La verità del nostro amore – Lexi Ryan

SINTESI DEL LIBRO:
«Dov’è?».
L’infermiera mi appoggia le mani sul petto prima che possa
superarla ed entrare nel reparto di terapia intensiva. «Adesso non la
può vedere».
«Cos’è successo? Se la caverà?». Dove cazzo è Colton? In che
razza di casino l’ha coinvolta? Perché non era lì con lei a
proteggerla?
«Si calmi, signore. Al momento non può fare niente».
«Per favore, mi faccia entrare».
Il suo sguardo è comprensivo. È più bassa di me di trenta
centimetri e peserà una cinquantina di chili bagnata: potrei
scansarla, ma immagino che gli addetti alla sicurezza alle sue spalle
avrebbero da ridire.
«Levi», mi chiama una voce familiare facendosi strada attraverso
il panico in cui sono immerso. Teagan mi afferra la spalla. Indossa il
camice da infermiera e ha gli occhi gonfi, il naso rosso e il mascara
colato.
«L’hai vista?», chiedo. Sono a pezzi da quando ho ricevuto la
chiamata, e riesco a sentire la mia voce rotta.
Lei scuote la testa. «Stavo lavorando di sopra quando l’ho
saputo».
Lasciando perdere l’infermiera del pronto soccorso, che non mi
ha dato alcuna informazione da quando sono arrivato, mi concentro
su Teagan. «Cos’è successo?».
Mi fa allontanare dal reparto e mi porta in un corridoio dietro gli
ascensori. «Non sappiamo ancora niente. I medici stanno facendo il
possibile per Ellie, ma la lotta sarà dura».
«Ma si riprenderà, vero? Ora la stanno aiutando». La sua
espressione – di angoscia e compassione – mi fa venire voglia di
prendere a pugni il muro. «Ti sbagli», sussurro. «Starà bene. Deve
stare bene».
«Lo spero». La voce le trema allungandosi su spero. Come se
avesse bisogno di un’altra sillaba, come se quella breve parola non
fosse abbastanza. «Carter ha detto che sembrava che casa sua
fosse stata saccheggiata», mi dice scuotendo la testa. «È una
fortuna che sia viva, Levi».
Sbatto le palpebre. «Non capisco. Chi è stato?»
«Non lo sappiamo. E adesso…». La sua espressione addolorata
parla più delle parole.
«Cos’è che non mi stai dicendo?».
Fa una smorfia e distoglie lo sguardo. «Il bambino. Hanno dovuto
rianimarla sul posto, il bambino era in pericolo e stavano perdendo
Ellie. Hanno cercato di salvarli entrambi, ma…».
Il bambino. Quelle parole mi crollano addosso come un macigno.
Il bambino che aveva una paura folle di avere, ma che era
determinata a proteggere. Il bambino per cui ha deciso di
allontanarmi e dare a Colton un’altra possibilità che non meritava.
Sarà distrutta. Se non l’ha uccisa l’aggressione, lo farà questa
notizia.
«Non è cosciente. Dobbiamo affrontare la situazione un passo
alla volta», dice Teagan. «Un’ora, un minuto dopo l’altro. I medici
stanno facendo il possibile per stabilizzarla. E il detective…». Sposta
lo sguardo oltre la mia spalla e mi giro per seguirlo, scorgendo nel
corridoio un uomo alto con l’espressione seria che viene verso di
noi. Conosco Ben Huxley da anni, ma vederlo qui, in questo
momento, mi fa stringere lo stomaco. Che cosa sta succedendo?
«Cosa ci fa lui qui?», chiedo piano. «Perché non sta cercando il
colpevole?».
Teagan distoglie lo sguardo. «Stanno cercando di trovare
Colton».
«Bene. Perché cavolo non è qui?»
«Non lo so». Stringe gli occhi e continua: «Ma temo pensino sia
stato lui a…».
No. Scuoto la testa e rivolgo l’attenzione al detective in fondo al
corridoio. «Colton è un cretino e un figlio di puttana, ma non farebbe
del male a Ellie. Non farebbe niente del genere».
Teagan mi stringe il braccio. «Parla con il detective. Il modo
migliore per aiutare Ellie, ora, è dire a Ben tutto quello che sai».
Ben fa un cenno con il mento. «Possiamo andare in caffetteria,
non c’è bisogno di allontanarsi».
