Volk – Aurora R. Corsini

SINTESI DEL LIBRO:
Le gocce lo colpivano senza sosta, uno scrosciare continuo
che annullava qualsiasi altra percezione, diventando una
sorta di massaggio ipnotico. Il rumore, costante e benedetto,
invadeva i suoi sensi e riempiva il vuoto, cancellando persino i
pensieri.
Alik non voleva sentire nulla. Agognava l’annichilimento di tutte le
sensazioni, ne aveva un bisogno disperato.
Il getto d’acqua della doccia serviva allo scopo: se lui restava
immobile, la cortina bollente lo ricopriva completamente e cancellava
il mondo esterno. E quello interno. Quell’abisso buio e desolato che
una volta era stato il suo animo.
Valente membro del clan Sakharov, secondogenito di un
capobranco leggendario, guerriero destinato a servire nell’Eos
secondo le tradizioni di famiglia. Dopo il recente viaggio in Siberia
nelle terre del suo branco d’origine, Alik non credeva più che
nessuna di queste definizioni, un tempo valide, potessero ancora
applicarsi a lui. Si sentiva vuoto e perso, estraneo a se stesso.
Aveva smarrito il suo lupo.
Non osava ammetterlo ad alta voce ma lì, al riparo sotto la coltre
liquida che lo schermava da tutto, poteva concedersi di pensarlo,
rabbrividendo per il terrore nonostante il calore dell’acqua.
L’impressione di un movimento lo strappò alla propria
autocommiserazione: pur sapendo chi si fosse appena affacciato
alla porta del bagno, la sua testa scattò di lato, le spalle tese e il
corpo pronto per l’azione. I riflessi ingranati di un guerriero, che
reagivano anche quando la mente era distratta.
«Allora non aspettiamo una conferma.» Lorcas lo fissò con
sguardo interrogativo mentre si infilava la camicia senza
preoccuparsi di allacciarla.
Alik sbatté le palpebre per scacciare alcune gocce fastidiose.
«Dopo quello che è successo ieri a Javier, Nael ha deciso di
attaccare la casa: quei nuovi trasformati sono troppo pericolosi
perché siano lasciati ancora liberi di agire indisturbati.»
Il pomeriggio del giorno prima, il vampiro e il suo compagno
umano, Connell, erano stati aggrediti mentre si trovavano
nell’appartamento del ragazzo. Uno degli uomini morsi di recente da
Walter si era introdotto in casa, probabilmente per rubare, e aveva
sorpreso i due mentre Javier era ancora preda del sonno diurno. Per
fortuna tutto si era risolto per il meglio ed erano riusciti a uccidere
l’intruso, ma il fatto che se ne andasse in giro all’apparenza fuori
controllo non tranquillizzava affatto l’Eos sulla situazione in città.
Lorcas si passò una mano tra i corti capelli biondi,
scompigliandoli. «Mi sembra un azzardo, attaccare senza avere la
certezza che Walter sia insieme agli altri.» Sbuffò, scuotendo la
testa. «Ma mia madre ha ragione, quei lupi vanno fermati il prima
possibile.»
Ultimo creato nella progenie di Nael, Lorcas era un abile
spadaccino, ma era stato trasformato da poche decine di anni e si
lasciava ancora guidare da un’insicurezza di fondo quando si
trattava di prendere decisioni importanti. Le sue capacità si
sarebbero affinate con il tempo, come accadeva quasi sempre alla
progenie di una vampira tanto potente, e, per il momento, confidava
nei compagni per lasciarsi guidare.
Fino a qualche settimana prima, Alik avrebbe cercato le parole
giuste per incoraggiare il giovane vampiro, rassicurandolo in merito
alla missione che li attendeva quella notte, ma in quel momento non
possedeva più alcuna certezza, riguardo a niente.
Vedendo che lui restava sotto la doccia, senza rispondergli,
Lorcas gli fece un cenno di saluto con la testa. «Vado a prepararmi,
grazie per…» Si leccò le labbra con un gesto nervoso, tradendo il
proprio imbarazzo.
Era dolce, o almeno sarebbe dovuto sembrarlo agli occhi di
qualcuno realmente interessato. «Quando vuoi.» Alik sperò di
sfoggiare un sorriso convincente e si spostò di nuovo sotto l’acqua,
sibilando appena il liquido bollente colpì le due punture che le sue
zanne gli avevano lasciato all’attaccatura della gamba, appena
sopra l’arteria femorale.
In passato avrebbe cercato la compagnia di Javier, ma ormai
l’amico si era innamorato ed era palese a tutti che avrebbe
dimenticato i secoli di libertinaggio per restare fedele al suo umano.
Connell, del resto, dava l’idea di essere capace di piantargli una
lama d’argento in corpo se l’avesse trovato a letto con qualcun altro.
