La morte non mente mai – Ed James

SINTESI DEL LIBRO:
Bob Rutherford fece un passo indietro per dare un’ultima occhiata
al suo lavoro. In un punto adesso mancava l’edera, ma a parte
questo nessuno sarebbe stato in grado di dire qual era la parte del
muretto di ardesia che aveva aggiustato nelle ultime due ore. Le
pietre sottili, impilate con cura, seguivano la strada che serpeggiava
verso il paese.
Il rombo di un motore alle sue spalle. Troppo veloce per una
stradina di campagna.
Bob si schiacciò contro il suo furgone. Il SUV scuro sollevò una
nube di foglie e puzza di diesel, poi sparì al di là della curva e si
perse tra gli alberi.
Mi ha mancato per un pelo!
Che idiota.
Bob si mise al volante e girò la chiave. Il motore si accese
scoppiettando e partì. Proprio in quel momento gli squillò il telefono.
«Stai tornando a casa?». La voce assordante di Shirley gli
rimbombò nelle orecchie.
Bob abbassò il volume, superando la curva. «Sto arrivando. Devo
pure fare la dichiarazione delle tasse. Tra l’altro, muoio di fame.
Dovresti vedere che bel lavoro che ho fatto». Non c’era traccia del
cretino del SUV. Fece un’altra curva; gli alberi erano più fitti e scuri in
quel punto, e non lasciavano penetrare i raggi del sole mattutino. Su
entrambi i lati la strada era costeggiata da muretti di ardesia; sulla
destra, c’erano i cancelli della Proudfoot Farm, l’azienda agricola.
Poco più in là, Bob intravide il SUV fermo con il motore acceso: in
quel momento il veicolo ripartì a gran velocità.
Ma Bob notò anche dell’altro: a terra c’era qualcosa di biancastro
che spiccava nettamente nel verde della vegetazione.
Frenò di colpo. Le gomme stridettero sull’asfalto. Venne sbalzato
in avanti e la cintura di sicurezza gli si conficcò nelle costole.
«Che succede, Bob?».
Su un letto di ortiche giaceva una figura immobile, seminascosta
dall’erba fitta che invadeva la strada.
Un corpo.
Un corpo umano.
«Bob?»
«Shirley, credo di aver appena visto un cadavere».
Dall’altoparlante fuoriuscì un respiro mozzato. «Chiama la
polizia!».
«Sì, certo». Per riprendersi dallo shock Bob scosse con forza la
testa, come se la moglie fosse lì a osservarlo. «Ti richiamo».
Premette il pulsante rosso, poi digitò 999 sul tastierino senza
distogliere lo sguardo dal corpo. Mentre il telefono squillava,
continuò a muovere nervosamente una gamba.
«Emergenza. Che servizio le serve?»
«La polizia». Bob aprì la portiera e scese dal furgone. Un leggero
venticello trasportava il profumo dolciastro del caprifoglio e il fruscio
delle foglie.
Diede un’altra occhiata a terra. Era una donna, non c’erano dubbi.
Giovane. E nuda come mamma l’aveva fatta…
«È in linea con la polizia». Una voce maschile, chiara e limpida.
«Qual è l’indirizzo o il luogo dell’emergenza?».
Bob strinse più forte il telefono. Guardò in su e in giù lungo la
strada. «Non conosco il codice postale e neanche le coordinate
geografiche, ma sono appena fuori da Minster Lovell. È un paesino
vicino a Witney nell’Oxfordshire. Mi trovo… Mi trovo sulla strada
principale che entra nel paese».
«Un attimo solo. Lei come si chiama?»
«Bob Rutherford». L’uomo guardò a destra e sinistra per vedere
se c’erano altre auto, ascoltò con attenzione, poi attraversò.
«Bob, potrebbe essere Leafield Road?»
«Esatto. Sto aggiustando un muretto per i Maitland, una coppia di
anziani che vive a poche centinaia di metri dal cartello con il nome
del paese».
«Ok, l’ho localizzata». Il tizio all’altro capo della linea aveva una
voce vibrante, come se sorridesse. «Adesso mi dica, Bob, cos’è
successo?»
«Ho trovato il corpo di una ragazza». Bob la guardò di nuovo. Era
terribilmente magra. Fece un sospiro profondo. «È un mucchio di
ossa. Potrebbe essere una drogata».
«Respira?»
«Senta, è meglio se manda qualcuno per…».
La donna si girò su un fianco.
«Cristo!». Bob fece un salto indietro e andò a sbattere contro il
furgone.
La donna aveva gli occhi chiusi, ma il petto si muoveva. Sembrava
facesse fatica a respirare.
«È viva».
«Grazie, Bob. È… È una bella notizia».
Con il cuore che gli martellava nel petto, Bob si avvicinò alla
donna e si chinò. «Va tutto bene?».
Lei non reagì.
«Mi sono sbagliato. All’operatore ho detto polizia, ma dovete
mandare subito un’ambulanza».
«Stanno arrivando tutte e due, Bob».
La ragazza aprì gli occhi e girò la testa verso di lui: aveva lo
sguardo sconvolto, annebbiato. Forse droghe, forse no. Forse altro.
«Va tutto bene». Bob le tese la mano libera e le sorrise. «Mi
chiamo Bob. Tu come ti chiami?».
La donna contrasse le dita, poi le strinse attorno ai fasci d’erba.
Era come se volesse alzarsi, ma le mancassero le forze.
Bob fece un altro passo avanti, il sorriso ancora più ampio. «Ehi,
va tutto bene».
«Signore, le consiglio di…».
La donna cominciò a sbattere le palpebre sempre più veloce. Poi
guardò di traverso Bob ed emise un lamento forte e profondo. Come
quel gatto selvatico che aveva costruito la tana per i cuccioli nel loro
balcone, quando poi era intervenuta la protezione animali.
Bob fece un altro passo avanti e la donna gridò.
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