Fiabe dell’Islam. Magie e prodigi del Vicino Oriente – I. Guardi

SINTESI DEL LIBRO:
LE AVVENTURE DEL PRINCIPE MUNÌR
ayla era una delle giovani principesse del regno dei papaveri.
Amava l’avventura e per questo, tutti i giorni, usciva dal
castello circondato dai papaveri per giocare nel bosco con i
conigli selvatici, per inseguire le farfalle colorate e per ascoltare il
cinguettio degli uccelli e la voce cristallina dell’acqua.
Un giorno stava giocando vicino al pozzo della tranquillità quando
vide un fantasma sopra un cavallo, che dall’abbigliamento sontuoso
sembrava un principe. Il fantasma smontò da cavallo e apparve
slanciato, di spalle ampie, con i capelli neri.
Quando Layla fece per andarsene il principe la fermò con queste
parole: “Spero che perdonerai me e il mio destriero se beviamo un
po’ d’acqua.”
“Naturalmente, giovin signore” disse Layla. “Ma ti avverto: a chi
beve da questo pozzo senza dire ‘Salve ginn del pozzo’ capitano
due disgrazie. Se vi scampa otterrà l’amore della figlia del re, una
fanciulla di rara bellezza, e la sposerà.”
Il principe – che si chiamava Munìr – amava le sfide e l’avventura
e disse: “Non saluterò i ginn del pozzo finché non mi faranno
capitare le due disgrazie e vedrai, mia signora, che supererò le due
prove e sposerò la bellissima principessa.”
Il principe bevve, poi fece bere anche il suo cavallo. Quindi salutò
la principessa, che disse fra sé: “È davvero un giovane coraggioso,
chissà se riuscirà a superare le due disavventure che gli
capiteranno.”
Munìr si allontanò in un batter d’occhio sul suo cavallo, come
sulle ali del vento. Improvvisamente l’animale si fermò presso un
ponte di legno. Munìr smontò: “Cosa ti succede?” sussurrò. “Hai
paura mio bel cavallino?”
Il cavallo cominciò a camminare e Munìr lo seguì. Quando
giunsero a metà del ponte questo, all’improvviso, crollò, facendo
cadere anche il cavallo. Munìr spiccò un balzo indietro salvando se
stesso e rimanendo illeso.
Desolato per la perdita del destriero, il principe ripensò alle
parole della principessa Layla. “Aveva ragione” disse fra sé. “Questa
è la prima disgrazia; ho perso il mio cavallo e ho rischiato di morire
io stesso. E adesso, quale sarà la seconda?”
Munìr continuò a piedi e dopo un po’ giunse a una bella cittadina
immersa nel verde; non appena fu entrato in città notò che la gente
fuggiva al suo cospetto, spronando il cavallo al galoppo. Perfino gli
animali si dileguavano al suo apparire, fuggendo spaventati. Munìr
era meravigliato, non sapeva cosa pensare, ma proseguì il
cammino. Giunse poco dopo nei pressi di un piccolo ruscello per
bere e, quando si fu avvicinato alla superficie dell’acqua tanto da
poter guardare il suo volto allo specchio, si accorse che il suo
aspetto era deforme, come se fosse stato colpito da una malattia
orribile.
Munìr non credeva ai suoi occhi. Si guardò intorno e vide che
non c’era nessuno; allora bevve un po’ d’acqua e decise di
allontanarsi in fretta dalla città. Continuò a camminare finché giunse
in un bosco molto bello, pieno di splendidi uccelli e animali in festa.
Mentre camminava si fermò davanti a lui un nano, che aveva sul
volto i segni del male. “Aggrediscimi” gli disse. “Se mi batterai ti
salverò da ciò che ti affligge; se vincerò io mi servirai per tre anni.”
I due lottarono fino allo stremo finché il nano, trasformatosi nel
frattempo in un gigante altissimo, colpì Munìr sul capo e lo gettò a
terra. “Ti ho vinto, ti ho battuto!” urlava a gran voce il nano. “Ora
sarai mio schiavo e resterai al mio servizio nel castello che
possiedo.”
Era quella la seconda disgrazia. Munìr si rivolse così al nano: “Ti
servirò signore e ti sarò certamente fedele, a patto che tu mi
guarisca dalla malattia che mi ha colpito e mi ha reso la vita difficile.”
Il nano replicò: “Lo farò, ma al momento opportuno e dopo che mi
sarò assicurato della tua fedeltà.”