Alik rispettava un sentimento talmente intenso, ecco perché la notte
precedente aveva chiesto a Lorcas se avesse bisogno di nutrirsi,
ospitandolo con piacere nella propria stanza per il giorno. Non era
pericoloso, perché la villa era a prova di vampiro anche fuori dai
tunnel, con pesanti scuri a bloccare le finestre durante le ore di luce.
Avvolgersi intorno a un amante era un buon modo per
allontanare la solitudine, almeno per qualche ora. Mai come in quel
momento Alik ne aveva avvertito il bisogno.
Il lupo era sempre stato dentro di lui, anche prima di affrontare la
sofferenza della prima mutazione, dopo che suo padre l’aveva
morso donandogli finalmente il destino a cui si era preparato per
tutta la vita. In qualche modo, forse grazie al retaggio antico della
sua stirpe, alle innumerevoli generazioni di mannari che si erano
susseguite nella famiglia Sakharov, Alik aveva percepito un’eco del
lupo ancora prima che la magia primordiale della bestia s’insinuasse
nel suo sangue. I suoi occhi avevano rivelato al mondo questa
traccia sottile, con il loro colore glaciale che non era cambiato
insieme al resto quando il corpo del predatore aveva soppiantato per
la prima volta quello dell’uomo. Un azzurro chiarissimo che incuteva
quasi timore, evocando corse alla luce della luna e zanne snudate.
Non era mai esistita una contrapposizione tra la sua forma
umana e quella animale, mutare per lui non aveva significato
separarsi da una parte di sé per acquisirne un’altra: Alik era sempre
stato il lupo, qualsiasi corpo abitasse la sua mente.
Non era più così. Percepiva distintamente l’animale, anche
adesso, ma non più come la propria anima, bensì simile a un’altra
entità, rannicchiata in un angolo oscuro del suo essere e decisa a
non mostrarsi.
Prese un respiro, poi un altro, spalancò la bocca, inalando
vapore e inghiottendo acqua. Gridare non sarebbe servito a placare
la sofferenza. Strizzando le palpebre, appoggiò la fronte alla parete
bagnata nel tentativo di ritrovare equilibrio.
Confidarsi con qualcuno, con Javier, oppure con uno dei suoi
compagni lupi, persino con la sua Signora Nael, non l’avrebbe
aiutato. Era solo. Per la prima volta in quattrocentotrentadue anni,
Alik era completamente solo.
Picchiò la testa contro le piastrelle fredde, ripetendo il gesto più
volte con intensità crescente, infine ringhiò tra i denti serrati per
impedirsi di urlare. Non aveva tempo per abbandonarsi alla
disperazione, il lavoro lo chiamava. Liberare i prigionieri era la loro
priorità in quel momento, soprattutto perché uno di essi era amico di
Connell. Oliver, così si chiamava. L’Eos aiutava tutte le vittime delle
creature sovrannaturali fuori controllo, motivo per cui Alik era
orgoglioso di servire Nael da quasi quattro secoli. Stavolta, però, la
missione aveva una valenza particolare, che li toccava da vicino, e
non sarebbe stata ignorata. Erano una famiglia, a modo loro.
Quella consapevolezza rinforzò la sua determinazione e alla fine
Alik riuscì a riaprire gli occhi, traendo un lungo respiro per calmarsi.
Era il momento di essere forte, il capobranco che apparteneva a
Nael, pur non fregiandosi ufficialmente di tale titolo.
Quando alcuni minuti dopo uscì dalla propria camera e scese al
piano terra, nessuno dei suoi compagni avrebbe potuto sospettare
quanto vicino fosse stato a crollare su se stesso gemendo solo poco
prima. Si unì agli altri guerrieri dell’Eos, armato di tutto punto e con il
volto impassibile, ascoltando Nael e Mathias che definivano gli ultimi
dettagli del loro piano d’azione.
Dopo una rapida occhiata alle planimetrie dell’edificio, per essere
sicuri di aver memorizzato la disposizione delle stanze e degli
accessi, vampiri e licantropi uscirono nella notte, silenziosi e già
concentrati sull’obiettivo. La coppia di tecnici informatici che li
affiancava, composta da una giovane tigre mannara e da un lupo,
era giunta in città alle prime luci dell’alba e si era messa subito al
lavoro. Tremal e Dominic avevano piazzato con discrezioni
telecamere e microfoni nella zona intorno alla casa, per capire più o
meno in quanti si nascondessero all’interno. La presenza di Walter
non era stata confermata, ma avrebbero potuto catturarlo in seguito,
adesso la priorità era privarlo dei suoi più recenti alleati e salvare le
vittime della loro crudeltà.
Lasciarono le automobili a debita distanza, per impedire di
essere fiutati, poi scivolarono rapidi e silenziosi tra gli edifici, in
attesa che Dominic tagliasse l’energia elettrica nella casa. Avendo
già appurato che i nuovi seguaci di Walter non erano ancora abituati
a sfruttare i sensi affinati del lato mannaro, avevano deciso di
affidarsi al buio per coglierli alla sprovvista.
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