Il sogno di Youtube. La più grande piattaforma video del mondo raccontata da una youtuber – Anna Covone

SINTESI DEL LIBRO:
«Che lo si ami o lo si odi, YouTube catalizza interessi di ogni genere,
da conoscere e da capire»
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Mentre non tutti hanno un profilo su Facebook o su Instagram,
ognuno di noi, per un motivo o per un altro, prima o poi è capitato su
YouTube. Ci sono modi diversissimi di utilizzare YouTube e contenuti
di tutti i tipi che possono attirare la nostra attenzione. C’è chi lo
frequenta in maniera sporadica per trovare video di proprio
interesse, dalla musica allo sport, dal giardinaggio alla cucina,
dall’astronomia alla filosofia, dai video divertenti a quelli di gossip,
dai gameplay ai make-up tutorial. C’è chi semplicemente segue un
link trovato su un altro social network, per esempio Facebook o
WhatsApp, e si ritrova su YouTube a guardare contenuti di carattere
informativo oppure video di intrattenimento che possono rendere una
giornata dura o particolarmente noiosa più sopportabile. Poi c’è chi,
invece, fa di YouTube un uso più sistematico, arrivando a
considerarlo una sorta di seconda casa, un luogo dove soddisfare
esigenze personali percepite come difficilmente esprimibili in altri
contesti. Per esempio, nell’età adolescenziale, frequentare YouTube,
riunirsi nella community3 di uno youtuber famoso commentando ogni
suo video e partecipando ai suoi raduni può essere il modo di far
parte di un gruppo. Ci si iscrive ai canali preferiti, si creano delle
playlist personalizzate all’interno delle quali collezionare video che
finiscono con il completare le nostre personalità, esprimendo i gusti
e gli interessi del momento. Poi c’è chi, come me e tanti altri, si butta
nell’avventura di creare egli stesso dei video, per farne un lavoro o
semplicemente per diletto, mostrandosi direttamente all’interno della
telecamera oppure pubblicando su YouTube video-montaggi di foto o
di clip, stile Blob, in cui l’autore del video non è visibile. Per tutti
questi motivi non è possibile definire con certezza il profilo
dell’utente di YouTube: ci sono tantissime tipologie di utilizzo e
contenuti diversissimi fra loro. Quello che invece accomuna tutte le
esperienze sulla piattaforma è una certa contraddizione di fondo, la
sensazione di trovarsi sempre di fronte a un bivio: da una parte
ognuno di noi può trovare su YouTube contenuti che ama
profondamente, che lo aiutano, che lo ispirano; dall’altra parte,
inevitabilmente, navigando su YouTube incontrerai, prima o poi, uno
youtuber o un video che proprio non ti piace, che addirittura ti
disgusta o che ti fa arrabbiare. È per questo motivo che nel discorso
dominante, nelle chiacchiere da bar, nelle conversazioni in famiglia o
a scuola, il mondo di YouTube non riceve mai un’unica connotazione
ma, di volta in volta, viene presentato positivamente come la
soluzione a un problema (per esempio “devo trovare un tutorial per
capire come fare qualcosa”) oppure negativamente come la causa di
un problema (“mio figlio si comporta da maleducato per via dei video
pieni di espressioni scurrili che guarda su YouTube”).
La complessità di questo scenario fa sì che le rappresentazioni più
comuni della piattaforma e dei suoi utilizzatori siano la maggior parte
delle volte superficiali, schizofreniche e quindi poco realistiche. A
causa dell’impossibilità di rendere conto di tutti i suoi molteplici
utilizzi e di tutte le differenti tipologie di utente, il discorso intorno al
mondo di YouTube subisce spesso l’influenza di una visione duale e
oppositiva della realtà, come riassunto dal sociologo Filippo Ceretti
nel passaggio seguente:
«Si tratta YouTube da una parte come se fosse l’ambiente in cui vive
una nuova forma d’umanità “nativa digitale” dai contorni indefiniti e
spesso minacciosi, dall’altra parte come se fosse la frontiera utopica
di una nuova cultura, la terra promessa di un futuro migliore, se non
– molto più prosaicamente – una nuova professione molto
promettente. Ma al di là dei proclami, che cos’è veramente YouTube
e chi sono gli youtuber?»
