La donna che non poteva essere qui – Guillaume Musso

SINTESI DEL LIBRO:
-Se penso a te mi batte forte il
cuore e solo questo mi importa."
Tratto dal film L'ultimo metrò, di
François Truffaut
Oggi è il primo giorno del resto
della tua vita.
Graffito anonimo su una
panchina di Central Park È una
mattina di gennaio nella baia di New
York, all'ora in cui il giorno prevale
sulla notte.
In alto, tra le nubi che corrono
verso nord, sorvoliamo Ellis Island e
la statua della Libertà. Fa freddo e
l'intera città è paralizzata dalla
tormenta di neve.
D'un tratto un uccello dalle
piume argentee buca le nuvole,
scendendo in picchiata verso lo
skyline. Spinto da una forza
misteriosa verso il nord di
Manhattan, senza curarsi della
tempesta sfreccia con strida eccitate
sopra il Greenwich Village, Times
Square e l'Upper West Side, per poi
posarsi sul cancello d'ingresso di un
parco pubblico.
Siamo in fondo a Morningside
Park, vicino alla Columbia
University.
Tra meno di un minuto si
accenderà una luce all'ultimo piano
di un piccolo stabile del quartiere.
Nel frattempo Juliette
Beaumont, una giovane francese, si
gode gli ultimi tre secondi di sonno.
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Quando la radiosveglia suonò
sul comodino, Juliette la afferrò a
tastoni e la buttò in terra, mettendo a
tacere l'odioso cicalino. Emerse dal
piumone stropicciandosi gli occhi,
posò un piede sul parquet lucido e
fece qualche passo alla cieca, prima
di inciampare nel tappeto reso
scivoloso dai listelli incerati.
Seccata, si rialzò e afferrò gli
occhiali, che detestava ma che,
essendo miope e allergica alle lenti a
contatto, era costretta a portare.
Sulla scala una collezione
eterogenea di specchietti raccattati
nei mercatini le rimandò l'immagine
di una ragazza di ventotto anni con i
capelli di media lunghezza e lo
sguardo malizioso. Insoddisfatta, si
pettinò con le mani, distribuendo ai
due lati della testa le mèche dorate.
Doveva ammettere che con la Tshirt
scollata e le mutandine di pizzo
aveva un'aria sexy e sbarazzina, ma
era troppo freddo perché potesse
indulgere in quella tenuta; così si
avvolse in una pesante coperta
scozzese e si premette la borsa
dell'acqua calda contro il ventre.
L'impianto di riscaldamento non era
mai stato il punto forte
dell'appartamento che divideva da
tre anni con Colleen, la sua
coinquilina.
E dire che paghiamo duemila
dollari d'affitto, pensò.
Così imbacuccata, scese a piedi
uniti i gradini e aprì la porta della
cucina con un piccolo colpo d'anca.
Un grosso gatto tigrato che già da
vari minuti la aspettava al varco le
saltò in braccio e poi su una spalla,
rischiando di graffiarla.
"Fermo, JeanCamille!" esclamò
Juliette, afferrandolo e deponendolo
di nuovo in terra.
Il gatto miagolò scontento, prima
di andare a raggomitolarsi nella sua
cesta.
Juliette mise sul fuoco un
tegame d'acqua e accese la radio.
... la violenta tormenta di neve
che da quarantott'ore paralizza
Washington e Philadelphia ha
continuato a spostarsi verso nordest,
investendo in pieno New York e
Boston.
Manhattan si è svegliata
stamattina sotto una spessa coltre di
neve che rallenta sensibilmente il
traffico e tutte le attività.
Il maltempo ha messo in crisi i
trasporti aerei: tutti i voli in partenza
dagli aeroporti Kennedy e La
Guardia sono stati cancellati o
rimandati.
Anche la circolazione stradale è
difficile e le autorità sconsigliano ai
newyorchesi di mettersi in viaggio.
La metropolitana dovrebbe
funzionare normalmente, ma si
prevede che il traffico di superficie
degli autobus subirà gravi ritardi.
L'azienda ferroviaria Amtrak
annuncia che sarà costretta a ridurre
il servizio e, per la prima volta in
sette anni, lo zoo, i musei cittadini e
i principali monumenti chiuderanno
i battenti. La tormenta, causata
dall'incontro tra una massa di aria
umida proveniente dal Golfo del
Messico e una massa di aria fredda
proveniente dal Canada, si sposterà
durante la giornata verso il New
England.
Vi raccomandiamo la massima
prudenza.
Siete sintonizzati su Manhattan
101.4, la vostra radio. Manhattan
101.4. Dateci dieci minuti del vostro
tempo e noi vi daremo il mondo...
