La prossima persona che incontrerai in cielo – Mitch Albom

SINTESI DEL LIBRO:
Al momento della sua morte, Annie era alta e snella, con capelli
biondi, lunghi e ricci, gomiti e spalle sporgenti, e quando si sentiva in
imbarazzo diventava rossa sul collo. Aveva dei brillanti occhi verde
oliva, e un ovale delicato che i colleghi trovavano «grazioso quando
hai avuto modo di conoscerla».
Infermiera in ospedale, sul posto di lavoro indossava un camice
blu e scarpe da ginnastica grigie. E proprio nell’ospedale in cui
lavorava avrebbe lasciato questo mondo, in seguito a un terribile,
tragico incidente, a poco meno di un mese dal suo trentunesimo
compleanno.
Alcuni potrebbero pensare che fosse troppo giovane per morire.
Ma chi può stabilire quale sia il momento giusto? Da bambina, Annie
era scampata alla morte nel corso di un altro incidente, al Ruby Pier,
un parco divertimenti che si affacciava sul vasto oceano grigio. I
presenti dissero che si era trattato di un miracolo.
Quindi, forse, il suo tempo era già trascorso da un po’.
«Siamo qui riuniti oggi...»
Se sapeste di dover morire, come passereste le vostre ultime
ore? Annie, che non lo sapeva, le passò sposandosi.
Il suo fidanzato si chiamava Paulo. Aveva occhi di un azzurro
chiarissimo, come il fondo di una piscina, e una zazzera di capelli del
colore dell’uva passa. Si erano conosciuti alle elementari, mentre
giocavano alla cavallina, nel cortile di asfalto. Annie era nuova,
timida e introversa, e se ne andava in giro a testa bassa, ripetendo
fra sé: Vorrei scomparire.
Poi un bambino le aveva appoggiato le mani sulle spalle e le era
atterrato davanti come un pacco postale.
«Ciao, mi chiamo Paulo», le aveva detto sorridendo, un ciuffo
davanti agli occhi.
E all’improvviso Annie desiderò non muoversi più da lì.
«Vuoi tu, Annie, prendere quest’uomo...»
Con quattordici ore ancora da vivere, Annie disse «sì». Lei e
Paulo si sposarono sotto un gazebo sulla riva di un lago dalle acque
viola scuro. Da adolescenti si erano persi di vista, e si erano ritrovati
solo da poco. Gli anni precedenti erano stati difficili per Annie. Aveva
vissuto relazioni sbagliate, si portava dentro un grande senso di
perdita ed era giunta a credere che non avrebbe mai più amato un
uomo, e che di certo non si sarebbe mai sposata.
Invece eccoli lì, Annie e Paulo. Dissero sì di fronte al pastore e si
presero per mano. Annie era vestita di bianco, Paulo di nero, la pelle
dorata dal sole. Voltandosi a guardare il futuro marito, Annie vide
una mongolfiera volare verso il tramonto. Che bella, pensò.
Poi spostò lo sguardo sul sorriso di Paulo, ampio come
l’orizzonte. Seguì un momento di divertito imbarazzo, poiché lui non
riusciva a infilarle l’anello. Quando Annie alzò la mano per mostrarlo
agli invitati, tutti gridarono: «Congratulazioni!»
Tredici ore da vivere. Sfilarono fra le file di sedie a braccetto, una
coppia appena sposata con tutto il tempo del mondo davanti a sé.
Mentre Annie si asciugava le lacrime di commozione, scorse un
uomo sorridente seduto nell’ultima fila, il viso largo, la mandibola
lievemente protrusa e un vecchio berretto di lino in testa. Le
sembrava di conoscerlo.
«Paulo», sussurrò, «chi è quell’uomo?»
Ma qualcuno si intomise. «Sei bellissima!» esclamò una cugina
adolescente con l’apparecchio ai denti; Annie le sorrise mimando un
«grazie» con le labbra.
Quando tornò con lo sguardo all’ultima fila, l’uomo era
scomparso.
Dodici ore. Annie e Paulo aprirono le danze, sotto fili di lucine
bianche. Paulo alzò un braccio e le chiese: «Pronta?»
Lei si ricordò di un ballo di fine anno alle medie, quando aveva
marciato dritta verso Paulo e gli aveva detto: «Sei l’unico ragazzo
che mi rivolge la parola, quindi dimmi subito se vuoi ballare con me,
sì o no, altrimenti me ne torno a casa a guardare la tv».
Paulo le aveva sorriso allora come le sorrideva adesso, e ancora
una volta i loro cuori si incastrarono perfettamente come tessere di
un puzzle. Un fotografo balzò davanti a loro gridando: «Guardate da
questa parte, sposini!»
D’istinto, Annie nascose dietro la schiena di Paulo la mano
sinistra, leggermente più piccola della destra, la mano che ancora
portava le cicatrici dell’incidente occorso più di vent’anni prima.
«Bellissimi», disse il fotografo.
Undici ore. Annie prese il braccio di Paulo e si guardò attorno. La
festa volgeva al termine. Fette di torta avanzate, i tacchi alti delle
signore sfilati sotto ai tavoli. Era una festa intima: Annie non aveva
molti parenti, e aveva chiacchierato con quasi tutti gli ospiti, molti dei
quali esclamavano a gran voce: «Dobbiamo vederci più spesso!»