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Questa visione limitata, che non accetta contraddizioni al suo
interno, rende impossibile comprendere veramente la complessità
dei significati coinvolti nella partecipazione alla piattaforma di
YouTube e le particolarità del vissuto del singolo partecipante.
Inoltre, presentando due punti di vista completamente agli estremi e
percepiti come irrimediabilmente inconciliabili si finisce con il creare
delle pericolose fratture: da una parte troviamo i tecno-utopisti (o
tecno-entusiasti) che considerano il web come un fattore sempre
positivo per il processo evolutivo umano e lo difendono dagli attacchi
di chi lo critica; dall’altra ci sono i tecno-catastrofisti, che vedono
nella tecnologia un fattore di impoverimento culturale e una minaccia
per la libertà. Ma, oltre a sfavorire un dialogo, quest’approccio fa sì
che, molto spesso, gli aspetti più interessanti di un fenomeno digitale
vengano trascurati in favore di una lettura totalmente positiva o
totalmente negativa. Un approccio, questo, che serve solo a
generare allarmismi o, al contrario, facili entusiasmi, a offrire
argomenti utili a chi è più interessato a schierarsi che a capire,
alimentando la polemica invece che il dialogo. Come ho scritto
qualche anno fa:
«Possiamo intendere YouTube nella sua accezione positiva, come
un ulteriore strumento attraverso il quale le persone scelgono di
informarsi ed esprimersi, oppure in maniera negativa ritenendolo la
causa di molti mali contemporanei, come la commercializzazione di
ogni aspetto della vita, l’alienazione sociale e l’amplificazione delle
più diverse problematiche giovanili. Eppure, nessuna di queste
letture, presentate in modo superficiale e decontestualizzato, ci può
aiutare a comprendere come questo strumento, che è al tempo
stesso un fenomeno collettivo, stia cambiando il modo di conoscersi
e formarsi delle nuove generazioni, così come ha già trasformato
profondamente il nostro modo di relazionarci ed esprimerci»
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Ogni generalizzazione di YouTube o del web, in un senso o nell’altro,
finisce per veicolarne una visione incompleta e perciò inesatta,
contribuendo alla creazione di luoghi comuni che non aiutano le
persone a comprenderne l’utilizzo che ne viene fatto. E che
tantomeno ci permettono di rintracciare le motivazioni profonde che
1.2.
spingono tantissime persone, in particolare i giovanissimi, a coltivare
con cura i propri avatar digitali.
Perché YouTube esercita un fascino irresistibile sui
giovani?
Come YouTube è entrato a far parte della mia vita? Cos’è che mi ha
attirato verso questa piattaforma? Perché a un certo punto della mia
esistenza ho deciso di dedicare gran parte delle mie energie a
creare contenuti da pubblicare su YouTube e a cercare di conoscere
questa piattaforma sempre più a fondo?
Come molti altri, quando ho cominciato a utilizzare YouTube ne ero
completamente affascinata, inebriata dalla vastità di contenuti che
potevo guardare sulla piattaforma e che difficilmente avrei trovato
altrove. Il nostro Netflix erano state per lungo tempo le videoteche
stile Blockbuster, ma nel 2006, andando a vivere in città per
frequentare l’università, finalmente avevo una connessione
abbastanza potente da permettermi di accedere continuativamente a
uno streaming video di qualità decente. All’epoca la piattaforma di
YouTube aveva solo un anno di vita ed era per me, come per
tantissimi altri ragazzi della mia età, lo strumento ideale per trovare
videoclip dei cantanti o dei gruppi musicali preferiti e per scoprire
nuova musica interessante grazie alla funzionalità dei video correlati
che suggerisce video simili a quelli che hai visualizzato. Una
generazione, cresciuta a dosi massicce di MTV, aveva finalmente la
possibilità di scegliere quali video musicali vedere e quando. Non
era più necessario stazionare ore e ore davanti allo schermo della
televisione prima di riuscire a guardare, o addirittura a registrare, i
propri video preferiti! Poi, tra un esame e l’altro, cominciai a
guardare anche una grande quantità di documentari di ogni tipo, la
cui visione spesso non avveniva in solitudine. Guardare video
insieme era un modo per passare il tempo con gli amici, scoprendo
nuove informazioni che contribuivano a rendere più stimolanti le
nostre conversazioni sul mondo. Il vero amore, però, è scattato
quando mi sono resa conto che YouTube rappresentava anche
un’incredibile videoteca dove trovare film d’autore di un’epoca
passata: ero attratta per lo più da pellicole appartenenti agli anni
Sessanta e Settanta. Ho ancora oggi, in casa, una parete
completamente dedicata ai registi e agli attori del neorealismo e
della commedia italiana che hanno finito per far parte di me e che
attraverso YouTube ho potuto conoscere più facilmente che se fossi
dovuta andare alla ricerca di rari DVD, in qualche videoteca per
appassionati o in qualche archivio comunale.
