Affari di cuore – Nora Ephron

SINTESI DEL LIBRO:
Il primo giorno non mi è sembrato molto buffo. Non mi è sembrato
molto buffo nemmeno il terzo giorno, ma ho cercato ugualmente di
scherzarci. «La cosa più ingiusta di tutta questa storia», dissi, «è che
non troverò nessuno disposto a farmi la corte.» Be', devo ammettere
che, come tutte le battute, ci perde a essere messa per iscritto,
mentre vi garantisco che quando l'ho detta ho avuto un certo
successo. L'espressione «fare la corte» rievoca immagini di
gioventù, ma poiché non sono più un'adolescente (lo confesso, ho
trentotto anni) e ben difficilmente sarei riuscita a farmi corteggiare
ora che il mio secondo marito aveva un amante - se non altro perché
ero incinta di sette mesi - la mia frase fu accolta da una risata, anche
se ho il sospetto che i membri del mio gruppo fossero scoppiati a
ridere solo per tentare di tirarmi su di morale.
Comunque, era quello di cui avevo bisogno. Mi trovavo a New York,
vivevo nell'appartamento di mio padre, passavo il tempo a piangere
e, quando smettevo, mi bastava guardare i mobili in noce di papà e
le lampade color ardesia per sciogliermi di nuovo in lacrime .
Avevo preso l'aereo per New York qualche ora dopo aver scoperto la
tresca. Volete sapere come l'avevo scoperta? Leggendo una dedica
assolutamente disgustosa, scritta su un libro di filastrocche per
bambini che "lei" aveva regalato a mio marito. Filastrocche per
bambini, pensate un po'. «Canta queste filastrocche a Sam», si
leggeva nella dedica disgustosa, e non potete immaginare come mi
fece infuriare l'idea che il mio piccolo Sam, un bambino di due anni,
fosse stato coinvolto in modo tanto subdolo nella storia tra mio
marito, un tipo piuttosto basso, e Thelma Rice, una spilungona con
un collo da giraffa e il naso lungo quanto quello di un elefante. Per
non parlare delle gambe e soprattutto dei piedi, che assomigliavano
alle zampe di una papera .
L'appartamento di mio padre era disabitato, visto che papà era stato
spedito in manicomio qualche giorno prima da mia sorella Eleanor,
soprannominata la «buona figliola» per distinguerla da me. Mio
padre ha una complessa vita psicologica che condivide con la sua
terza moglie la quale, vedi caso, è la sorella della mia ex migliore
amica Brenda. Una settimana fa la terza moglie di papà era stata
vista vagare per la Terza Avenue, avvolta in un asciugamano, da
Renee Fleisher, che era stata compagna di scuola mia e di Brenda.
Renee aveva telefonato a mio padre, ma vista l'impossibilità di una
seria collaborazione da parte di papà, che stava per dare i numeri
anche lui, mi aveva chiamata a Washington. «Non riesco a
crederci», mi aveva detto. «Ho appena incontrato la sorella
maggiore di Brenda e sai cosa mi ha detto? Che si è sposata con
tuo padre.» Io stessa avevo stentato a crederci, quando era
successo. Che mio padre avesse sposato la sorella maggiore di una
mia mortale nemica era troppo per i miei gusti anche se, come dice il
proverbio, il mondo è piccolo; e nel caso degli ebrei, aggiungo io, è
ancora più piccolo. «Non ho nulla da obiettare al tuo matrimonio con
la sorella di Brenda», avevo detto a papà quando mi aveva
telefonato per annunciarmi il lieto evento. «L'unica cosa che ti chiedo
è di farle firmare un accordo per evitare che, alla tua morte, parte dei
tuoi soldi finiscano a Brenda.» Così, tre anni fa, la sorella maggiore
di Brenda aveva firmato il documento. Ed ecco che ora spuntava
Renee Fleisher a dire ehilà, la sorella di Brenda ha sposato tuo
padre e se ne va a zonzo per la Terza Avenue con addosso solo un
asciugamano. Rilanciai la palla a mia sorella Eleanor che, armatasi
di tutta la sua bontà, si precipitò a casa di mio padre dove prima
rivestì la sorella di Brenda e la spedì da sua madre, a Miami Beach,
poi portò mio padre in un posto chiamato Le Sette Nuvole, che non
mi sembra un nome granché propizio per un manicomio, anche se
forse, in casi del genere, non vale la pena di stare a sottilizzare. Fu
così che mio padre se ne andò a fare portaceneri con le foglie
secche, in attesa di rimettersi in sesto, lasciando libero
l'appartamento di New York .
