Il mondo di Rocannon – Ursula K. Le Guin

SINTESI DEL LIBRO:
Così termina la prima parte della leggenda; e tutto ciò che dice corrisponde
al vero. Ora alcuni dati, altrettanto veritieri, tratti dal Manuale dell'Ottava
Area Galattica, pubblicato dalla Lega di Tutti i Mondi.
Numero 62: FOMALHAUT II.
Tipo VT (Vecchia Terra), vita a base carbonio. Pianeta con nucleo in ferro,
diametro 10.500 km, con atmosfera densa e ricca di ossigeno. Rivoluzione:
800 gt (giorni terrestri), 8 h, 11 m, 42 s. Rotazione: 29 h, 51 m, 02 s. Distanza
media dal sole: 3,2 UA (unità astronomiche), leggera eccentricità orbitale.
Inclinazione sull'eclittica 27° 20' 20", con conseguenti notevoli escursioni
stagionali. Gravità 0,86 st (standard terrestre).
Quattro continenti: Nordoccidentale, Sudoccidentale. Orientale e
Antartico. Terre emerse: 38% della superficie planetaria.
Quattro satelliti (tipo: Perner, Loklit, R-2 e Phobos). La Compagna di
Fomalhaut è visibile come stella superluminosa.
Mondo della Lega più vicino: Nuova Georgia del Sud, capitale Kerguelen
(distanza 7,88 anni luce).
Dati storici: il pianeta è stato scoperto dalla spedizione Elieson del 202,
ispezionato da una nave sonda automatica nel 218.
Prima spedizione geografica, anni 235-36. Direttore: J. Kiolaf. I continenti
sono stati cartografati su fotografie aeree (vedi cartine 3114a, b, c, 3II5a, b).
Gli atterraggi, gli studi geologici e biologici e i contatti con le forme di vita a
intelligenza elevata hanno interessato soltanto i continenti Orientale e
Nordoccidentale (per la descrizione delle specie intelligenti vedi oltre).
Missione per l'Incremento Tecnologico: specie I-A/ anni 252-54. Direttore
J. Kiolaf (solamente il Continente Nordoccidentale).
Missioni erariali e di controllo sulle specie I-A e II eseguite sotto l'egida
della Fondazione Area Ottava di Kerguelen, N. Ge. S., negli anni 254, 258,
262, 266, 270: nel 275 il pianeta venne Interdetto da parte dell'Ente
Universale per le Forme Intelligenti, in attesa di un più approfondito esame
delle sue specie a intelligenza elevata.
Prima spedizione etnologica, 321. Direttore: G. Rocannon.
Un albero altissimo di accecante luce bianca spuntò improvvisamente al di
là della Catena Meridionale, e si alzò con rapidità, senza rumore, nel cielo. Le
sentinelle poste di vedetta sulle torri del Castello di Hallan lanciarono un
grido, si misero a battere la spada contro lo scudo. Le loro minuscole voci e i
clangori dell'allarme vennero poi inghiottiti dal ruggito del suono, dal colpo
di maglio del vento, dal fremito della foresta.
Mogien di Hallan incontrò il suo ospite, il Signore delle Stelle, mentre
questi si precipitava di corsa verso la corte del volo. — Signore delle Stelle,
la tua nave era dietro la Catena Meridionale?
Con la faccia molto pallida, ma nel suo solito tono pacato, l'altro rispose:
— Era laggiù.
— Vieni con me. — Mogien fece salire l'ospite sulla sella a postiglione del
destriero del vento che attendeva, già pronto per il volo, nel cortile. Poi
planarono sui mille scalini, sul Ponte sull'Abisso, sulla foresta digradante che
circondava il Castello di Hallan: il destriero volò come una foglia grigia
trasportata dal vento.
Quando giunsero sulla Catena Meridionale, i cavalieri videro un filo di
fumo azzurrino che s'innalzava nell'aria, attraverso i dorati raggi radenti
dell'alba. L'incendio stava ancora consumando il sottobosco umido e fresco,
vicino al letto di un torrente.
Poi, d'improvviso, videro spalancarsi sotto di loro un grosso foro, che
deturpava il fianco della montagna: un pozzo oscuro, pieno di polvere nera e
fumante. Sull'orlo del vasto cerchio di distruzione giacevano alberi ormai
ridotti a lunghe aste di carbone: le cime cadute si allontanavano dal pozzo
oscuro, su tutta la circonferenza.
Il giovane Signore di Hallan mantenne immobile il grigio destriero sul
vento ascendente che giungeva dalla valle distrutta, e guardò in basso, senza
parlare. Pensava a vecchie storie, risalenti all'epoca di suo nonno e del suo
trisavolo, all'epoca della venuta dei Signori delle Stelle: storie di come
avessero spianato intere montagne con il loro fuoco, di come avessero fatto
ribollire il mare con le loro armi terribili. Sotto la minaccia di quelle armi,
avevano costretto tutti i Signori degli Angien a giurare fedeltà e a versare un
tributo. Ora, per la prima volta, Mogien capì che quei racconti erano veritieri.
Per qualche istante rimase senza parole. — La tua nave era...