Paulo le disse: «Ho qualcosa per te». Lei sorrise. Paulo la riempiva
di pensierini. Statuine di legno, ciondoli; aveva imparato a intagliare
il legno e a dipingere in Italia, dove la sua famiglia si era trasferita
quando lui era adolescente. All’epoca, Annie era certa che non lo
avrebbe rivisto mai più. Ma anni dopo, da infermiera, passando
davanti a un reparto in costruzione dell’ospedale, lo aveva ritrovato a
lavorare come carpentiere.
«Ehi, io ti conosco», le aveva detto. «Tu sei Annie!»
Dieci mesi più tardi erano fidanzati.
Da principio Annie era felice ma, via via che il matrimonio si
avvicinava, la sua ansia cresceva. Non riusciva più a dormire. «Ogni
volta che faccio dei progetti, tutto va a monte», aveva detto a Paulo.
Lui l’aveva abbracciata ricordandole che non aveva «progettato»
di incontrarlo quel giorno in ospedale.
Con aria di sfida, Annie aveva replicato: «Ne sei certo?»
Lui aveva riso. «Questa è la Annie che voglio sposare!»
Ma i suoi timori non erano svaniti.
«Ecco», le disse Paulo, porgendole una piccola creazione di fil di
ferro giallo, morbida e pelosa, con orecchie e piedi ovali.
«Un coniglio?» chiese Annie.
«Esatto.»
«Fatto con gli scovolini?»
«Già.»
«Dove l’hai preso?»
«L’ho fatto io, perché?»
Annie fu percorsa da un brivido e si sentì improvvisamente a
disagio. Si guardò attorno nella sala da ballo e vide il vecchio di
prima. Portava due ispidi basettoni, e i suoi abiti avevano almeno
trent’anni. Ma ciò che aveva attratto la sua attenzione era il viso: era
strano, la pelle quasi radiosa.
Dov’è che l’ho già visto?
«Non ti piace?»
Annie trasalì. «Cosa?»
«Il coniglietto.»
«Oh, sì, è adorabile.»
«Sì», ripeté Paulo, rimuginando su quella parola. «Abbiamo detto
‘sì’ un sacco di volte, oggi.»
Annie sorrise e accarezzò il suo nuovo regalo, ma si sentiva
gelare il sangue.
Il giorno del fatidico incidente, il vecchio con i baffi che ora vedeva lì
al suo matrimonio le aveva donato un coniglietto fatto di scovolini,
proprio come quello che le aveva dato Paulo.
Un uomo che era morto più di vent’anni prima.
Si chiamava Eddie e lavorava al Ruby Pier: era il manutentore
delle giostre. Ogni giorno percorreva a piedi il parco verificando
ciascuna attrazione, sempre in ascolto, ingrassando rotaie e
stringendo bulloni allentati. Portava sempre degli scovolini colorati
nel taschino della divisa, per creare figurine da donare ai clienti più
piccoli.
Il giorno dell’incidente, Annie era stata lasciata sola dalla madre,
che si era appartata con la sua ultima fiamma. Eddie stava
guardando l’oceano, quando Annie si era avvicinata, con indosso un
paio di shorts di jeans e una maglietta verde lime con un
personaggio dei cartoni animati sul petto.
«Scuuusa, Eddie Manutenzione?» aveva detto leggendo la
targhetta sulla divisa.
«Eddie può bastare», aveva sospirato lui.
«Eddie?»
«Mmm?»
«Puoi farmi...»
Annie aveva giunto le mani come per pregare.
«Forza, ragazzina. Non ho tutto il giorno a disposizione.»
«Puoi farmi un animale? Sei capace?»
Eddie aveva sollevato lo sguardo, come per riflettere. Poi aveva
infilato la mano nel taschino della camicia e aveva tirato fuori tre
scovolini gialli per farne un coniglietto, identico a quello che Paulo le
aveva appena regalato.
«Grazie!!!» aveva esclamato la bambina correndo via tutta felice.
Dodici minuti più tardi, Eddie era morto.
Il fatidico incidente era avvenuto quando uno dei vagoncini della
Freddy’s Free Fall, la giostra della caduta libera, si era sganciato a
sessanta metri di altezza. Il vagoncino era rimasto a ciondolare
come una foglia morta, mentre i passeggeri erano stati tratti in salvo.
Osservandolo dal basso, Eddie si era reso conto che il cavo si stava
sfilacciando. Se si fosse spezzato, il vagoncino si sarebbe schiantato
al suolo.
«Indietro!» aveva gridato.
La folla si era data alla fuga.
Ma Annie, nella confusione, era corsa nella direzione sbagliata. Si
era rannicchiata sulla base metallica dell’attrazione, terrorizzata al
punto da non riuscire a muovere un passo. Il cavo si era spezzato e
il vagoncino era precipitato. Si sarebbe schiantato su Annie, se
Eddie non si fosse tuffato oltre la piattaforma all’ultimo istante, per
spingerla via. Il vagoncino era atterrato su Eddie.
Gli aveva preso la vita.
Ma si era preso anche un pezzo di quella di Annie: la mano
sinistra. Un frammento di metallo si era staccato in seguito
all’impatto e aveva reciso di netto la manina. Due operai dai nervi
saldi avevano messo la mano nel ghiaccio, e i paramedici avevano
portato d’urgenza la bambina in ospedale, dove i chirurghi avevano
operato per ore, cercando di riparare tendini, nervi e arterie,
trapiantando la pelle e risaldando la mano al polso con viti e placche.
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