La corona del diavolo -James Rollins

SINTESI DEL LIBRO:
Isola di Queimada Grande, Brasile,
oggi, 8 marzo, ore 15.45
Il cadavere giaceva a faccia in giù, metà sulla sabbia e metà sull’erba.
«Questo poveraccio era quasi riuscito a raggiungere la barca», disse il
professor Ken Matsui, facendosi da parte per consentire al medico della
squadra – una giovane di nome Ana Luiz Chavos – di esaminare il corpo.
Chiunque mettesse piede su Queimada Grande, un’isola a una ventina di
miglia dalla costa del Brasile, doveva essere accompagnato da un medico e
da un rappresentante della Marina militare brasiliana.
La loro scorta militare, il tenente Ramon Dias, si avvicinò al piccolo skiff a
motore mimetizzato, nascosto tra alcune rocce qualche metro più avanti.
Sbuffò in modo beffardo e sputò in mare. «Caçador furtivo... idiota.»
«Dice che doveva essere un bracconiere», spiegò Ken allo specializzando
della Cornell University che lo aveva accompagnato su quella remota isola
del Brasile.
Oscar Hoff aveva ventisette anni, la testa rasata e il braccio sinistro
ricoperto di tatuaggi. Il suo aspetto gli dava un’aria da duro, ma era tutta una
facciata per le giovani studentesse che si lasciavano ingannare dalle
apparenze. A giudicare dal volto pallido e dalle labbra contorte in una
smorfia di disgusto, era evidente che quello era il primo cadavere in cui
s’imbatteva. Ovviamente, lo stato in cui versava il corpo non migliorava le
cose: era stato straziato da uccelli e granchi. Una larga pozza scura inzuppava
la sabbia sotto di lui.
A differenza dello studente, la dottoressa Chavos non sembrava per nulla
impressionata dalle condizioni del cadavere. Osservò attentamente le braccia
scoperte, quindi si sedette sui talloni e disse qualcosa in portoghese a Dias,
prima di voltarsi verso il mare e fissare il sole basso all’orizzonte.
Mancavano solo due ore al tramonto. «È morto da almeno tre giorni», stabilì,
indicando il braccio sinistro dell’uomo, annerito e necrotizzato tra il gomito e
il polso. Un osso bianco scintillava tra i tessuti decomposti. «Morso di
serpente.»
«Bothrops insularis.» Ken spostò lo sguardo verso le vicine rocce e la
foresta pluviale che coronava le alture di quell’isola di cinquanta ettari. «Un
ferro di lancia dorato.»
«Ecco perché la chiamano isola dei serpenti», disse Dias. «È la loro isola, e
lei farebbe bene a ricordarselo.»
Era per via dei serpenti che infestavano l’isola – e la loro condizione di
specie a rischio d’estinzione – a limitarne l’accesso alla sola Marina
brasiliana. I militari vi si recavano una volta ogni due mesi per effettuare la
manutenzione dell’unico faro presente, che era stato automatizzato da quando
la famiglia del primo guardiano – moglie, marito e tre figli – era stata uccisa
da alcuni serpenti entrati da una finestra aperta. I cinque avevano tentato di
scappare, ma erano stati morsi da altre vipere sul sentiero che dalla foresta
portava alla spiaggia.
Da allora, l’isola era vietata ai turisti. Solo pochissime équipe scientifiche
avevano il permesso di andarci, ma sempre con un’adeguata scorta.
Come quel giorno.
Grazie al considerevole appoggio dei suoi finanziatori giapponesi, Ken era
riuscito a organizzare quella spedizione all’ultimo secondo, quando avevano
scoperto che una tempesta si sarebbe abbattuta sulla regione il giorno
seguente. E così, per non perdere l’occasione, lui e Oscar avevano lasciato in
tutta fretta il loro hotel nel villaggio costiero d’Itanhaém e si erano imbarcati
per il rotto della cuffia.
Ana Luiz si alzò. «Prendiamo i suoi due esemplari e torniamo sulla
terraferma prima che venga sera.» La loro chiatta Zodiac era ormeggiata in
un’insenatura sabbiosa nelle vicinanze. «Sarà meglio non trovarsi qui col
buio.»
«Faremo in fretta. Non dovrebbe volerci molto, visto il gran numero di
ferri di lancia presenti sul posto.» Ken tirò fuori un gancio per serpenti e
diede le ultime istruzioni a Oscar. «Su quest’isola c’è all’incirca una vipera
ogni metro quadrato. Dunque sta’ indietro e fa’ come ti dico. E ricordati:
ovunque tu vada, rimani sempre a un passo da creature letali nascoste sotto
una roccia o tra i rami di un albero.»
Oscar guardò il cadavere sulla spiaggia: gli bastava quello a ricordargli di
tenere gli occhi ben aperti. «Perché qualcuno rischierebbe la vita venendo qui
da solo?
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