Io avevo la chiave: c'ero andata spesso l'anno precedente, perché
eravamo al verde. Quando Mark e io ci sposammo avevamo un
sacco di soldi, ma dopo due anni eravamo ridotti sul lastrico. Be',
non proprio... avevamo pagato tutti i debiti. Possedevamo
un'apparecchiatura stereofonica che ci era costata migliaia di dollari,
una casa di campagna nel West Virginia che ci era costata decine di
migliaia di dollari e una casa di città a Washington che ci era costata
centinaia di migliaia di dollari, senza contare gli oggetti. Un mucchio
di oggetti: bandierine segnavento, trapunte, cavalli da giostra,
finestre con vetri colorati, scatole di latta, specchietti da tasca, tazze
da cioccolata Cadbury e cartoline di San Francisco prima del
terremoto. Questo significava che non eravamo gente qualsiasi: il
nostro unico problema era la mancanza di soldi.
Mi è sempre sfuggito il motivo per cui da una relativa agiatezza
fossimo passati a questo stato di indigenza, ma adesso,
naturalmente, riesco a spiegarmelo meglio; un'altra delle cause del
nostro impoverimento era stata la storia d'amore tra mio marito e
Thelma Rice. Avreste dovuto vedere le bollette del telefono, nel
periodo in cui Thelma si trovava in Francia .
Quando scoprii il libro di filastrocche, deturpato da quella dedica
disgustosa, ignoravo ancora tutto della loro relazione. «Mio caro
Mark», esordiva il messaggio, «ti regalo questo libro a ricordo di ciò
che è successo oggi. Ora il nostro futuro mi è molto più chiaro.
Canta queste filastrocche a Sam e un giorno gliele canteremo
insieme. Ti amo, Thelma.» Quasi non riuscivo a crederci, anzi, non ci
credetti affatto. Fissai di nuovo la firma, cercando di leggervi un altro
nome, il nome di un'estranea invece di quello di una donna che
conoscevo benissimo, ma si leggevano chiaramente la "T" e la "a" e,
anche se le altre lettere erano un po' confuse, non c'erano molte
alternative per un nome che comincia con la "T" e finisce con la "a".
Thelma! E
pensare che era appena stata a pranzo da noi! Lei e suo marito
Jonathan... be', per la verità non erano venuti a pranzo, ma erano
passati a prendere il dolce, una torta di carote in cui avevo forse
abbondato con l'ananas ma che, comunque, era sempre un
capolavoro paragonata ai dessert che faceva lei. Thelma è famosa
per i suoi budini collosi. Così, mentre Thelma, suo marito Jonathan
(il quale, come seppi in seguito, era già al corrente della situazione)
e mio marito Mark se ne stavano tranquillamente seduti, io mi
aggiravo per la sala, vestita con un abito premaman di tessuto
ingualcibile, per servire la torta di carote ai miei ospiti, scusandomi
per l'eccessiva quantità di ananas .
Potrà forse sembrarvi strano che me la stia tanto a prendere per
questo episodio, ma una delle cose peggiori che capitano quando si
scopre di essere traditi è che ci si sente stupidi, e l'idea che io li
avevo invitati, che loro erano venuti e che tutti e tre dovevano avermi
giudicato una povera idiota, non serviva certo a migliorare il mio
stato d'animo. L'aspetto più umiliante è che il giorno dopo, quando
Thelma telefonò per ringraziarmi, ne approfittò per chiedermi la
ricetta della torta di carote. Io gliela mandai, omettendo l'ananas,
naturalmente. «Eccoti la ricetta che mi hai chiesto», scrissi su una
cartolina. «Seguila pure alla lettera, è già stata collaudata.» Per
colmo di ironia, accanto alla ricetta disegnai una faccina sorridente.
Non è mia abitudine disegnare faccine quando scrivo, ma ci sono
casi in cui non se ne può fare a meno. In questo preciso momento,
ad esempio, mi piacerebbe concludere la frase con una faccina, ma
temo che non avrebbe l'aria molto ilare.
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