L’avventura di un povero cristiano –  Ignazio Silone 

SINTESI DEL LIBRO:

«Una piazzetta appartata di Sulmona, ai piedi del monte Morrone; nel
fondo una larga scalinata, da cui si elevano muri bassi e ineguali di una
chiesa in costruzione; i lavori però sembrano sospesi da anni. Al lato sinistro
della piazzetta sta un’edicola con un’immagine sacra, davanti alla quale
arde un lumino a olio. Al lato destro una modesta casa a un piano che serve
d’abitazione e laboratorio a una famiglia di artigiani tessitori: la casa ha
un’ampia porta e una finestra protetta da un’inferriata. Sui muri, ad altezza
d’uomo, sono infissi alcuni legni a uso di attaccapanni; allo stesso fine,
accanto alla porta, c’è un cavalletto di legno che può essere spostato
secondo il bisogno. Una via poco frequentata, che collega la piazzetta al
centro della piccola città, passa davanti alla scalinata.
È l’alba. Dopo qualche secondo, a scena vuota, dalla porta già aperta
della tessitoria appare una giovane donna, Concetta. Ella reca sulle braccia
alcune matasse di lana rossa che appende agli infissi accanto alla porta. La
donna è vestita di scuro, molto semplicemente, come usano le artigiane
povere nei giorni di lavoro; non porta copricapo ed è pettinata al modo
tradizionale, coi capelli raccolti in una piccola crocchia sulla nuca; calza
pianelle di stoffa scura. È una donna di gradevole aspetto, sui venticinque
anni, robusta, un po’ rustica, timida, ma non servile. Dopo essersi guardata
a destra e a sinistra, ella avanza esitante verso il pubblico.
CONCETTA.
Buona sera a tutti. Vi sembrerà strano che, a darvi qualche spiegazione su
questa storia che sta per cominciare e che è una storia d’uomini, sia proprio
una donna, e una donna ordinaria come me, tessitora. Vi posso assicurare che
anche a me pare strano. Ma l’autore, per non so quale motivo, ha voluto così.
Vi prego dunque di compatirmi se sarò troppo semplice. È una storia
d’uomini, mi pare d’averlo già detto: sono uomini che litigano fra di loro;
uomini di chiesa che si disputano sul modo d’intendere il Vangelo e la regola
stabilita da San Francesco appena poche decine d’anni fa; e talvolta essi
perfino si azzuffano, si prendono a bastonate, si scomunicano a vicenda.
Finanche un uomo tranquillo e onesto come mio padre, n’è stravolto a un
punto da far pena. Egli riceve visite strane, e per un certo tempo, se io mi
avvicinavo mentre lui confabulava con sconosciuti, usava dirmi: «Concetta
(Concetta è il mio nome) per favore va’ di là oppure mi faceva cenno di
allontanarmi». Badate, che non mi veniva mai a mente che potesse trattarsi di
cose brutte o disoneste, perché, grazie a Dio, mio padre non ne è capace.
Ma in seguito a vari indizi, e principalmente per aver visto talvolta tra gli
sconosciuti qualche religioso di quelli che ora si chiamano fraticelli zelanti o
spirituali, avevo finito con l’indovinare che si trattasse di questioni di chiesa.
Mi chiedevo: perché allora tanti misteri? La religione riguarda le donne
almeno quanto gli uomini. Per cui un giorno, in tono un po’ scherzoso e un
po’ provocante, dissi a mio padre: «Ho sentito raccontare che un tempo si
dubitava che le donne avessero un’anima; forse a te è tornato quel dubbio?».
Non me lo fossi mai permesso, egli si offese sul serio. Ora non è il caso che
io stia qui a ripetere le sue parole appassionate per respingere quel mio
rimprovero. «Volevo soltanto risparmiarti delle angustie» mi disse infine per
giustificarsi. «Ma, poiché tu lo vuoi, non ho difficoltà a informarti di ogni
cosa».
