La dieta Burn – Il regime bruciachili per rimettersi in forma dopo la quarantena – Nerina Koessler

SINTESI DEL LIBRO:
Molte diete sono difficili da sostenere nel lungo periodo. A volte
perché i pasti proposti non sono molto appetitosi, oppure perché si
soffre eccessivamente la fame. Ricordo di un mio paziente, Raffaele,
che, arrivato nel mio studio con molti chili da perdere, mi disse: «Ho
fatto tante diete nella mia vita e, nel momento esatto in cui decido di
mettermi a regime, ecco che mi assale una fame incredibile. E
questo mi succede prima ancora di cominciare!». Avete presente il
famoso riflesso condizionato del cane di Pavlov, che dopo essere
stato indotto ad associare il suono del campanello alla vista del
pasto, iniziava a salivare anche solo sentendo lo scampanellio?
Ecco, a Raffaele accadeva la stessa cosa! Il suo corpo aveva
imparato così bene che i regimi dimagranti inducono una forte
sensazione di fame, che il solo decidere di mettersi a dieta gli
scatenava questo riflesso.
Altre diete richiedono un conteggio delle calorie e delle
grammature così preciso, che diventa complicato gestire il proprio
regime alimentare e contemporaneamente preparare i pasti per il
resto della famiglia. In altri casi ancora, invece, magari si riesce a
seguire la dieta e a perdere peso nel breve periodo, ma poi il
dimagrimento legato al nuovo regime comincia a rallentare e con lui
si attenua anche la nostra forza di volontà. E così si molla la dieta e
si finisce con il riprendere tutto il peso perso e anche di più.
Perché la dieta Burn è diversa?
L’idea alla base di questo innovativo programma è la sua
sostenibilità: in pratica, per essere efficace una dieta deve
dimostrarsi non solo semplice da seguire, ma anche facile da
combinare con i pasti del resto della famiglia. Inoltre, deve essere
basata su pietanze dalla preparazione veloce ma gustose, per non
lasciare il palato insoddisfatto. Infine, c’è un’altra cosa importante,
pensata proprio per Raffaele e per chi come lui ha sofferto tante
volte la fame: deve farvi sentire sazi! La dieta che state per scoprire
è in grado di soddisfare tutti questi requisiti, e lo riconoscerete voi
stessi seguendola.
Cominciamo, quindi, a esplorare il primo pilastro del treppiedi che
sostiene la dieta Burn: la chetogenesi, definita da alcuni la
«liposuzione alimentare»!
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La dieta chetogenica
Avere cent’anni e non sentirli
Se pensate che la dieta chetogenica sia una moda recente, vi
sbagliate di grosso. Certamente negli ultimi anni ha goduto di grande
popolarità, soprattutto tra le star di Hollywood, grazie alla sua fama
di «brucia-grassi», ma le sue origini sono molto più lontane.
La prima dieta chetogenica nacque un secolo fa negli Stati Uniti,
con uno scopo che nulla aveva a che fare con la perdita di peso. Nel
1921, quando ancora non erano stati sviluppati farmaci per trattare
l’epilessia, il medico Russel Wilder mise a punto uno speciale piano
alimentare per curare i bambini affetti da questa malattia. Che i
sintomi dell’epilessia migliorassero con specifici trattamenti
alimentari non era una novità: già negli scritti di Ippocrate, più di
2000 anni fa, il digiuno compariva come unico trattamento efficace.
Wilder quindi propose ai suoi pazienti una dieta che, a suo dire,
avrebbe mimato gli effetti del digiuno, pur risultando più facile da
seguire per un lungo periodo.
E funzionò! La dieta di Wilder diede tali risultati che ancora oggi la
dieta chetogenica è considerata un’opzione per i pazienti che non
rispondono a nessuna terapia farmacologica. Il piano alimentare di
Wilder era basato su un elevato apporto di grassi, un normale
quantitativo di proteine e un taglio drastico dei carboidrati. La sua
dieta chetogenica era, quindi, un sostituto del digiuno, in cui i
carboidrati erano rimpiazzati dai grassi. Nonostante uno degli effetti
collaterali fosse la perdita di peso, ci sono voluti molti anni prima che
questa stessa dieta, o una delle sue varianti, venisse prescritta per il
trattamento dell’obesità.
