L’infinito viaggiare – Claudio Magris

SINTESI DEL LIBRO:
La prefazione è una specie di valigia, un nécessaire, e quest'ultimo fa parte
del viaggio; alla partenza, quando ci si mette dentro le poche cose
prevedibilmente indispensabili, dimenticando sempre qualcosa d'essenziale;
durante il cammino, quando si raccoglie ciò che si vuole portare a casa; al
ritorno, quando si apre il bagaglio e non si trovano le cose che erano sembrate
più importanti, mentre saltano fuori oggetti che non ci si ricorda di aver
messo dentro. Così accade con la scrittura; qualcosa che, mentre si viaggiava
e si viveva, pareva fondamentale è svanito, sulla carta non c'è più, mentre
prende imperiosamente forma e si impone come essenziale qualcosa che nella
vita - nel viaggio della vita - avevamo appena notato.
Il viaggio sempre ricomincia, ha sempre da ricominciare, come l'esistenza, e
ogni sua annotazione è un prologo; se il percorso nel mondo si trasferisce
nella scrittura, esso si prolunga nel trasloco dalla realtà alla carta - scrivere
appunti, ritoccarli, cancellarli parzialmente, riscriverli, spostarli, variarne la
disposizione. Montaggio delle parole e delle immagini, colte dal finestrino
del treno o attraversando a piedi una strada e girando l'angolo. Solo con la
morte, ricorda Karl Rahner, grande teologo in cammino, cessa lo status
viatoris dell'uomo, la sua condizione esistenziale di viaggiatore.
Viaggiare dunque ha a che fare con la morte, come ben sapevano Baudelaire
o Gadda, ma è anche un differire la morte; rimandare il più possibile l'arrivo,
l'incontro con l'essenziale, come la prefazione differisce la vera e propria
lettura, il momento del bilancio definitivo e del giudizio.
Viaggiare non per arrivare ma per viaggiare, per arrivare più tardi possibile,
per non arrivare possibilmente mai.
2. Il viaggio dunque come persuasione. Forse è soprattutto nei viaggi che ho
conosciuto la persuasione, nel senso dato a questa parola da Carlo
Michelstaedter; quella vita autosufficiente, libera e appagata che Enrico, il
personaggio del mio romanzo Un altro mare, insegue con autodistruttivo e
vano accanimento. La persuasione: il possesso presente della propria vita, la
capacità di vivere l'attimo, ogni attimo e non solo quelli privilegiati ed
eccezionali, senza sacrificarlo al futuro, senza annientarlo nei progetti e nei
programmi, senza considerarlo semplicemente un momento da far passare
presto per raggiungere qualcosa d'altro. Quasi sempre, nella propria esistenza,
si hanno troppe ragioni per sperare che essa passi il più rapidamente
possibile, che il presente diventi quanto più velocemente futuro, che il
domani arrivi quanto prima, perché si attende con ansia il responso del
medico, l'inizio delle vacanze, il compimento di un libro, il risultato di
un'attività o di un'iniziativa e così si vive non per vivere ma per avere già
vissuto, per essere più vicini alla morte, per morire.
Il viaggio incalzante e incalzato, imposto sempre più freneticamente dal
lavoro e dalla sua necessaria spettacolarizzazione - specialmente a quel
manager di se stesso e dello Spirito che è l'intellettuale, enfasi e caricatura del
manager industriale -, è la negazione della persuasione, della sosta, del
vagabondare; assomiglia piuttosto a quella eiaculazione precoce che Joseph
Roth, riprendendo nel suo romanzo I cento giorni un pettegolezzo in materia
riguardante Napoleone, attribuisce all'Empereur, il quale non vuol tanto fare
all'amore, quanto averlo subito già fatto, sbrigato e liquidato. Il viaggio del
conferenziere, tra un aeroporto o un albergo e l'altro, non è dissimile da
questo orgasmo assillato.
SCARICA IL LIBRO NEI VARI FORMATI :
Commento all'articolo