Che fretta c’era, maledetta quarantena! – Cinnie Maybe

SINTESI DEL LIBRO:
Matte, mi senti ora?»
Lorenzo sta provando a videochiamarmi da tre ore.
Non so che problemi abbia, è l’unico adolescente che non sa usare gli
strumenti tecnologici che ha a disposizione.
«Ti sento e ti vedo. Che vuoi?»
«Devi convincere papà a farmi tornare a Torino. Non ce la faccio più a
stare in casa con lui in questa città enorme e deserta.»
Mio fratello, il secondo di tre, ha avuto la brillante idea di scendere a
Roma, proprio qualche giorno prima che venisse proclamato il lockdown e
il nostro saggio genitore gli ha proibito di tornare a casa. Sono dieci giorni
che mi chiama supplicandomi di metterci una buona parola per liberarlo.
Che poi, vivere con nostro padre non è affatto male, quindi non capisco
di cosa si lamenti.
«Lore, te l’ho già detto mille volte. Non posso convincere papà ad
andare contro la legge.»
«Io qui sono in prigione!»
«Ma perché, pensi che a Torino potresti uscire e fare quello che ti pare
come sempre? Andresti a casa della mamma, dovresti comunque stare in
quarantena, e forse farla lì sarebbe persino peggio.»
I miei genitori si sono separati quando noi eravamo ancora piccoli, dopo
qualche anno di matrimonio vissuto praticamente solo incrociandosi nei
corridoi di casa: lui rientrava tardi dall’ufficio e lei usciva per andare a
qualche serata che organizzava nei locali torinesi. Mia madre è
un’organizzatrice di eventi e una di quelle che, a quasi quarantacinque
anni, ancora crede di averne diciotto. Vivere sotto il suo stesso tetto è
molto, molto complicato, soprattutto da quando, a sei anni da Leo,
l’ultimo dei miei fratelli, è nata Ginevra da una relazione con quello che
ancora adesso è il suo compagno. Ginevra è mia sorella e le voglio bene
ma è la bambina più viziata e capricciosa che io abbia mai conosciuto.
Non è un caso che a undici anni abbia già un profilo Instagram che conta
più di seimila follower, che la conoscano come GinnyTheGlamKid.
Ovviamente, mia madre stravede per lei.
Io sono il maggiore, sono al terzo anno di Medicina e da due ho preso la
decisione più giusta della mia vita: andare a vivere da solo.
Va be’, magari da solo è un tantino esagerato. Vivo con i miei coinquilini,
in tutto siamo quattro e posso dire di aver trovato un equilibrio che nella
mia casa di origine non c’è mai stato.
«Ma almeno con mamma sempre fuori, non avrei dovuto condividere
delle esperienze! Papà si è messo in testa di fare allenamento assieme, tutti
i giorni alle otto, prima di cena.»
«E qual è la cosa brutta?»
«Che lui è una pippa, fa gli esercizi dei vecchi per la schiena e a me tocca
seguirlo e dirgli dove sbaglia!»
Mio padre non è affatto vecchio, anche se si allena per allentare il mal di
schiena. Ha quasi cinquant’anni e passa gran parte della sua vita in ufficio
perché è un dirigente. Ecco come mai ha bisogno di stirare i muscoli
lombari, ogni tanto. Troppe ore seduto fanno male a chiunque e io spesso
gli ho suggerito di farsi vedere da un bravo fisioterapista, anziché
continuare con rimedi fai da te che lasciano il tempo che trovano.
«Lore, ci lamentiamo sempre che papà ci dedica poco tempo. Ora che
hai quest’occasione, dovresti sfruttarla.»
Mio fratello risponde qualcosa di incomprensibile prima che,
improvvisamente, il collegamento salti per l’ennesima volta.
Mi rassegno, non provo nemmeno a richiamarlo, tolgo le cuffie wireless e
mi butto sul letto. Spero di avere qualche minuto di pace prima che
qualcuno della mia strampalata famiglia senta il bisogno di chiamarmi per
farmi partecipe delle sue tragedie.
E, visto che ci sono, sblocco di nuovo l’i-Phone e apro Instagram. Non
posso fare a meno di curiosare su come Allegra stia passando la
quarantena. È più forte di me, da quando l’ho conosciuta, durante il corso
di anatomia del primo anno, non riesco a smettere di pensare a lei. E lei lo
sa, ma non sembra interessata più di tanto. Siamo usciti insieme qualche
volta, ci sono stati un paio di baci ma non sono mai riuscito a diventare la
sua relazione esclusiva.
L’ultima foto che ha postato è una pila di libri di patologia e una
didascalia che dice: “Non ne posso più!”, con almeno venti hashtag che
ripetono lo stesso concetto: si è stufata di stare a casa, di studiare, di tutto.
Lei è una di quelle che ha scelto di frequentare Medicina perché in casa
sua sono tutti medici e doveva continuare la tradizione di famiglia, non
perché sente nelle vene quella sana passione che dovrebbe guidare
chiunque scelga di dedicare la propria vita ad alleviare le sofferenze degli
altri. Immagino che quando sai che dopo la laurea andrai a lavorare nella
clinica privata di tuo padre, la passione sia un aspetto secondario.
Giulia: Sei ancora al telefono con tuo fratello?
La mia coinquilina, unica donna assieme a tre uomini, ha la stanza
adiacente alla mia e ha scelto di rimanere a Torino durante la quarantena
anche se in realtà è di origini romane. Ha l’abitudine di mandarmi
messaggi su WhatsApp invece di venire a bussare, per evitare di essere
invadente, anche se in casa ormai siamo rimasti solo noi due.
Matteo: No, grazie a Dio è caduta la connessione.
Giulia: Mmm, povero Lorenzo… Gelato in cucina tra cinque minuti?
Matteo: Abbiamo il gelato???
Giulia: Lo ha lasciato Gianlu, prima di tornare a casa. Per quando finirà la
quarantena se lo sarà dimenticato.
Matteo: In cucina. ORA!
Con uno scatto mi alzo dal letto e raggiungo quello spazio ridicolo che ci
ostiniamo a chiamare cucina. In realtà è un angolo ricavato dal salotto –
minuscolo anche quello – in cui ci stanno a malapena un frigo, una
macchina del gas con quattro fuochi e un piano d’appoggio che abbiamo
occupato con un forno a microonde degli anni Novanta: era della madre
di Andrea, il quarto occupante ufficiale di questo appartamento in zona
San Salvario.
Giulia spunta qualche secondo dopo di me; indossa un paio di pantaloni
grigi larghissimi, con dei fiocchi di neve minuscoli stampati sopra, una
maglia verde oliva e i capelli raccolti con una matita. Classica immagine di
chi, durante questa quarantena, si sta dando allo studio matto e disperato,
soprattutto se, come lei, sei iscritto a Matematica e Fisica.
«Perché non mi hai detto prima che avevamo il gelato?»
«Ciao anche a te, coinquilino!» mi rimprovera, sfilandomi davanti con la
faccia offesa.
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