel figlio, in quella corsa sulle montagne russe
delle emozioni che spesso è la preadolescenza.
“Sarò in grado di reggere alle sue richieste e alle sue
intemperanze?” si domandano molte mamme e papà.
“Riusciremo a permettergli di crescere senza correre troppi
rischi, proteggendolo quando ce n’è bisogno, ma dandogli
anche la giusta dose di fiducia?”.
Non esiste risposta certa a queste domande. E anche
cercando in letteratura, tra i libri pubblicati per i genitori, non
è facile trovare risorse valide e facilmente reperibili. Davanti
a questa carenza di teorie, modelli e riferimenti validi, noi
genitori possiamo, però, affidarci a qualcosa che nessuno
potrà mai negarci: la nostra esperienza personale. Tutti noi
siamo stati preadolescenti, anche se adesso ci sembra che
sia passata un’eternità. Osservare un figlio che vive la stessa
transizione è un ottimo pretesto per rispolverare la
consapevolezza di cosa significhi provare a smettere di
essere un bambino e costruire un modo tutto nuovo di stare
al mondo.
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