Munìr si diresse verso il castello con il nano, parlando fra sé: “Mio
Dio, cosa mi è accaduto? Sono diventato ripugnante a vedersi per la
P
malattia e servo di un malvagio. Non resterò qui un minuto di più e
quando il nano dormirà, fuggirò.” Attese, infatti, finché il nano si fu
addormentato, poi si vestì e cercò di squagliarsela dal portone del
castello, ma sentì le mani diventare pesanti e impossibilitate ad
alzarsi; guardò allora con terrore verso l’alto e vide un essere che
faceva la guardia per il nano, mostruoso come non ne aveva mai
visti prima; cercò di divincolarsi con tutte le sue forze ma non
riusciva a sciogliersi dalla stretta di quel mostro orribile che lo
trasportava come se fosse una bambola.
Il guardiano disse, con una voce spaventosa: “Se cercherai di
scappare un’altra volta ti trasformerò in un mostro volgare come
me... ah, ah ah!”
assarono i giorni e Munìr cominciò a servire il nano, aiutandolo
a costruire un nuovo castello. Una notte era seduto a pensare
al suo destino di servo che stava volgendo alla fine – restavano solo
poche settimane – quando il nano entrò e disse: “Munìr, desidero
che tu rapisca per me la principessa Layla, del regno dei papaveri, e
che mi porti dal castello la sua corona d’oro. Ricordati che fino a che
la corona d’oro sarà sulla testa della principessa non potrai portarla
fin qui, perché in essa risiede la forza del bene di tutto il mondo, ma
se la porti senza corona ti ucciderò. E se pensi di fuggire, ricorda
che non ti è possibile, perché io e il guardiano che mi protegge ti
inseguiremmo fino all’altro capo del mondo.”
Quella notte Munìr dormì con un solo pensiero in mente: come
portare al nano la corona e come, al tempo stesso, strappargli la
principessa del bene, vincendo così la forza orribile del male?
Avrebbe dovuto ricorrere all’inganno per far fallire il piano del nano e
cominciò a pensare a un modo per riuscirvi.
Dopo un lungo viaggio Munìr giunse al regno dei papaveri.
Quando arrivò alle porte del regno, dove si trovava il pozzo dal quale
aveva bevuto, guardò nell’acqua e vide la sua immagine riflessa:
tutte le ulcere erano scomparse e non aveva più un solo segno sul
viso né sul corpo. “Andrò dalla principessa e le racconterò la mia
storia” disse rallegrandosi fra sé e sé.
Quando arrivò al castello chiese di incontrare la principessa e la
sua gioia fu immensa quando vide che la principessa Layla altri non
era che la ragazza che aveva incontrato in precedenza.
“Sei proprio tu?” le chiese.
“Sì, sei cresciuto ai miei occhi; ora vedo che sei audace e
valoroso” rispose Layla.
Munìr le riferì la sua storia e quando ebbe terminato la
principessa gli comunicò la sua decisione di salvare e liberare il
mondo dal nano, che possedeva la forza del male del mondo. “Mio
padre parte domani per un lungo viaggio e lui e mia madre
rimarranno lontano per circa un mese. Allora verrò con te dal terribile
nano e ti darò la corona, per fargli credere che tu mi abbia
veramente rapito. Attento però! Devi restituirmi la corona non
appena saremo davanti al nano; se tarderai anche un solo istante
egli l’afferrerà e diverrà signore delle forze del bene e del male di
tutto il mondo.”
Dopo la partenza del re e della regina Layla si travestì con gli
abiti della sua vicina e uscì dal castello senza che nessuno se ne
accorgesse. Appena usciti dal castello, Layla indossò la corona,
agitò le mani e apparvero due cavalli bianchi con la rapidità di un
fulmine. I due vi montarono e si diressero verso il castello del nano.
Il nano li vide da lontano e cominciò a strillare dalla gioia.
Quando si furono avvicinati, stese la mano per afferrare la corona
dalle mani di Munìr ma questi, più veloce, la rese alla principessa,
che se la pose in capo immediatamente.
Il nano si gettò a terra e cominciò a piagnucolare: “Ti prego mia
signora... vi prego... non uccidermi... sarò il tuo servo per tutta la
vita.”
Layla e Munìr erano intenzionati a non lasciarsi sfuggire
l’occasione di eliminare il signore delle forze del male: Munìr prese la
sua spada e uccise il nano. Arrivò il guardiano e si avventò su Layla
ma Munìr lo fermò con un colpo della sua spada e questi cadde al
suolo, immobile.
Così le forze del bene ebbero la meglio su quelle del male. La
principessa Layla tornò da suo padre il re e gli raccontò del principe
Munìr. Il re ordinò che tutto il paese festeggiasse la vittoria del bene
sul male.
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