— La nave era qui. Avevo un appuntamento con gli altri, qui alla nave; era
fissato per oggi. Lord Mogien, di' alla tua gente di evitare questa zona. Per
qualche tempo: fino a dopo le piogge, il prossimo annofreddo.
— Incantesimo?
— No, veleno. La pioggia pulirà il terreno. — La voce del Signore delle
Stelle era ancora tranquilla; stava guardando verso il basso, e all'improvviso
riprese a parlare: ora non si rivolgeva a Mogien, ma al nero pozzo sottostante,
che si andava sempre più illuminando con il sorgere del sole. Ma Mogien non
capì le parole, perché parlava nella sua lingua madre, la lingua dei Signori
delle Stelle. Non rimaneva un solo uomo, nell'Angien o nel resto del mondo,
che conoscesse ancora quella lingua.
Il giovane Angya tirò la briglia del nervoso destriero. Alle sue spalle, il
Signore delle Stelle trasse infine un respiro profondo e disse: — Ritorniamo a
Hallan. Qui non c'è più niente...
Il destriero virò sulle pendici fumanti. — Lord Rocannon, se il tuo popolo
è in guerra tra le stelle, voto alla tua difesa le spade di Hallan!
— Ti ringrazio, Lord Mogien — disse il Signore delle Stelle, afferrandosi
più saldamente alla sella. Il vento del volo gli sferzava la testa china in avanti,
i capelli già macchiati di grigio.
Il lungo giorno era terminato. Il vento della notte soffiava contro le
imposte di legno della finestra, nella sua stanza della torre del Castello di
Hallan, facendo guizzare le fiamme dell'ampio focolare. Tra poco sarebbe
finito l'annofreddo: l'aria era già mossa dall'irrequietudine della primavera.
Nel sollevare la testa fiutò la dolce, muschiosa fragranza dei tappeti d'erba
appesi alle pareti, il profumo fresco e dolce della notte, proveniente dalle
vicine foreste. Provò ancora una volta ad accendere il trasmettitore: — Qui
Rocannon. Qui Rocannon. Siete in grado di rispondere? — Rimase molto
tempo in ascolto, ma l'altoparlante tacque. Quindi provò ancora una volta a
trasmettere sulla frequenza della nave: — Qui Rocannon... — Quando si
accorse di parlare a voce bassissima, quasi bisbigliando, cessò i tentativi e
spense l'apparecchio. Erano morti: tutti e quattordici i suoi compagni e amici.
Erano tutti sull'astronave, perché li aveva convocati lui. Erano su Fomalhaut
II da metà di uno dei lunghi anni locali, ed era giunto il momento di riunirsi
per confrontare gli appunti. Smate e il suo gruppo avevano lasciato il
Continente Orientale, facendo tappa per raccogliere la squadra dell'Artico, ed
erano venuti a Hallan, per incontrarsi con Rocannon, Direttore della prima
Missione Etnologica: l'uomo che li aveva portati sul pianeta. E adesso erano
morti.
E il loro lavoro... tutti gli appunti, le fotografie, i nastri: il materiale per cui
sarebbero stati disposti a rischiare la morte... anche quello era scomparso, si
era ridotto in polvere insieme con loro, si era perso con loro.
Rocannon accese di nuovo la radio, sintonizzandola sulla frequenza di
soccorso; ma non attivò il trasmettitore. Chiamando, avrebbe ottenuto un
unico risultato: quello di informare il nemico della presenza di un superstite.
Rimase immobile, come in attesa di una decisione. E quando si udirono alla
porta i colpi robusti di qualcuno che bussava, disse nella lingua straniera che
da quel momento in poi era destinata a essere la sua: — Avanti.
Entrò a grandi passi il giovane Signore di Hallan, Mogien, che era stato il
suo più prezioso informatore per ciò che riguardava usi e costumi della
Specie II, e che adesso era l'uomo che teneva in pugno il suo destino.
Al pari di tutta la sua gente, Mogien era molto alto, aveva i capelli chiari e
la pelle scura; il suo bel volto era allenato a mostrare una calma e un'austera
sicurezza di sé che talvolta però si squarciavano per l'improvvisa irruzione di
qualche lampo emotivo: collera, ambizione, gioia.
Alle sue spalle veniva un Olgyior, Raho, che era il suo cameriere
personale: quest'ultimo posò sulla cassapanca una fiaschetta gialla e due
tazze, e le riempì fino all'orlo; ciò fatto, si ritirò. Un attimo più tardi, il
Signore Ereditario di Hallan parlò: — Desidero bere con te, Signore delle
Stelle.
— E che la mia gente beva con la tua, insieme con i nostri figli, Signore —
rispose l'etnologo, che non era certamente vissuto su nove pianeti esotici
diversissimi tra loro senza imparare l'importanza delle buone maniere. Lui e
Mogicn sollevarono le coppe di legno bordate d'argento e bevvero.
— La scatola parlante — disse Mogien, indicando la radio.
— Non parlerà più. Non con la voce dei miei amici.
Sul volto, scuro come un guscio di noce, di Mogien non comparve alcuna
emozione. Disse: — Lord Rocannon, l'arma che li ha uccisi oltrepassa ogni
immaginazione.