Per molto tempo, infatti, si è pensato che per perdere grasso fosse
necessario ridurre l’apporto di grassi: da qui la diffusione delle diete
low-fat e la creazione da parte dell’industria alimentare del mercato
dei prodotti senza grassi o a basso contenuto di grassi. Con quale
risultato? Cibi poco gustosi che, per acquisire sapore, necessitano di
aggiunte cospicue di sale, zuccheri e aromi: tutti ingredienti che, se
assunti in abbondanza, sono nemici del nostro organismo. Spesso
poi anche la psicologia ci gioca un colpo basso, perché il cervello,
ingannato e rassicurato dal bollino «light», ci induce a mangiarne più
del necessario. Non sorprende che molti di questi prodotti ottengano
il risultato opposto a quello desiderato. Senza contare che il principio
alla base della dieta low-fat è sbagliato. La biochimica che regola il
metabolismo è tutt’altro che semplice e, per quanto strano possa
sembrare, una considerazione apparentemente logica come
«mangio meno grassi e dimagrisco; mangio più grassi e ingrasso»
non è vera. Il nostro organismo è molto più complesso di quanto si
pensasse e solo oggi stiamo cominciando a capire come funziona.
Glucosio, insulina e pre-diabete
Per le cellule del nostro organismo i carboidrati sono la fonte
primaria di produzione dell’energia. Tutti i carboidrati, che si tratti di
zuccheri complessi (come gli amidi contenuti nel pane, nei cereali e
nella pasta), o di quelli semplici della frutta e dei dolci, in seguito ai
processi di digestione e assorbimento vengono scomposti nelle loro
unità fondamentali e convertiti in glucosio. Il glucosio è la fonte
energetica per eccellenza, ed è l’unica molecola utilizzabile da
qualunque tipo di cellula, che sia animale, vegetale o batterica. Il
nostro organismo monitora costantemente la quantità di glucosio
presente nel sangue – un parametro detto glicemia – e attiva diversi
meccanismi per tenere stabile nel tempo questo valore. Se
mangiamo un pasto a base di carboidrati, la digestione produrrà
glucosio, che andrà ad aumentare la glicemia. Per abbassare la
glicemia, alcune particolari cellule del pancreas producono e
rilasciano nel sangue l’insulina. Se avete sentito parlare di «picco di
insulina», è proprio questo: dopo aver mangiato carboidrati,
l’organismo cerca di abbassare la concentrazione di glucosio nel
sangue producendo insulina in gran quantità. Le cellule del corpo
rispondono all’insulina in tre modi: aprono i canali per far entrare il
glucosio dal sangue, attivano il processo di trasformazione del
glucosio in energia e, quelle che non hanno bisogno di energia, lo
immagazzinano sotto forma di grassi. Questo ci fa capire perché
quando mangiamo troppi carboidrati tendiamo a ingrassare: gli
zuccheri stimolano il rilascio di insulina e questo, a sua volta, induce
l’accumulo di grasso.
Quando parliamo di zuccheri, è importante precisare che non
sono tutti uguali. In linea generale più puro e semplice è il
carboidrato, maggiore sarà il picco di insulina; al contrario, se il
carboidrato è associato a fibre, grassi o proteine, e se è organizzato
in catene complesse, la risposta insulinica sarà inferiore. Facciamo
degli esempi, per chiarire meglio questo concetto. Lo zucchero che
mettiamo nel caffè, bianco, di canna o integrale che sia, è uno
zucchero semplice e attiva in modo potente il meccanismo di rilascio
dell’insulina. Lo stesso accade con il riso bianco e la farina 00, tutti
alimenti composti da catene complesse di glucosio – il cosiddetto
amido – pressoché pure. I cereali integrali o i legumi, invece,
nonostante siano composti da amidi, contengono anche fibre,
proteine e grassi in proporzioni variabili. Per questo, la risposta
insulinica che producono è inferiore.
Quando l’organismo è sottoposto per lunghi periodi a una dieta
ricca di zuccheri, la continua stimolazione con insulina può rendere
le cellule sempre meno sensibili alla sua azione. È un po’ come se il
corpo si abituasse alla continua presenza dell’insulina e piano piano
smettesse di rispondere. La conseguenza di questo «abuso» di
zuccheri è che il nostro organismo perde sempre più la capacità di
controllare la glicemia, una condizione detta anche «pre-diabete».
Ecco perché una dieta a basso contenuto di carboidrati, come
quella chetogenica appunto, è in grado di far dimagrire. Oltre a
proteggere, cosa non da poco, dalla possibile manifestazione del
pre-diabete.
Esaminiamo ora la dieta chetogenica, per capire in che cosa
consiste e perché è così efficace per perdere rapidamente peso.
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