Il mistero degli studi Kellerman – Ken Follett

SINTESI DEL LIBRO:
Mick Williams cacciò a forza il giornale dentro la cassetta per le
lettere. Era l'ultima copia che gli era rimasta da consegnare, per
quella sera. Inforcò la bicicletta al volo, con una delle spericolate
acrobazie in cui era maestro, e pedalò a tutta birra, tornando verso
l'edicola. Era proprio questa la fase più divertente del suo giro
quotidiano, quando lo zainetto, che all'inizio era gonfio di giornali, a
poco a poco si era svuotato e alla fine gli pendeva dalle spalle floscio
e leggerissimo, e lui, non più sbilanciato dal voluminoso fardello,
poteva avventarsi in quelle corse pazze attraverso il traffico cittadino.
Affrontò l'ultima curva senza neppure rallentare, tutto inclinato
da una parte; si accertò con un'occhiata fulminea che non arrivassero
macchine e tagliò la strada, imboccando contromano la dirittura
d'arrivo. Al traguardo, davanti all'edicola, si accostò al marciapiede,
facendo la barba al costolone di pietra, poi sterzò di colpo, quasi ad
angolo retto. La ruota anteriore, messa di taglio, morse l'asfalto in
una frenata a secco, tipo cristiania; quella posteriore, trascinata dalla
forza d'inerzia, sbandò di lato e si inalberò come un mulo che scalcia
imbizzarrito. Il ragazzo fu lesto a balzare a terra, prima di essere
disarcionato e scaraventato chissà dove; però tenne saldamente in
pugno le manopole, dominando con polso fermo l'impennata del
vecchio e arrugginito cavallo d'acciaio. Era un giochetto che Mick
aveva imparato da bambino e che ogni volta lo faceva sentire molto
lusingato per gli sguardi di interesse e di ammirazione con cui
compagni e coetanei sottolineavano le sue prodezze; ma stavolta non
c'erano spettatori. Il ragazzo parcheggiò la bici contro il marciapiede,
puntellandola con un pedale incastrato sul bordo, e si diresse verso
l'edicola con passo reso un poco vacillante dal tipico indolenzimento
da sellino.
L'edicola del signor Thorpe - il giornalaio per cui lavorava anche
Mick, un uomo di poche parole, esigente ma non cattivo - era un vero
e proprio negozio, anzi qualcosa di più, dato che serviva soprattutto
alcune edicole minori dei dintorni e un buon numero di clienti fissi, a
cui i giornali venivano portati a domicilio. Per il suo lavoro Mick
prendeva quattro sterline e mezzo la settimana, il che non era
moltissimo come compenso, però poteva essere considerato giusto
per il tempo e la fatica che il giro richiedeva a un ragazzo che a
schizzare per le strade in bicicletta ci si divertiva.
Spingendo la porta per entrare, Mick notò accanto alla vetrina un
ragazzo che non aveva mai visto. Non ne sarebbe stato affatto
colpito, se non fosse per la bicicletta da corsa che l'altro faceva stare
in equilibrio tenendo una mano posata con disinvoltura sul sellino
affusolato. Uno che aveva una bici così doveva essere per forza uno
che se ne intendeva. Mick si chiese se l'altro avesse notato le sue
acrobazie e le avesse convenientemente apprezzate.
«C'è un nuovo fattorino, Mick» lo avvertì il signor Thorpe,
appena lo vide.
«È quello là fuori?» Mick si girò a osservare lo sconosciuto
ciclista, attraverso la vetrina.
«Farà lui il giro numero sette» confermò il giornalaio. «Pensa tu
a mostrarglielo.»
«Va bene.»
Mick conosceva tutti i giri delle consegne, per cui, quando uno dei
suoi colleghi non si presentava, era sempre lui a sostituirlo, dopo
aver terminato il suo giro. Questo per lui era un lavoro straordinario,
ma gli veniva regolarmente riconosciuto e retribuito (avevano
concordato un compenso di ben una sterlina!), per cui era sempre
contento quando gliene capitava l'occasione. Picchiò con le nocche
contro lo spesso cristallo della vetrina, per richiamare l'attenzione
dell'altro ragazzo, e gli fece cenno di entrare.
L'apprendista era un poco esitante, aveva lo sguardo spaesato.
«Comincia a prepararti» gli disse il signor Thorpe. «Ti
accompagnerà Mick, per mostrarti il tuo giro.» Mick osservò il nuovo
collega. Si disse che dovevano avere all'incirca la stessa età, però
l'altro era più alto e robusto di lui. Aveva i capelli castani chiari, quasi
biondi, tagliati molto corti. Portava una polo in apparenza
normalissima, ma il marchio cucito sul petto informava che quella
doveva essere costata un occhio della testa.
«Come ti chiami?» gli chiese.
«Randall Izard.»
«Che nome insolito» commentò Mick. «Izard è il cognome,
vero?»
«Sì, però alla scuola dove andavo mi chiamavano “Izzy”. Se ti
sembra più facile, puoi chiamarmi così anche tu.»
«D'accordo. Adesso diamoci da fare, Izzy.»
Mick prese uno degli zainetti per il trasporto dei giornali e lo mise
sul bancone, accanto a una delle pile dei quotidiani della sera.
«Sai già come si fa a sistemarci dentro i giornali?» domandò
all'allievo.
«Sì, penso di sì.» Izzy non vedeva proprio che tipo di difficoltà
avrebbe potuto presentare l'operazione.