— La Lega di Tutti i Mondi ha armi come quella, da usare nella Guerra
che Verrà. Non contro i nostri mondi.
— Siamo arrivati alla Guerra, dunque?
— No, non credo. Yaddam, l'uomo che tu hai conosciuto, era stazionato
sulla nave; avrebbe saputo la notizia grazie all'ansible, e me l'avrebbe
comunicata via radio, subito. Guerre come quella hanno sempre dei preavvisi.
Dev'essere una rivolta contro la Lega. C'erano fermenti di ribellione su un
mondo chiamato Faraday, quando ho lasciato Kerguelen: e calcolando con i
nostri anni, sono passati nove anni da allora.
— La tua piccola scatola parlante non può parlare con la città di
Kerguelen?
— No, e anche se potesse, le parole impiegherebbero otto anni per arrivare
laggiù, e la risposta ne impiegherebbe altri otto per arrivare a me.
Parlando, Rocannon aveva usato il suo solito tono cortese e serio, e si era
servito di concetti semplici; ma ora la sua voce si rattristò, mentre spiegava il
suo esilio.
— Ricordi l'ansible — continuò, — la grande macchina che ti ho mostrato,
all'interno della nave? Quella che può parlare subito con gli altri mondi, senza
perdita di anni... penso che abbiano voluto distruggere proprio quella. È
soltanto da imputare alla sfortuna, se in quel momento erano presenti nella
nave tutti i miei amici. Senza l'ansible, non posso fare niente.
— Ma se il tuo clan, i tuoi amici, della città di Kerguelen, ti chiamano con
l'ansible e non ottengono risposta, non verranno poi a vedere... — Lo stesso
Mogien arrivò alla risposta mentre Rocannon terminava la frase per lui:
— Sì, ma tra otto anni.
Quando aveva accompagnato Mogien a visitare la nave del Servizio
Esplorazione, e gli aveva mostrato il trasmettitore istantaneo, l'ansible,
Rocannon gli aveva anche parlato del nuovo tipo di nave che poteva recarsi
da una stella all'altra senza divario di tempo.
— La nave che ha ucciso i tuoi amici viaggiava più veloce della luce? —
domandò il Signore della Guerra degli Angyar.
— No, era una nave con equipaggio umano. Ci sono dei nemici su questo
mondo, in questo momento.
Quest'ultima affermazione gli divenne chiara ricordando le parole di
Rocannon: nessuna creatura vivente poteva sopravvivere a un viaggio più
veloce della luce; quelle navi erano usate soltanto come bombardieri robot:
armi capaci di apparire, colpire e svanire, tutto in un solo istante.
Era una storia ben strana, ma certo non più strana di un'altra storia, che
Mogien sapeva essere la verità: che, anche se le navi come quella di
Rocannon impiegavano molti anni per superare la notte che si stende tra un
mondo e l'altro, quegli anni sembravano solo poche ore agli uomini che
stavano dentro la nave. Nella città di Kerguelen della stella Forrosul, lo stesso
uomo che stava di fronte a lui, Rocannon, aveva parlato con Semley di Hallan
e le aveva restituito il gioiello Occhio del Mare, quasi mezzo secolo prima.
Semley, che aveva trascorso sedici anni in una sola notte, era morta da
tempo: sua figlia Haldre era una donna già attempata; suo nipote Mogien era
uomo fatto, eppure Rocannon era lì davanti a lui, e non era vecchio. Per lui,
gli anni erano passati in viaggi tra le stelle. La cosa era molto strana, ma si
raccontavano vicende ancor più strane.
— Quando la madre di mia madre, Semley, viaggiò attraverso la notte... —
Cominciò Mogien, senza terminare la frase.
— Non ci fu mai una dama così bella, in nessuno dei mondi — disse il
Signore delle Stelle, e per un istante il suo volto si addolcì.
— Il Signore che le offerse amicizia è il benvenuto tra la sua famiglia —
disse Mogien. — Ma intendevo parlare, Lord Rocannon, della nave su cui
viaggiò. È ancora in mano agli Uomini d'Argilla? Contiene anch'essa un
ansible, con cui potresti dare al tuo clan la notizia della presenza di questi
nemici?
Per un istante, Rocannon rimase a bocca aperta, colpito da quella
possibilità; ma subito si calmò.
— No — disse. — Non ha l'ansible. Hanno dato quella nave al Popolo
d'Argilla settant'anni fa; all'epoca non era ancora stata inventata la
trasmissione istantanea.
«Ed è impossibile che abbiano installato un ansible in seguito, perché
l'intero pianeta è sotto Interdizione da quarantacinque anni. Per causa mia.
Perché me ne sono interessato io. Perché, dopo avere incontrato Lady
Semley, mi sono recato dalla mia gente e ho detto: Cosa stiamo facendo su
quel mondo che non conosciamo neppure? Perché prendiamo i loro tributi e
gli diamo ordini? Che diritto abbiamo di farlo? Se invece avessi lasciato le
cose come stavano, qualcuno verrebbe ancora qui ogni due anni; non sareste
totalmente alla mercé dell'invasore.
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