I tempi nuovi – Alessandro Robecchi

SINTESI DEL LIBRO:
Vista da qui, a quest'ora, con questa luce che la taglia come forbici, la città
è un mosaico, una geometria, una scacchiera dove i pezzi vanno al loro posto.
E infatti ci vanno. Con la M1, M2, M3, la viola, la gialla, i tram, con
macchine e motorini, permesso, si sposti, ma guarda come guida quello
stronzo, ah, ecco il controllore, ora la pagheranno, i furbetti senza biglietto!
Uno si è buttato sotto la rossa, checcazzo, a quest'ora, bisogna essere
proprio dei disgraziati, però! Bus sostitutivi per San Babila, Palestro, Porta
Venezia, Lima, Loreto, qualche pedone arriverà dopo l'orario, un alfiere lo
riprenderà, una torre lo chiamerà a rapporto: cos'è questo ritardo? Si rende
conto? Alle nove il sole si alza ancora piano, tutti sono già schierati - pronto,
comandi, dica - dietro le loro scrivanie e sportelli e macchine meccaniche,
uffici, scuole, officine, magazzini, consegna entro le dieci, entro le undici, ma
non si posteggia, non si posteggia, cazzo, dove lo metto il furgone? Tutto è
colorato di rosso timido, ma si schiarisce presto, vedrai, dagli mezz'ora, dagli
un'ora.
Che bello, però, col sole. Il Comune ha rimontato la sagoma delle
montagne in fondo a via Padova, bianche, lontane, come un sospetto di
orizzonte, bisognerebbe andare a vederle, basta poco, basta fare il giro a
piazzale Loreto prima che salgano le polveri, ma come si fa, non c'è tempo. È
l'ora dell'organizzazione, è il momento dei tempi e metodi, del plurale
aziendale, signorina facciamo le fotocopie, signorina prendiamo quella
pratica, signorina avvertiamo l'avvocato, che significa signorina fai, signorina
prendi, signorina avverti, siamo una squadra, siamo sulla stessa barca,
signorina porti pure i caffè.
Ah, questo no, questo lo dico allo stagista.
Ognuno al suo posto di combattimento, dietro la sua batteria contraerea di
produzioni, di comunicazioni, di spedizioni, di burocrazia, deve andare allo
sportello quattro, ma ci sono appena stato allo sportello quattro, cazzo.
Aspetti che sentiamo, e si attacca al telefono, uffa, oggi non si finisce più, si è
già capito. Escono dalle stazioni della metro, dagli androni appena lucidati,
dai bar del primo caffè veloce, un esercito, una moltitudine, tutti sanno cosa
fare e vanno a farlo.
In Quarta H la verifica di fisica è rimandata, c'è un supplente, benissimo,
non si fa niente per due ore, Dio esiste, checcazzo.
Carella si appoggia con una spalla allo stipite della finestra, già fuma, già
sospira, guarda fuori e si carezza la barba di tre giorni, ruvida, poi prende il
telefono dal comodino, si infila la giacca ed esce, le scale, la luce di fuori che
gli dà una sberla, se ne accende un'altra. Il sovrintendente Ghezzi salta sul
tram quasi al volo, deve fare questo e quello, ma prima questo, o forse no,
non importa in che ordine. Scende? No, alla prossima. Si sieda, signora. Oh,
che gentile.
I balordi ci sono anche loro, cercano affari, gente da fregare, occasioni. I
pusher dormono però, tutta la notte così, avanti e indietro, il telefono, tre
grammi qui, subito, ecco l'indirizzo. Dieci grammi li avete? Li portate? C'è
una festa. Questo stanotte, ma adesso è tranquillo, adesso si dorme.
