La fiera della vanità –  William Makepeace Thackeray

SINTESI DEL LIBRO:

 DAVANTI AL SIPARIO
Il Regista che siede sul palcoscenico davanti al sipario a contemplare la
Fiera, si sente pervadere dal sentimento di profonda malinconia che gli ispira
quel luogo brulicante di folla. Non si fa che mangiare e bere, amoreggiare e
piantarsi, ridere e piangere; non si fa che fumare, imbrogliare il prossimo,
altercare, ballare e strimpellare. Ci sono smargiassi che si aprono un varco a
spintoni, bellimbusti che fanno l'occhio dolce alle donne, ladruncoli pronti a
svuotar le tasche, poliziotti all'erta, imbonitori ( altri imbonitori, che il
diavolo se
li porti!) che strepitano davanti ai loro baracconi, zotici col naso all'aria a
guardare i ballerini in vesti multicolori, i poveri acrobati dal viso
impiastricciato
di belletto, mentre individui dalle dita agili e leggere armeggiano con le loro
tasche posteriori. Sì, questa è la FIERA DELLA VANITÀ: non è certo un
luogo
morale, e nemmeno allegro, ad onta di tanto chiasso. Guardate la faccia degli
attori e dei pagliacci quando fanno ritorno tra le quinte: Tom il Tonto che si
lava le guance spalmate di trucco prima di sedere a cena dietro il fondale di
tela insieme con la moglie e col piccolo Jack Budino. Tra qualche istante si
alzerà il sipario, e lui sarà lì a saltare e a sgambettare strillando: «Buongiorno
a tutti!»
Camminando in mezzo a una siffatta compagine umana, una persona
incline alla riflessione non si sentirà oppressa, ritengo, dalla propria o
dall'altrui
ilarità. Una scenetta amena o gentile può saltuariamente commuoverla o
divertirla: un grazioso bimbetto che sosti davanti a un banco di pan pepato;
una bella ragazza che arrossisce mentre il suo innamorato le parla e le compra
un regaluccio. Tov il Tonto, poveraccio che se ne sta laggiù dietro il carro a
rosicchiare le sue ossa insieme con la famiglia che sbarca il lunario con le
capriole. Ma l'impressione generale tende alla malinconia più che
all'allegrezza.
Tornati a casa, vi ponete a sedere indugiando a uno stato d'animo pacato,
contemplativo, non esente da spirito di carità, e vi dedicate ai vostri libri o ai
vostri affari.
Non vedo, al di fuori di questa, altra morale applicabile alla presente
storia della Fiera della vanità. C'è chi giudica le fiere affatto immorali, e le
evita, come le evitano i suoi domestici e i suoi familiari. Molto probabilmente
costoro hanno ragione. Ma le persone che la pensano altrimenti, e sono
indolenti benevole o portate al sarcasmo, possono forse compiacersi di
trascorrervi una mezz'ora e dare un'occhiata agli spettacoli. Ce ne sono per
tutti i gusti; accanite contese, nobili e solenni cavalcate, scene di vita
aristocratica, altre di vita decisamente meschina; un certo sentimentalismo e
qua e là qualche sprazzo di comicità. Il tutto fruisce di uno scenario acconcio
illuminato a giorno dalle candele fornite dallo stesso Autore.

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