L’insolita morte di Erio Codecà – Aldo Giannuli

SINTESI DEL LIBRO:
La libertà di Eleuterio #1
Torino, 16 aprile 1952
SULLA piana di cemento sono rimaste solo due macchine. Una 1100/E e una
«Ottovù» coupé color sabbia. Dietro le nuvole il cielo delle sette sta
lentamente soffocando il sole. L’aria gronda di rosa.
Ha già infilato la chiave nella serratura della 1100 quando si sente
chiamare: «Erio! Erio!»
L’ingegner Palmucci corre verso di lui, attraversa l’enorme spiazzo, così
enorme che Palmucci sembra una formica. Dietro, sullo sfondo, si erge lo
stabilimento della S.p.A.
«Erio…» sbuffa Palmucci.
«Dimmi, Sergio.»
«Sei uscito così di fretta che non ho fatto in tempo a chiederti una cosa.»
«Be’, di fretta… esco sempre alla solita ora.»
«E allora sono io che sono sempre in ritardo.»
Palmucci è più giovane di lui. Più giovane e scapolo.
«Dimmi.»
«No, stavo pensando… Siccome i tuoi sono via, magari potevamo
andarcene a cena insieme. Poi, dopo mangiato, ti propongo un tabarin che ho
scoperto l’altra sera con un amico, sta dalle parti di…»
«Grazie, Sergio, ma stasera non posso.»
«Perché? Cos’è che hai da fare?»
«Ma niente, però, sai, sono un po’ stanco. E poi devo portare fuori il
cane…»
Palmucci alza le braccia, un’espressione divertita. «Va bene, non insisto.
Davanti al cane non insisto! Facciamo la prossima volta.»
L’ingegner Codecà lo guarda montare sulla «Ottovù» e oltrepassare il
cancello, inghiottito da corso Peschiera. Il rumore della berlinetta si spegne in
lontananza.
Apre la portiera della 1100, mette in moto. L’omino del gabbiotto lo
saluta, senza volto. «Bonasèira, sgnòr direttore.»
Raggiunge corso Vittorio. La strada è quasi deserta a quest’ora. Pigia
sull’acceleratore, libera il motore al massimo, ma non ne riconosce la voce.
Sembra ricordarsene solo ora: la sua Millequattro si è piantata il giorno
prima, di ritorno da Rapallo, dov’era in villeggiatura con Elena e Gabriella.
La andrà a ritirare dall’elettrauto nei prossimi giorni. La 1100 è la macchina
di cortesia della FIAT.
Da Rapallo a Torino era stato un viaggio movimentato. Prima del guasto,
un uomo diretto a Genova gli aveva chiesto un passaggio. L’ingegner Codecà
si domanda se non gli abbia portato sfortuna.
Per dare la precedenza, si ferma all’incrocio con corso Cairoli, la lingua
d’asfalto che striscia lungo il Po. L’Arco di Trionfo getta un’ombra abnorme.
Le sette di sera è l’ora delle ombre lunghe. L’ingegnere fruga nel cruscotto. Il
biglietto di auguri pasquali di sua figlia Gabriella gli salta in mano e lo fa
sorridere.
Si lascia alle spalle il parco del Valentino e imbocca il ponte. Il Po scorre
grigio sotto le volte. Curva a sinistra e costeggia il fiume percorrendo corso
Moncalieri. In fondo lo aspetta la chiesa della Gran Madre di Dio, uno
scatolone di granito sormontato da una cupola. L’ingresso è nascosto da una
gabbia di colonne imponenti.
Appena dopo la chiesa, gira a destra e imbocca via Villa della Regina. La
1100 borbotta mentre arranca sulla salita. Quasi in fondo alla strada, appena
prima di piazza Motta, Codecà compie un’inversione e parcheggia la vettura
davanti all’Opera pia Lotteri.
Il muso affilato della 1100 punta verso il Po, già pronto a tornare in
fabbrica, la mattina successiva. I parafanghi paiono guance di cane.
Non ha fretta, non vuole entrare subito in casa; appoggia le natiche alla
fiancata e accende una sigaretta. Studia le Alpi in lontananza, ne osserva le
punte imbiancate una in fila all’altra, come il negativo di tante matite. Bisce
di fumo scappano dal naso e poi finiscono dissolte dal vento.
Getta la cicca a terra, la schiaccia col tacco. Attraversa la strada, civico 24,
apre la porta e Cockie gli salta addosso in una sinfonia di guaiti misti a bava.
Il rumore acciottolante delle stoviglie annuncia la presenza di Rina, la
domestica. L’ingegner Codecà la vede sbucare dalla cucina, le mani bagnate
che strisciano tra loro, avvolte nel grembiule. Il cocker le scodinzola attorno.
Si informa sulla cena, poche parole centellinate dalla stanchezza, poi siede
in poltrona. Raccoglie dal tavolinetto una copia della Stampa, il giornale
degli Agnelli, per certi versi anche il suo giornale.
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