Mentre ascoltava le notizie,
Juliette rabbrividì. Doveva prendere
subito qualcosa di caldo. Cercò nella
credenza, ma non c'erano né caffè
solubile né té. Con un certo
imbarazzo, si ridusse a raccogliere
dall'acquaio la bustina di té usata il
giorno prima da Colleen.
Ancora insonnolita, si appoggiò
al davanzale e guardò dalla finestra
la città ammantata di neve.
Provava un gran rimpianto al
pensiero che, prima della fine della
settimana, avrebbe lasciato per
sempre Manhattan.
Non le era stato facile prendere
quella decisione, ma si era dovuta
arrendere all'evidenza: se lei amava
New York, New York non amava lei.
Nessuna delle sue speranze, nessuno
dei suoi sogni si era realizzato nella
Grande Mela.
Dopo il liceo e un anno di corso
propedeutico, si era laureata in
lettere alla Sorbona, recitando nel
contempo in circoli teatrali
universitari. In seguito era stata
ammessa alla Scuola Florent d'Arte
drammatica, dove era stata giudicata
una delle allieve più promettenti.
Intanto aveva continuato a
presentarsi ai casting, girato due o
tre spot pubblicitari e fatto la
comparsa in alcuni telefilm. Ma
poiché tutti i suoi sforzi erano stati
vani, a poco a poco aveva
ridimensionato le ambizioni,
accettando di esibirsi nei
supermercati o nelle aziende, di
recitare commediole alle feste di
compleanno dei bambini e di fare
l'animatrice a Euro Disney travestita
da Winnie the Pooh.
Benché non vedesse grandi
prospettive all'orizzonte, non si era
persa d'animo e aveva deciso di
prendere il toro per le corna e fare il
grande salto, trasferendosi negli
Stati Uniti. Era sbarcata piena di
speranze nella Grande Mela,
offrendosi come ragazza alla pari ma
sognando Broadway.
Non si diceva sempre che chi
aveva successo a New York poteva
averlo ovunque?
Durante il primo anno, il
mestiere di babysitter le aveva
lasciato il tempo di perfezionare
l'inglese, eliminare l'accento e
frequentare corsi di arte drammatica.
Ma le audizioni cui si era presentata
le avevano permesso di ottenere solo
piccoli ruoli in pièce sperimentali o
d'avanguardia, rappresentate in
soffitte, teatri microscopici o sale
parrocchiali.
In seguito, per guadagnarsi da
vivere, aveva fatto vari lavori, come
cassiera part time in un minimarket,
donna delle pulizie in un sordido
albergo di Amsterdam Avenue e
cameriera in un coffee shop.
Un mese prima, aveva deciso di
tornare in Francia. Presto Colleen
avrebbe lasciato l'appartamento per
andare a vivere con il suo ragazzo e
lei non aveva né la voglia né il
coraggio di cercarsi un'altra
coinquilina. Era ora di ammettere la
sconfitta. Aveva tentato un gioco
rischioso e aveva perso.
Per un pezzo aveva creduto di
essere più furba degli altri e pensato
di potersene infischiare degli
obblighi e delle trappole della
routine, ma adesso si sentiva
smarrita e priva di chiari punti di
riferimento. Per giunta, non aveva
più un soldo e siccome il visto che le
avevano concesso come ragazza alla
pari era scaduto da tempo, era nella
posizione di straniera irregolare.
Condizioni atmosferiche
permettendo, il volo per Parigi era
previsto di lì a due giorni.
Dài, Juliette, piantala di
commiserarti.
Si impose di alzarsi e andò in
bagno, dove, buttata in terra la
coperta, si spogliò ed entrò nel box
doccia.
"Aahhhh!" gridò sentendo il
getto gelato sulla pelle.
Colleen si era alzata per prima e
non le aveva lasciato una sola goccia
di acqua calda.
Grazie tante! pensò.
Lavarsi con l'acqua fredda fu
una vera tortura, ma Juliette non era
un tipo rancoroso e trovò una scusa
per l'amica: quella mattina Colleen,
che si era laureata a pieni voti in
giurisprudenza, doveva presentarsi
per un colloquio di lavoro in un
prestigioso studio legale della
metropoli.
Pur non essendo narcisista,
Juliette indugiò davanti allo
specchio. Le capitava sempre più
spesso di essere assillata da una
domanda: Sono ancora giovane?
A ventott'anni appena compiuti
lo era sicuramente, ma doveva
riconoscere che "ventotto" non era
più come "venti".
Mentre si asciugava i capelli, si
avvicinò allo specchio, si osservò
attentamente e notò delle piccole
rughe intorno agli occhi.
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