I racconti del sesso e della menzogna – Leïla Slimani

SINTESI DEL LIBRO:
Sono stata contattata da una nuova associazione di Agadir, che si occupa
di ampliare l’orizzonte dei giovani proponendo delle attività culturali. Il
presidente dell’associazione li riceve più volte a settimana. Discute con loro
di cinema, letteratura, li invita ad ascoltare dei brani musicali. Quando mi ha
contattato per andare a parlare del mio libro, non ho avuto un attimo di
esitazione. È lì che ho conosciuto Nour. Quest’elegante trentenne, figlia della
classe media, mi ha colpito molto. Dolcissima, pudica, ha manifestato subito
un forte desiderio di confidarsi.
Ha iniziato a parlarmi della sua famiglia. Non essendo sposata, vive
ancora con i genitori. Di suo padre dice che è «comprensivo, anche se resta
pur sempre un marocchino». Quando le chiedo cosa intenda, aggiunge un po’
timidamente: «È molto attento al giudizio delle persone. Ma mi lascia un po’
di spazio libero. Ho il diritto di fare più cose rispetto ad altre ragazze della
mia famiglia. Non mi ha mai imposto un no definitivo, di solito accetta di
discutere e spiegarmi come la pensa. Ma non sempre ci riesce. Ad esempio,
non ho mai capito perché non volesse che facessi sport. So solo che, per colpa
sua, non l’ho fatto.
Mia madre è casalinga. È la cugina di mio padre. Ha lasciato gli studi
appena prima del diploma, per sposarsi. Credo che ne abbia sofferto
parecchio. Le piaceva andare a scuola. Per questo dà molta importanza agli
studi. Mi ha sempre spronato. Sono molto vicina a mia madre. Le racconto
quasi tutto, è molto aperta. Le parlo anche dei miei compagni, senza entrare
nei dettagli, ovviamente. Non affronto mai il tema della sessualità con i miei
genitori. Per loro, arriverò vergine al matrimonio. Mia madre sa che ci sono
dei trucchi, ma non abbiamo l’abitudine di parlarne. E trovo che sia triste. Ci
sono cose che avrei voluto condividere, soprattutto con mia madre».
Un vento gelido spazza la terrazza dove siamo sedute. Il viso di Nour si è
rabbuiato. L’intervista sembra risvegliare in lei dei ricordi dolorosi. Non dico
niente. Bevo il caffè e attendo.
«Quando avevo cinque anni, mio cugino mi ha molestata.» Ha
pronunciato la frase di getto, senza riprendere fiato. «Ho trascorso
l’adolescenza da sola. Per anni, non ho voluto avere alcun contatto con i
ragazzi. Dopo il diploma, non so perché, ma ho deciso di parlarne con alcune
compagne. È stata una liberazione. Quando è successo ero talmente piccola,
non capivo. In casa non si è mai discusso di certe cose. Non avevo mai
sentito nessuno parlare di sessualità. Che cos’è una molestia, come fa una
donna a rimanere incinta… Ho dovuto aspettare il liceo per sentir parlare di
questi argomenti. E oltretutto se ne parlava nelle ore di biologia, vale a dire in
modo molto freddo. Scientifico.»
Nour non piange. Non si scompone. Mi ha confidato il suo segreto e,
stranamente, sembra più forte. Capisco che quell’episodio, invece di
annientarla, l’ha spinta a fare delle scelte radicali come donna.
«In Marocco, la donna non ha diritto ad avere desideri. Non sceglie. Ma
io ero una ribelle. Rifiuto questi modelli. Non voglio essere come le mie
cugine che si sono sposate molto giovani e hanno divorziato nel giro di due
anni. Non voglio sposare il primo che capita, solo per apparire normale agli
occhi della società. Voglio avere il diritto di scegliere. Essere single non mi
dispiace. Ma la gente non ti lascia in pace. Se potessi vivere con il mio
compagno, non avrei nemmeno pensato al matrimonio. Il problema non è che
sia legale o meno, è la società che deve accettarlo. La cosa più fastidiosa è lo
sguardo della gente. Ad esempio, fumare una sigaretta è legale eppure non
puoi farlo per strada. Altrimenti, ti danno della puttana.