Adesso devo ammettere che il caro uomo, per quel che mi riguarda, aveva
previsto giusto. Anche se cerco di nasconderlo, dopo quello che lui m’ha
raccontato delle discordie e risse tra i francescani detti spirituali e gli altri, i
conventuali, ho il cuore pieno d’angoscia. Però non sono pentita di aver
voluto conoscere la verità. Anzitutto, per un obbligo di coscienza: mio padre
è vedovo ed io, come ogni ragazza mi capirà, non posso lasciarlo solo in
eventuali pasticci. E poi, come può una cristiana rimanere indifferente alle
sofferenze della Chiesa?
Ma sono anche tormentata dal dubbio di accettare giudizi sbagliati. Così,
pochi giorni fa, per averne la coscienza in pace, io e un’altra ragazza mia
amica abbiamo finito col parlarne al nostro parroco, don Costantino. A dire la
verità era stato lo stesso parroco che ci aveva mandato a chiamare per un altro
motivo. Non so se parlarvene; ma forse sì, in due parole, tanto più che anche
quest’altro motivo avrà un piccolo seguito. È dunque accaduto che noi
ragazze dell’Unione delle Figlie di Maria, di comune accordo, da un paio di
domeniche, non assistiamo più alla messa cantata di mezzogiorno, chiamata
anche la messa dei signori, ma a quella piana delle cinque del mattino. La
novità non è passata liscia, perché il posto riservato a noi ragazze era nella
navata centrale della chiesa, davanti a tutti, vicino alla balaustra, avendo a
destra e a sinistra i banchi sopraelevati delle famiglie signorili. Ora, una delle
ultime domeniche, nella chiesa gremita per la messa di mezzogiorno, il nostro
posto è apparso inaspettatamente vuoto. E così la domenica seguente. I
signorotti, che evidentemente hanno la coda di paglia, se la sono presa a
male, e uno di essi, un barone assai noto, sia per le sue birbonate, sia, non
posso negarlo, per frequenti doni generosi alla chiesa, è andato a lagnarsi
addirittura dal vescovo. Pare anzi che il nobil uomo, informato dalle sue spie,
abbia incolpato me e la mia amica di aver fomentato l’affronto.
«Si può sapere» ci ha chiesto il parroco con finta severità «per quale
ragione non vi si vede più la domenica alla messa di mezzogiorno, ma a
quella delle cinque del mattino?» «Abbiamo pensato» io gli ho risposto «che
alle cinque del mattino il Padre Eterno sia già sveglio. Oppure ci sbagliamo?»
Il parroco è scoppiato a ridere, e siccome sulla onesta ragione del nostro
comportamento egli ne sa quanto noi e in cuor suo ci approva, non ha
insistito. Ha solo aggiunto: «Col vescovo me la vedrò io, ma col barone e gli
altri signori? Che la Madonna vi protegga».
Detto questo, potevamo andarcene; ma giacché eravamo lì, abbiamo
pregato don Costantino d’illuminarci su quella zizzania sorta nella Chiesa e
specialmente tra i francescani. Con nostra grande sorpresa la domanda l’ha
messo in serio imbarazzo ed è stato colto da un violento accesso di tosse.
Infine, essendo una persona istruita, ha cercato di cavarsela con qualche frase
né carne, né pesce. Vi sono pie persone ci ha detto che leggono la Santa
Scrittura in modo diverso. Chi la legge per diritto e chi a rovescio, oppure un
po’ storto, di sbieco. Non si potrebbe fare in modo che il libro stia fermo? gli
abbiamo suggerito noi per stare a quel suo modo di parlare. Non si potrebbe
in qualche modo inchiodare la Santa Scrittura sopra un leggio o sul muro?
Non servirebbe, perché non dipende mica dal libro, ma dalla vista. Vi sono
quelli che vedono tutto alla rovescia e altri un po’ storto. Noi abbiamo
insistito; ci sembrava impossibile che non si trovasse un rimedio. «Non si
potrebbe» gli abbiamo anche proposto «togliere il libro a quelli che hanno lo
sguardo storto?» Il parroco ha scosso la testa. «Come si fa a riconoscerli?» ha
obiettato. «Ognuno pretende che sia l’altro a leggere alla rovescia». A questo
punto, per finirla con le divagazioni, m’è venuta un’idea. «C’è però il papa»
ho detto. «Non c’è, al di sopra di tutti, il papa?» Il buon prete a quel punto ha
tirato un profondo sospiro. «L’ultimo papa è morto circa due anni fa» ci ha
detto «e da allora i cardinali sono riuniti in conclave, prima a Roma e adesso,
a causa del caldo, a Perugia, senza riuscire a mettersi d’accordo per
nominarne un altro». «In due anni non sono riusciti a mettersi d’accordo?» io
non ho saputo trattenermi dall’esclamare. «Ma non è lo Spirito Santo che
detta la scelta del papa? Vostra Signoria ce l’ha insegnato alla scuola di
religione». «Sì, è lo Spirito Santo» egli ha confermato. «Ma si vede che da
quell’orecchio i cardinali adesso non ci sentono». «Se quelli non ci sentono,
ne facciano degli altri» è subito insorta la mia compagna. «Ne facciano degli
altri con l’udito in ordine. Come si può lasciare per anni la Chiesa senza
papa?» «Solo il papa può nominare nuovi cardinali» ci ha risposto il prete
pazientemente. «Perché non li nomina? Perché non si sbriga?» abbiamo
ribattuto noi senza troppo riflettere. Allora il parroco ha perduto la pazienza.
«Non li nomina perché il papa non c’è» ha gridato. «Il trono è vacante, ve
l’ho già detto. Da più di due anni siamo senza papa...» Gli abbiamo chiesto
scusa per la nostra confusione mentale, e il parroco, come pentito di aver
alzato la voce, ha voluto accompagnarci fino alla porta.
Eravamo deluse. Con tante parole non avevamo cavato un ragno dal buco.
Ma, in modo inaspettato, le ultime parole scambiateci sulla soglia della
sacrestia, sono state però di speranza. Questo vecchio eremita del Morrone, di
cui tanto si parla e di cui si raccontano anche vari miracoli, questo fra Pietro
ho domandato per chi parteggia? A quel punto la faccia del vecchio parroco
si è illuminata. È un uomo buono e semplice come il pane ci ha detto. È un
vero cristiano dei tempi apostolici. Lo conoscete? ci ha chiesto. Abbiamo
dovuto ammettere di averlo visto solo una volta da lontano, perché lui non
sopporta la vicinanza delle donne. Egli detesta la popolarità ha confermato il
parroco. Ogni tanto cambia luogo di rifugio appunto per sfuggire agli
importuni. Fortunatamente per lui, la Divina Provvidenza ha provvisto le
nostre montagne, il Morrone e la Maiella, di molte grotte. Ma per rispondere
alla tua domanda egli ha aggiunto rivolto a me ebbene, posso dirti che fra
Pietro è al di sopra delle beghe. Naturalmente anche lui ha le sue preferenze,
egli protegge gli spirituali, come i più vicini all’insegnamento di San
Francesco, ma è rispettato da tutti. Se è così ha detto impulsivamente la mia
amica perché non lo fanno papa? A quelle parole il buon vecchio ha alzato le
braccia verso il cielo ed è rimasto parecchio senza fiatare. Magari, magari ha
borbottato. Non sarebbe mica contro la legge canonica; ma i cardinali
preferiscono eleggere uno di loro. Poi ha aggiunto sottovoce, come parlando
a se stesso: «Ci vorrebbe un intervento diretto dello Spirito Santo, un vero
colpo di mano dello Spirito Santo sulla Curia romana». «Se allo Spirito Santo
gli sta veramente a cuore la sua Chiesa» a me allora m’è scappato di dire
«dovrebbe concedersi un colpetto di mano di quella specie». A quelle parole
il parroco ha bruscamente cambiato di aspetto. «Andate via, tentatrici» ci ha
comandato. Poi ha aggiunto sorridendo: «Mi sembrate povere di
discernimento, ma ricche di fede».

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