La ragazza di Brooklyn – Guillaume Musso

SINTESI DEL LIBRO:
Giovedì 1 settembre 2016
“Mia moglie si addormenta ogni
sera in sua compagnia, meno male
che non sono geloso!”
Felice della battuta, il tassista
parigino mi strizzò l’occhio,
ammiccando nello specchietto
retrovisore. Rallentò e mise la
freccia per lo svincolo che
agevolava l’uscita dall’aeroporto di
Orly.
“Bisogna dire che mia moglie ha
il cuore forte. Ho letto anch’io due o
tre dei suoi libri,” riprese lisciandosi
i baffi. “Va bene la suspense, ma è
davvero troppo dura per me. Quei
delitti a catena, quella continua
violenza... Con tutto il rispetto che le
devo, signor Barthélémy, trovo che
lei abbia una visione dell’umanità
piuttosto malsana. Se nella realtà
incontrassimo tutti i pervertiti che
s’incontrano nei suoi romanzi,
saremmo messi proprio male.”
Con gli occhi concentrati sullo
schermo del cellulare, mi comportai
come se non avessi sentito.
L’ultima cosa di cui avevo voglia
quel mattino era discutere di
letteratura o disquisire sullo stato del
mondo.
Erano le otto e dieci, avevo preso
il primo aereo per rientrare
d’urgenza a Parigi. Il telefono di
Anna rimandava direttamente alla
segreteria. Le avevo lasciato una
decina di messaggi, profondendomi
in scuse, raccontandole la mia
inquietudine e supplicandola di
richiamare.
Ero disorientato. Fino a quel
momento non avevamo mai litigato
sul serio.
La notte non avevo chiuso occhio,
passando tutto il tempo a cercarla.
Avevo cominciato recandomi al
posto di sorveglianza della proprietà,
dove il custode mi aveva informato
che, durante la mia assenza,
nell’area residenziale erano entrati
parecchi veicoli, tra cui la berlina di
un autonoleggio.
“L’autista mi ha detto di essere
stato chiamato dalla signora Anna
Becker, residente nella villa Les
Ondes. Ho contattato la signora con
l’interfono e lei mi ha confermato la
chiamata della vettura.”
“Come può essere sicuro che
fosse proprio di un autonoleggio?”
ho chiesto.
“Aveva il badge regolamentare
sul parabrezza.”
“E non ha nessuna idea del posto
dove ha potuto condurla?”
“Come potrei saperlo?”
Il conducente aveva portato Anna
all’aeroporto. Fu quello che dedussi
alcune ore dopo dal sito internet
dell’Air France. Inserendo le nostre
coordinate di viaggio – ero stato io a
comprare i biglietti –, scoprii che la
passeggera Anna Becker aveva
cambiato il biglietto di ritorno per
prendere l’ultimo volo giornaliero
Nizza-Parigi. Previsto per le 21.20,
l’aereo era partito solo alle 23.45
causa un duplice problema: i ritardi
legati al ritorno dalle vacanze e un
blocco del sistema informatico che
aveva tenuto inchiodati a terra per
oltre un’ora tutti i voli della
compagnia.
La scoperta mi rasserenò un poco.
Anna era sufficientemente in collera
con me per mandare in pezzi un
tavolino di vetro e anticipare il
ritorno a Parigi, ma, perlomeno, era
sana e salva.
Il taxi lasciò l’autostrada e i suoi
tunnel tristi e tappezzati di graffiti
per incanalarsi lungo le strade di
periferia. Già denso, il traffico
rallentò a porte d’Orléans per poi
bloccarsi del tutto. Le auto
procedevano a passo d’uomo,
immobilizzate tra i gas nerastri e
oleosi emessi dai motori dei camion
e degli autobus. Tirai su il finestrino.
Ossido d’azoto, particelle
cancerogene, concerto di clacson,
insulti. PARIGI...
Il mio primo istinto era stato
quello di chiedere al tassista di
portarmi a Montrouge, dove Anna,
anche se nel corso delle ultime
settimane avevamo cominciato a
vivere insieme, aveva tenuto il suo
appartamento, un bilocale situato in
un palazzo moderno dell’avenue
Aristide Briand. Era legata a quel
posto dove aveva lasciato buona
parte delle sue cose. Speravo che,
essendo in collera con me, avesse
fatto ritorno lì.
Il taxi fece un mezzo giro
interminabile attorno alla rotatoria
della Vache Noire per poi tornare
indietro.
“Eccoci arrivati, signor scrittore,”
mi annunciò l’autista fermandosi
lungo il marciapiede davanti a un
palazzo di recente costruzione ma
privo di qualsiasi fascino.
Tondo e tarchiato di corporatura,
calvo, sguardo circospetto e labbra
sottili, l’uomo aveva la voce del
personaggio di Raoul Volfoni nel
film In famiglia si spara.
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