Plexus – Henry Miller

SINTESI DEL LIBRO:
«Sto scrivendo esattamente ciò che
voglio scrivere e nella maniera in
cui voglio scriverlo. Sto cercando di
ripetere con le parole un periodo
della mia vita che per me ha un
significato enorme, in ogni suo
particolare. Ho fatto uno sforzo
erculeo per rappresentarmi quale ero
allora... Voglio che questo libro
contenga tracce di vita.»
Anche con ^Plexus, secondo volume
del capolavoro autobiografico La
crocefissione rosea, uscito dopo lo
«scandaloso» Sexus, Miller non
«iniziava un libro ma se stesso»
cedendo la parola al caos della sua
anima e del mondo.
Nella New York degli anni Venti,
dominata da squilibri sociali,
proibizionismo e indizi del "grande
crollo", Miller svolge il suo
"apprendistato", offrendo al lettore -
in una sequenza di avventure,
tragedie, intermezzi comici, odi,
amori, ricordi, citazioni, deliri
alcolici, eccessi, riflessioni
sull'umanità - una torrenziale e
affascinante vastità di esperienze di
vita.
Introduzione
Nel settembre del 1949, mentre
Henry Miller era alle prese con la
stesura di Plexus, il secondo volume
de La crocefissione rosea (una
trilogia, anche se Miller avrebbe
preferito che fosse considerato un
volume unico di quasi duemila
pagine), Lawrence Durrell ricevette
una delle prime copie a stampa di
Sexus, il primo volume della
trilogia. Durrell era stato e in un
certo senso era ancora il massimo
ammiratore di Miller, e aveva
contribuito più di chiunque altro a
diffondere la sua fama; ma Sexus lo
aveva inorridito e, nonostante la
lunga amicizia, si era sentito in
dovere di dire a Miller ciò che
pensava. Ecco la lettera, datata 5
settembre 1949.
«British Legation, Belgrado 5
settembre 1949Caro Henry, solo una
breve lettera; sono tremendamente
preso. Ho ricevuto da Parigi Sexus,
e sono a metà del secondo volume.
Devo confessarti d'esserne rimasto
amaramente deluso, nonostante il
fatto che esso contenga alcune delle
pagine più belle che tu abbia scritto
sino a oggi. Ma, mio caro Henry, la
volgarità morale di tanta parte del
libro è artisticamente dolorosa. Tutte
queste scene sciocche, prive di
senso, senza raison-d'être, senza
ironia, semplici esplosioni infantili
di oscenità... che peccato, davvero...
che peccato che un grande artista
non abbia sufficiente senso critico
per amministrare le proprie forze e
mantenere il suo talento puntato
verso il bersaglio. Quale forza ti ha
mai posseduto e ti ha fatto dire tante
sciocchezze? Mi rendo conto che
con i grandi, sconfinati voli della tua
prosa, tu debba di tanto in tanto farti
strada attraverso un tratto di prosa
che dà poche soddisfazioni; ma la
cosa strana è che nel libro non si
sente quasi per nulla una vera
passione. Le parti migliori
risplendono di un nuovo, freddo e
luminoso, ardore: il misticismo, che
poi hai infiorato con pesanti brani di
narrativa puerile. Spero non me ne
vorrai se ti dico queste cose, perché
lo sai che ti considero uno dei più
grandi maestri viventi. Ma questo
libro, davvero, ha bisogno di essere
messo da parte e riordinato.
L'oscenità che vi è contenuta non è
davvero degna di te: è del tutto
assurdo rovinare le parti buone del
libro con questo uso sciocco di
ingiurie, scritte oltretutto così male.
Mi riferisco a cose come l'aneddoto
contenuto a pagina 24 del primo
volume. E' solamente qualcosa di
penoso, e nient'altro; non dà nessun
contributo a ciò che stai cercando di
fare. Sono tremendamente triste di
dover usare parole tanto impertinenti
di fronte al genio che tanto ammiro,
ma Henry, Henry, Henry... Se ti fossi
fermato dieci minuti a pensare,
avresti salvato il libro. Così com'è
dà l'impressione di essere stato
scritto dal dottor Jekyll e da Mr'
Hyde (e Mr' Hyde non è davvero
mostruoso né terrificante, ma è solo
dolorosamente disgustoso)...
Probabilmente queste parole ti
faranno venire voglia di darmele di
santa ragione, ma penso sia meglio
parlare con franchezza. L'ampia
risonanza che ebbero Cancro e
Primavera nera è svanita
completamente, e tu hai perso
l'occasione per sviluppare i tratti
veramente innovativi della tua prosa,
e che dovrebbero suggellare la tua
opera; il nuovo schema mistico è
tutto lì: ma si perde, si perde
maledettamente in questo torrente di
acqua sporca che non stimola, non
tonifica più, ma si rivela solo una
triste cascata di volgarità
escrementizie. Ci si ritrae con
stupore e si volge la testa altrove.
Che cosa ti ha mai fatto perdere
l'equilibrio su una semplice
questione di gusto, di gusto
artistico?
Non ho tempo per continuare, ci
troviamo nel bel mezzo di una
grossa crisi, e con molto lavoro da
fare. Fa comunque piacere leggerti,
vecchio bastardo, anche se sono
arrabbiato perché penso che questo
libro sia un fallimento.
Il mio affetto
Larry»
A questa lettera seguì cinque giorni
dopo il seguente telegramma:
«Belgrado 10 settembre 1949Miller
Big Sur - Calif Sexus
vergognosamente brutto rovinerà
completamente reputazione se non
ritirato et corretto. Larry»
Miller rispose qualche giorno dopo
con una lettera niente affatto
rancorosa o offesa ma estremamente
rivelatrice dello stato d'animo dello
scrittore durante la stesura della
trilogia autobiografica:
«Big Sur 28 settembre 1949Caro
Larry, oggi ho ricevuto un'altra tua
lettera su Sexus, e insieme la tua
copia carbone per Girodias: mi hai
davvero conciato per le feste. Lo so
che ti sentiresti meglio se mi
arrabbiassi con te, ma non ci riesco.
Me la rido e scuoto la testa
sbalordito, ecco tutto.
Chiaramente non posso avere una
visione obiettiva, distaccata del mio
lavoro. Se potessi, probabilmente
potrei capire a cosa miri.
Giudicare il proprio lavoro è
impossibile; forse hai ragione, forse
sono finito. Ma dentro di me, non mi
sento finito, neppure se il mondo
intero condannerà il libro.
L'altro giorno ho terminato il
secondo libro [Plexus], che adesso
sto correggendo. E' più o meno della
stessa lunghezza del primo.
Pochissimo sesso; ma, ai tuoi occhi,
avrà altri difetti. Ciò che voglio dirti
è questo - l'ho già detto e lo ripeto
solennemente: sto scrivendo
esattamente ciò che voglio scrivere e
nella maniera in cui voglio scriverlo.
Forse sono solo sciocchezze, o forse
no. Il fatto che io esibisca tutto ciò
che sta sotto la luce del sole
potrebbe voler dire, come tu pensi,
che abbia perso ogni senso del
valore.
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