Si mise ad armeggiare con i giornali e Mick per un poco rimase a
osservare come se la cavava. Era molto maldestro.
«È la prima volta che vai a fare un giro di consegna dei giornali,
vero?» commentò, scuotendo la testa.
«Sì.»
«Lo avevo capito. Da' a me, ti faccio vedere io.»
Mick gli mostrò come andavano infilati i giornali nello zainetto,
per non farli sciupare e poterli tirare fuori a uno a uno rapidamente;
poi lo aiutò a mettersi la sacca sulle spalle.
«Accidenti come pesa» si lamentò Izzy, muovendosi per uscire
dal negozio.
«Aspetta venerdì per lamentarti,» ridacchiò Mick «quando i
giornali pubblicano i supplementi e ci sono da consegnare anche le
riviste!»
«Ehi, ragazzi, vedete di sbrigarvi» li raggiunse la voce pungolante
del signor Thorpe «o la signora del 35 di via delle Acacie verrà a
lamentarsi anche stasera che il giornale le è stato consegnato in
ritardo!»
Mick non si diede neppure la pena di rispondere. Esaminò la
bicicletta del compagno con aria da competente. Era una
superleggera di gran marca, con manubrio e sellino da corsa, tubolari
sottilissimi e cambio a cinque velocità. «Deve essere costata un
occhio della testa» considerò tra sé, non senza un poco di invidia. Ma
poi, quando Izzy la inforcò, si accorse che, sebbene fosse più alto di
lui, con i piedi arrivava appena ai pedali. «Per me sarebbe troppo
grande» si consolò.
Saltò sulla sua bici sferragliante e si avviò a razzo, facendo cenno
all'altro di seguirlo. Izzy, per nulla in difficoltà, recuperò in un lampo
lo svantaggio iniziale e gli si mise al fianco. Non restò indietro
neppure di un millimetro; eppure pedalava con lenta regolarità,
senza alcuno sforzo apparente.
«Peccato per quella tua bici» osservò Mick, dopo un po'.
«Peccato perché?» si risentì Izzy. «Forse ha qualcosa che non
va?»
«Oh, no, assolutamente no, anzi, è un'ottima bicicletta» assicurò
Mick. «Soltanto che non è adatta per andare in giro a consegnare
giornali. Per un lavoro così va molto meglio una bici come la mia.»
«Be', non l'ho presa per andare in giro a consegnare giornali»
bofonchiò l'altro, con un'alzata di spalle.
I due ragazzi svoltarono in via delle Acacie e Mick puntò dritto
verso la prima villetta, quella da dove cominciava il loro giro. A mano
a mano, insegnò a Izzy in quali case il giornale doveva lasciarlo sul
gradino della porta, in quali infilarlo nella cassetta della posta o sotto
un riparo, in modo che non si bagnasse in caso di pioggia, e infine in
quali villette i proprietari non permettevano che il fattorino, per fare
prima, tagliasse attraverso il praticello d'erba perfettamente rasata.
«Come mai conosci questo giro così bene?» commentò Izzy.
«Forse prima lo facevi tu?»
«Prima o poi li ho fatti tutti» rispose Mick.
Mick era giunto alla conclusione che l'altro ragazzo non gli
piaceva troppo. Parlava in un modo un po' affettato e lui i ragazzi che
parlavano così li giudicava degli snob.
Izzy scese e lasciò la bicicletta poggiata contro la staccionata di
una villetta per andare a depositare il giornale sul gradino d'ingresso.
Mick ne approfittò per studiarla meglio. I cerchioni erano
sottilissimi, in lega leggera, e i pneumatici ad alta pressione avevano
il battistrada da corsa. I freni, del tipo a tamburo per alte velocità,
erano dei Weinmann 999.
“Izzy deve essere ricco parecchio” rifletté Mick, mettendo insieme
l'aria da snob, la polo firmata e una bici di quel genere. “C'è da
chiedersi perché mai voglia andare in giro a consegnare i giornali.
Che bisogno può avere di lavorare?»
L'apprendista uscì dal cancello. Il suo zainetto adesso era quasi
vuoto.
«Come hai avuto quella bici?» chiese Mick.
«Me l'ha regalata mio padre per il mio compleanno» spiegò Izzy.
«E tu come hai avuto la tua?»
«L'ho rubata» affermò Mick, lasciando di stucco il suo compagno.
Rimontò in sella e sfrecciò verso la villetta successiva, ma dentro
di sé continuò a rimuginare sulla faccenda.
«Tuo padre deve avere un mucchio di soldi» tornò sull'argomento
dopo un altro paio di consegne. «Che lavoro fa?»
«È produttore cinematografico.»
«Davvero? Fa dei film?» Mick fu abbastanza impressionato.
«Film di che genere? Fantascienza, spionaggio, cowboy»
«Niente di tutto questo. Più che altro realizza spot pubblicitari.»
«Ah» fu l'unico commento di Mick: il suo interesse era svanito di
colpo.
«E il tuo?» chiese Izzy a sua volta.
«Il mio cosa?»
«Tuo padre. Che cosa fa?»
«Non ce l'ho» disse Mick.
Izzy aggrottò la fronte e fece per chiedere qualche altra cosa, ma
Mick lo prevenne:
«Questa è l'ultima casa del giro» lo bloccò appena aprì bocca.
«Qui il giornale va messo nella cassetta.»
I due ragazzi ripresero a parlare solamente quando furono già a
metà strada, ritornando all'edicola.
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