Questa fase della mia vita mi ha permesso di comprendere meglio
l’evoluzione di questo enigmatico paese in cui vivo, l’Italia, di inserire
nella mia mente immagini del dopoguerra e del boom economico,
importantissime per capire il periodo storico che stavo vivendo. Ero
innamoratissima di YouTube perché era il mezzo che mi permetteva,
semplicemente digitando nel motore di ricerca una parola chiave
come “film completo”, di accedere a mondi passati che mi aiutavano
a spiegare l’attualità, a colmare un vuoto lasciato dai libri di scuola e
dalla mancanza di sufficienti racconti da parte dei nonni, dei genitori,
del mondo adulto che mi circondava, spesso troppo assorbito dal
presente da non avere tempo per raccontare il passato, forse
dimenticando anche l’importanza di ricordarlo.
All’inizio scrivevo su un quadernino, per fissarle nella mia memoria,
le frasi dei film che mi avevano più colpita, ma ben presto mi resi
conto che proprio YouTube poteva essere uno strumento ancora più
potente per raccogliere, organizzare questo materiale e soprattutto
renderlo disponibile a chi aveva lo stesso interesse. Il primissimo
canale che ho aperto su YouTube non è TuttosuYouTube, quello di
cui parlerò in modo più approfondito più in là e per il quale molti mi
conoscono. Il mio primissimo canale è stato iComplessi, dal nome di
un celebre film degli anni ’60. Mi piaceva il film e mi piaceva l’idea
che il nome del canale riprendesse un po’ anche la situazione di noi
giovani, complessati, disorientati di fronte all’impossibilità di
comprendere totalmente la realtà che ci sta intorno e accettarne le
sue contraddizioni: un disagio che caratterizza, molto spesso, questa
fase della vita e che, attraverso YouTube o altre forme di attività
creativa, può trovare un modo semplice e divertente per essere
sublimato. Tagliuzzavo pazientemente i pezzettini di film che mi
sembravano più significativi e, con Windows Media Player,
attraverso il montaggio, creavo storie tutte mie che evidenziavano,
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ogni volta, un problema o un messaggio che per me era importante
comunicare. All’epoca non cercavo modi per promuovere questo
canale, mi bastava sapere che le mie riflessioni, le scoperte che
facevo, in qualche modo non rimanessero solo dentro di me ma
potessero essere condivise con gli altri, con qualcuno che, cercando
il nome di un regista o di un film, trovando un mio video poteva
vedere, attraverso i miei occhi, un particolare o un riassunto di una
determinata pellicola. C’era l’esigenza, fortissima, di comunicare i
miei pensieri e le mie emozioni pur non utilizzando la mia voce e le
mie parole: su questo primo canale non mi mostravo all’interno dei
video e il mio nome e la mia immagine non comparivano mai.
L’anonimato non era un problema, anzi, l’unica cosa importante era
riversare in un contenitore, sufficientemente capiente e semplice da
utilizzare, quel turbinio di pensieri e emozioni che avevo dentro.
Non sono l’unica che ha usato o usa YouTube in questo modo: è
molto comune utilizzarlo per condividere video-montaggi, collage di
clip che rendono conto di una passione, di una scoperta o di un
percorso che abbiamo fatto. Questa pratica viene descritta con il
termine fandom videos, video creati dagli appassionati di una
determinata sottocultura, dai fan di un particolare genere
cinematografico o letterario e, molto più spesso, di una serie oppure
di cartoni animati, anime giapponesi o programmi guardati in TV che
finiscono per far parte della propria identità.
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