Uno messo male sta lì col suo bicchierino per le offerte, un euro,
cinquanta centesimi, ma sono di più le occhiate distanti che tirano dritto. La
ragazza deve cambiare un reggiseno che ha comprato ieri, non le piace, il
gancetto le dà fastidio, lo scontrino ce l'ha, ci andrà in pausa pranzo,
speriamo non facciano gli stronzi, anche il colore non le piace più. Per quelli
che hanno lavorato di notte la giornata finisce, e c'è un "finalmente" che
risuona nei clacson, su, muoviti, non vedi che è verde, sveglia, dai! Uno
invece va a piedi, torna a casa e strizza gli occhi per il sole. Il tizio che ha
pippato fino alle cinque del mattino sul tavolino di cristallo è andato via con
la ragazza, lui pippava e lei si scocciava, quand'è così poi non riescono a
scopare e fanno storie, non pagano. Faceva le righe con la carta di credito e
l'ha lasciata lì, dimenticata vicino ai bicchieri vuoti, che cretino. Lui gli
portava da bere e ora la carta ce l'ha in tasca mentre cammina, via
Mercadante, via Pergolesi, ne uscirà una buona mancia, via Venini, bella
passeggiata, ma si può anche chiamare ricatto, eh. Le volanti 21, 26, 30 e 32
rientrano alla base dopo il turno di notte, gli agenti hanno le facce stanche,
commentano, parlano il loro gergo, niente di che, solo una rissa, uno col
coltello e quell'altro, quello ubriaco che voleva ammazzare la moglie, ha
chiamato appena in tempo, signora, lo portiamo via noi, e quello che grida
troia, me la paghi una volta per tutte. Su, su, non fare il coglione, vieni con
noi, e lei, signora, può sporgere denuncia.
I neri hanno grosse borse, nere pure quelle, sembrano pesanti, cosa ci
terranno, roba da vendere, sicuro, si riuniscono in piccoli gruppetti prima di
schierarsi anche loro, sulla scacchiera c'è posto, ce n'è tanto, anche per tutti
gli altri. Se arriva un controllo scappano di là, poi di là, col fagotto della
merce, che vita. Un tizio sistema la vetrina, leva le sciarpe e i parka col pelo,
mette le giacche leggere, così va bene? Che si vedano i prezzi, mi
raccomando. Qui si fanno riparazioni, orli, sartoria veloce, roba da cinesi,
basta che me li rende giovedì, mi raccomando. Pomeriggio, però. La ressa sui
mezzi cala un po', quelli che ci sono guardano il telefono, i messaggi, le loro
pagine trapuntate di saluti, di post, di meme spiritosi, giocano a Candy Crush,
attento è la tua ultima vita, usala bene. Quando dice così fa ridere un bel po'.
Ma devo scendere, l'ultima vita dopo, dai.
Certo ci saranno anche posti dove le cose sono già frenetiche, vendere,
vendere, comprare, minchia, guarda il Real Estate in Giappone, dai,
comprare, subito, vendere a mezzogiorno, ma tieni sempre d'occhio i bancari!
Certo ci saranno anche posti dove uno schiaccia tasti e guarda schermi e
compra Real Estate in Giappone e tiene d'occhio i bancari, e poi magari a
pranzo esce per il panino e si innamora di una che va a cambiare un
reggiseno, è carina, il gancetto le dà fastidio, anche il colore non le piace più.
Magari avranno una vita insieme, perché no, può succedere anche questo.
Carlo Monterossi apre gli occhi a questo punto della sarabanda, anche lui
guarda dalla finestra, ma è solo un momento, eccolo sotto la doccia che sente
il notiziario, il Pil è quello che è ma si spera meglio, se la Germania, se il
petrolio, se il costo del lavoro... Poi la politica, la cronaca e lo sport, che non
gli interessa. Tutto si mette in moto, tutto si rianima.
Uno
Più di un ragazzino, meno di un uomo fatto. La faccia stupita, gli occhi
aperti, seduto al posto di guida. Un filo di barba che fa adolescente e i vestiti
pure, una polo, una giacca, i jeans. Calati fino alle ginocchia. Osceno,
insomma.
Le mani sono legate al volante con due fascette di plastica. Ha un buco in
una tempia, la sinistra, un buco piccolo e nero, il sangue è tutto lì, in un
rivoletto sottile che ha raggiunto il mento, nient'altro. Ah, sì, l'odore, il solito,
merda, sangue, paura.
La luce basta un po' sì e un po' no, le ombre sono lunghe, anche se il sole
non si vede ancora.
Il sovrintendente Carella esce camminando all'indietro dall'abitacolo della
piccola auto grigia e raddrizza la schiena. Fa il giro e apre l'altro sportello,
usa un fazzoletto per non lasciare impronte. Il libretto nel portaoggetti, un
paio di occhiali da sole da pochi euro. Non tocca niente. La macchina sembra
pulita, ben tenuta.
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