Sharon scia – Il quinto episodio della saga più bella del giallo italiano – Ruco Magnoli

SINTESI DEL LIBRO:
Merano è molto gradevole sotto Natale. È calorosa e
linda allo stesso tempo, e alla mamma fanno bene le
cure termali; e anche a Mariana Morello. La mamma ha
preteso che l’accompagnassimo tutti. Non manca
nessuno: tutti a mie spese, compreso Totò, che a rigore
non spetterebbe a me; ma si rende utile, perché si
occupa di seguire le pazienti, aiutando Zeudi Araya e
Tina Pica, mentre noi andiamo a sciare a Monte San
Vigilio.
Ci si arriva in un’ora e mezza e in un’ora e mezza si
torna, con la mia jeep per Stella, Rossana, Balda e
Rodolfo, e con quella di Orso per Murphy e i Takeshi. In
realtà con l’auto ci si ferma e si riparte a Lana, dove
arriva la funivia, che è l’unico mezzo di trasporto per il
tratto finale.
Alla sera, tutti insieme a cena, in una grande tavolata
all’hotel Adige. C’è sempre un posto libero per Carlotta,
nella speranza che possa raggiungerci. Murphy ci fa dire
immancabilmente la preghiera aperitivo.
“Dio d’infinità bontà,
che nel tuo Figlio nato dalla Vergine Maria
hai manifestato l’amore che porti agli uomini:
benedici noi e il cibo che stiamo per prendere
e rendi i nostri cuori sempre più solleciti
verso i nostri fratelli.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.”
Se qualcuno in sala sorride con ironia, Murphy si alza
e incombe sul suo tavolo per benedirlo, con un sorriso
così mite da far paura, su un corpaccione come il suo.
Poi ripete la preghiera ad alta voce benedicendo tutta la
sala, che finalmente si lascia coinvolgere di buon grado.
È Natale. Sono in gran forma dopo il soggiorno alla
Nuova Marienhöhe del mio psicanalista, anche se lui
non è il nuovo Groddeck. Non ci sono più gli
psicoanalisti di una volta, Groddeck, Freud, Jung,
Ferenczi. Quella generazione lì era quella buona. Lacan
non è male, ma anche lui non è proprio nuovissimo e i
vecchi, diversamente da lui, non davano l’impressione di
non voler essere capiti.
Comunque sia la cura mi ha fatto bene, fra dieta e
sedute, aggiunta alla presenza, come accompagnatrice,
di Carlotta. Una deliziosa settimana di notti in comune, e
di passeggiate nel parco quando non ero impegnato col
dottor Pestalozzi Enrico – così si chiama il mio psi. Cura
o Carlotta, mi sono liberato da parecchie scorie del mio
narcisismo feroce. E ora eccomi qui.
Stiamo scendendo da Monte San Vigilio abbastanza
spediti. Il più impacciato è Orso, ma tutto sommato se la
cava anche lui. Siamo belli e sani, senza pensieri, ma
mentre ci avviciniamo alla fine della pista uno spettacolo
insolito ci distrae.
Nello spiazzo d’arrivo, bordato di sci infilati nella neve,
un corpo sdraiato si circonda sempre più di rosso.
Accelero e la mia banda mi segue. Ora riesco a vedere
che lo sdraiato ha una freccia conficcata nel petto.
Qualcuno già corre verso di lui e arriva insieme a noi,
che freniamo di botto, uno dopo l’altro, fra grandi
spruzzi di neve.
“Un medico!” grido ripetutamente intorno, per
richiamare l’attenzione. L’eco risponde, e mi rendo
conto che al nostro gruppo manca Watson. Bisogna
rimediare. Il primo che arriva lo arruolo.
Arriva un giovane bruno, un bel tipo siciliano direi,
che si china in fretta accanto al corpo, ma può solo
verificare che ormai il trafitto è deceduto.
Mentre lui visita, io faccio tutti gli scatti che posso, e
Orso mi imita. Gli altri si dispongono ad arco con aria
compunta. Murphy si fa avanti per una benedizione.
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