L’anno della maturità, uscivo con un ragazzo. Andava tutto a meraviglia,
ma quando mi toccava diventavo un’altra.» Indietreggia bruscamente. Cerca
di mimare il disgusto che quel contatto fisico le ispirava. «Era automatico,
appena mi sfiorava mi irrigidivo. L’ho evitato per anni. Fino al giorno in cui
l’ho incontrato per caso e glielo ho raccontato. Con mia gran sorpresa, si è
mostrato comprensivo. Anni dopo, mi sono innamorata follemente di un
uomo. E devo ammettere che essere innamorate aiuta.» Si mette a ridere,
quasi per scusarsi dell’ingenuità di quella frase. «Voglio dire, ero innamorata,
tutto qua. Ci sapeva fare. Non mi sono tirata indietro. Ed è stato bello.
Ho avuto una relazione con un uomo per otto anni. Sin dall’inizio, ci
siamo detti che il matrimonio non ci interessava. Volevamo imparare a
conoscerci, stare bene insieme, condividere delle cose. Quel ragazzo era il
prototipo del marocchino che non avrebbe mai sposato una ragazza con altre
esperienze alle spalle. Quando l’ho conosciuto, aveva idee molto antiquate in
proposito. Parlando con me, ha rimesso in discussione varie cose. Adesso
dice di rendersi conto che la verginità non conta nulla. Ma credo siano solo
parole. Le pressioni della società, dei genitori, della religione… nonostante
dicano di essere aperti mentalmente e comprensivi, quando pensano al
matrimonio pensano sempre a una ragazza vergine.
Molti degli uomini con cui ho avuto rapporti sessuali erano
tremendamente egoisti. Ero arrivata a essere disgustata dal sesso: facevo stare
bene loro, ma con la testa ero da un’altra parte.» Nour si interrompe e si
mette a ridere. Gonfia il petto. Si volta per controllare che nessuno ci stia
ascoltando e si sporge verso di me. «Sai, un giorno ho deciso di comportarmi
da maschio. Mi sono detta, vado in un locale, scelgo il ragazzo che voglio e
me lo faccio. Ne avevo bisogno e l’ho fatto. Ed è stato magnifico! Desideravo
quel ragazzo e lui desiderava me. Perché trattenermi, cosa me lo impediva?
Mi sono buttata ed è andata bene. Ho un ricordo incredibile di quella notte.
La cugina di mio padre vive con noi, è orfana, parecchio più anziana di
lui. È la tipica santerellina, la zitella frustrata. Trova strano che abbia degli
amici maschi. Mi dice: “Se esci con un ragazzo, gli dedichi del tempo, è
normale che si stufi di te e non voglia sposarti”. E non sa nemmeno che ho
perso la verginità! A volte mi dico che le farebbe bene trovarsi un uomo.»
Di conservatori, di tradizionalisti, Nour ne incontra tutti i giorni nel
quartiere, in famiglia, sul posto di lavoro. Le amiche non sono state sempre
tenere con lei, e alla maggior parte di loro nasconde le proprie scelte sessuali.
Si protegge.
«La religione è una questione tra me e Dio. Sono musulmana ma non
praticante. A casa mia pregano tutti. Mio padre è molto credente. Da quando
è in pensione, esce solo per andare alla moschea. Ma non mi impone nulla,
non mi chiede mai perché mi vesta in un certo modo. È vero, ci sono sempre
più persone che ostentano la propria fede. In facoltà, in aula magna, su un
centinaio di ragazze solo quattro erano senza velo. E quello che mi disgusta è
che queste persone non sono nemmeno credenti, è solo una moda. Questo
frena tutto, rende difficili i rapporti umani. Al lavoro, ad esempio, sono
l’unica non velata. Lavoro in un ambiente maschile. Una volta ci sono andata
in gonna e ho avuto la sensazione di essere nuda. È stato atroce. Non lo farò
mai più.
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