Lancio un’ultima occhiata impotente alle mie spalle, verso la
terapia intensiva, prima di annuire. Non voglio andarmene, ma stare
qui senza fare niente mi farà impazzire. «Va bene».
Teagan mi dà di nuovo una stretta sul braccio. «Ti chiamo
appena so qualcosa, lo prometto».
«Grazie». Mi rivolgo al detective e gli porgo la mano. «Vorrei
poter dire che è un piacere vederti, Huxley, ma viste le
circostanze…».
Mi stringe la mano. «Concordo», borbotta. «Posso offrirti un
caffè?».
Annuisco e ci dirigiamo alla caffetteria. Il posto è arredato in
modo estremamente funzionale, con lunghi tavoli e panche sulla
sinistra del bancone con il cibo e fin troppe luci al neon, considerata
l’ora del mattino.
Ben mi porge una tazza dal self-service prima di prenderne una
per lui. «Quando sei arrivato?»
«Un paio di minuti fa, più o meno». Mi riempio la tazza con il
liquido marroncino del bricco con l’etichetta “caffè normale”. Al
momento mi servirebbe qualcosa di forte, ma questa roba sa di
acqua mischiata a qualche goccia di colorante marrone.
«Hai fatto presto», dice.
«La squadra di Carter è stata mandata a casa di Ellie». Ben sa
che mio fratello lavora nella caserma dei vigili del fuoco di Jackson
Harbor, quindi non devo spiegarmi. «Mi ha chiamato appena l’hanno
messa nelle mani dei medici».
Ben paga entrambi i caffè e lo seguo a un tavolo nell’angolo in
fondo. Quando ci sediamo, tira fuori un piccolo registratore. «Ti sta
bene se registro la conversazione?».
Lo fisso. «Dovrei chiamare un avvocato?»
«Te ne serve uno?», ribatte con un sopracciglio inarcato.
Scuoto la testa e faccio segno con la mano verso il registratore.
«Come vuoi, nessun problema. Registra quanto ti pare».
«Tu e la signorina Courdrey siete legati?»
«Ora fai finta di non sapere un cazzo della mia vita?».
Indica il registratore. «Per la registrazione».
Faccio un lungo sospiro. Delle nuvolette di vapore si alzano dalla
tazza e le guardo aggrovigliarsi prima di sparire nell’aria. «Sì. Siamo
amici».
«E il suo futuro marito, Colton McKinley… sei legato anche a
lui?».
Futuro marito. L’espressione mi fa ancora un certo effetto. In un
certo senso è come se Ellie avesse accettato il diamante da lui e me
l’avesse infilzato dritto nel cuore.
Sono legato a Colton? Un tempo era come un fratello. Siamo
cresciuti insieme, facevamo tutto insieme. Anche gli anni in cui ha
vissuto in Florida non ci hanno separati. L’unico a riu-scirci è stato lo
stesso Colton; le sue decisioni stupide, le sue merdosissime priorità,
la droga. «Siamo amici da tutta la vita».
«Colton è irascibile, vero?».
Alzo lo sguardo su Ben. Conosce Colton, e anche la risposta a
quella domanda. «Non le farebbe mai niente del genere, neanche in
una delle sue giornate peggiori».
«Forse ha avuto un raptus».
Scuoto la testa, anche se il dubbio mi attanaglia il petto, anche se
ripenso subito alla notte in cui lei si è presentata al Jackson Brews,
sotto la pioggia, con il sangue che le colava dal viso. Quella notte, il
mio primo impulso era stato pensare che Colton fosse strafatto e
l’avesse picchiata. Deglutisco. «Neanche in una delle sue giornate
peggiori».
«Nemmeno se avesse scoperto che andavi a letto con la sua
futura moglie?».
Apro la bocca per negare, ma quando vedo la mascella contratta
di Ben la richiudo. «Non l’ha mai tradito».
«Credi che anche lui la pensi così?»
«Non. È. Stato. Lui».
Ben si sporge in avanti, appoggia il mento sul pugno e resta in
attesa.
«Non lo farebbe mai», sussurro. E so che sembra stia cercando
di autoconvincermi.
Ethan ha l’aria impassibile quando compare in sala d’attesa. Mio
fratello fa il medico da anni, ma visto che non passo molto tempo in
ospedale non sono abituato a vederlo con il camice. Qualcosa, nel
trovarmelo davanti in veste così ufficiale, rende quest’incubo troppo
reale.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo