Il ballo della morte – Laurell K. Hamilton

SINTESI DEL LIBRO:
Il più bel cadavere che avessi mai visto sedeva di fronte alla mia
scrivania, con una giacca di velluto nero che faceva risaltare i pizzi
della camicia bianca, brillante alla luce della lampada. Ero alle spalle
di Jean-Claude, con la schiena al muro e le braccia incrociate, in
modo da tenere la mano destra confortevolmente vicina alla
Browning Hi-Power nella fondina ascellare. Non avevo nessuna
intenzione di sparare a Jean-Claude. Quello che mi preoccupava era
l'altro vampiro.
La stanza era illuminata soltanto dalla lampada sulla scrivania,
perché il vampiro che aveva detto di chiamarsi Sabin mi aveva
chiesto di spegnere il lampadario. Stava in piedi nell'ombra accanto
alla parete opposta, completamente avvolto in un mantello nero col
cappuccio. Non avevo mai visto un vampiro autentico vestirsi così.
Sembrava uscito da un vecchio film con Vincent Price.
L'ultimo componente del nostro allegro gruppetto era Dominic
Dumare, che occupava una delle sedie riservate ai clienti. Era un
tipo alto e magro, ma tutt'altro che debole. Aveva le mani forti e
grandi, gliene sarebbe bastata una per coprirmi tutto il volto. Se non
fosse stato per il diamante sul fermacravatta, il completo nero che
indossava lo avrebbe fatto sembrare un cameriere. Il viso,
dall'ossatura robusta, era orlato da una barba sottile.
Quand'era entrato nel mio ufficio avevo percepito come un vento
psichico che mi accarezzava la schiena. Soltanto altre due persone
mi avevano suscitato la stessa sensazione: la più potente
sacerdotessa voodoo che avessi mai conosciuto, che ora era morta,
e il secondo più potente sacerdote voodoo che avessi mai
conosciuto, che ora lavorava per Animators Inc., proprio come me.
Ma Dominic Dumare non era venuto per cercare lavoro.
«La prego, Ms. Blake, si sieda», invitò Dumare. «Sabin pensa che
sia molto scortese sedere quando una signora resta in piedi.»
Guardai Sabin. «Soltanto se si siede prima lui», risposi.
Dumare guardò Jean-Claude. «Hai così poco potere sulla tua
serva umana?»
Non avevo bisogno di vedere in faccia Jean-Claude per sapere
che gli stava sorridendo educatamente, con aria di superiorità. «Oh,
temo dovrai cavartela da solo con ma petite. Non ubbidisce a
nessuno, anche se il consiglio l'ha riconosciuta mia serva umana.»
«Ne sembri fiero», commentò Sabin, che aveva un accento molto
anglosassone e molto aristocratico.
«È la Sterminatrice, ha ucciso più vampiri di qualunque altro
essere umano. È una negromante talmente potente che tu hai
attraversato l'oceano solo per consultarla. È la mia serva umana
senza esservi obbligata da nessun marchio. Esce con me senza che
debba soggiogarla col mio glamour di vampiro. Perché non dovrei
esserne contento?»
A sentirlo parlare si sarebbe detto che fosse stata tutta una sua
idea, in realtà Jean-Claude aveva fatto di tutto per impormi i suoi
marchi ma io ero riuscita a fregarlo. Avevamo incominciato a uscire
insieme perché mi aveva ricattata, minacciando di uccidere il mio
ragazzo se avessi rifiutato. Alla fine, però, Jean-Claude era riuscito a
volgere tutta la situazione a suo vantaggio. Come mai non ne ero
sorpresa?
«Fino alla sua morte non potrai imporre il tuo marchio a nessun
altro umano», osservò Sabin. «Ti sei precluso un grande potere.»
«Sono perfettamente consapevole di quello che ho fatto», ribatté
Jean-Claude.
La risata di Sabin fu terribilmente amara. «Tutti facciamo follie per
amore!»
Avrei dato molto per poter osservare la faccia di Jean-Claude in
quel momento, ma purtroppo riuscivo solo a vedere i suoi lunghi
capelli che cadevano sulle spalle della giacca, nero su nero.
Comunque notai che contrasse le spalle e allungò le mani sul
tampone di carta assorbente, poi restò assolutamente immobile. Era
la terribile immobilità con cui soltanto i vampiri antichi sapevano
attendere, quasi come se restando fermi abbastanza a lungo
potessero in qualche modo scomparire.
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