Excalibur -La spada perduta – Bernard Cornwell

SINTESI DEL LIBRO:
I sassoni erano prudenti: quando ci avevano visti, non ci avevano
assaliti, e dato che ormai eravamo al sicuro sulla piatta cima del
Monte Baddon, nella fortezza di terra dell'Antico Popolo, si
accontentarono di presidiare la base meridionale della montagna e
di tenerci d'occhio.
Nel pomeriggio, un grosso contingente di guerrieri sassoni andò ad
Aquae Sulis e scoprì che la città era quasi deserta. Mi aspettavo che
dessero fuoco alle case, ma non scorsi le fiamme e il fumo dei tetti di
paglia incendiati. Al crepuscolo i soldati fecero ritorno, carichi di
bottino.
Le ombre della sera calarono sulla vallata e sul fiume; noi, in cima al
Monte Baddon, avevamo ancora l'ultima luce del giorno, ma in
basso i fuochi da campo del nemico già punteggiavano le tenebre.
Altri fuochi si scorgevano nella regione montuosa a nord della nostra
posizione. Rispetto a quelle montagne, il Monte Baddon era come
un'isola al largo della costa, separato da un'alta sella di terreno
erboso. Pensai che forse era possibile, di notte, attraversare quella
sella, risalire la cresta e proseguire fra le montagne verso Corinium,
dove ci aspettava Artù per la battaglia decisiva contro il grosso delle
forze sassoni.
Così, prima del crepuscolo, mandai Issa e venti guerrieri a fare una
ricognizione del possibile percorso.
Ci sono esploratori a cavallo mi riferì il mio vice.
Sorvegliano tutta la cresta al di là della sella.
Avevo ancora una mezza idea di tentare la fuga da quella parte, ma
mi rendevo conto che i cavalieri sassoni ci avrebbero visti e che
all'alba avremmo avuto alle calcagna l'intero contingente nemico.
Per buona parte della notte riflettei, preoccupato, sulla decisione da
prendere. Alla fine scelsi il minore dei mali: saremmo rimasti sul
Monte Baddon.
Ai sassoni apparivamo di sicuro un esercito formidabile. Infatti ora
comandavo duecentosessantotto uomini, ma il nemico non poteva
sapere che meno di cento, fra loro, erano guerrieri esperti.
Dei restanti, quaranta erano i volontari cittadini di Aquae Sulis,
trentasei erano i veterani che avevano difeso la Rocca di Cadarn o il
palazzo di Durnovaria ma che ormai erano vecchi e lenti, mentre
centodieci erano i giovani soldati addestrati da me e Issa, che non
avevano ancora versato il primo sangue.
Tuttavia, i miei settanta guerrieri esperti e i dodici Scudi Neri rimasti
con me dopo la partenza della loro principessa Argante erano fra i
migliori combattenti della Britannia. Non dubitavo che i veterani si
sarebbero rivelati utili e che i giovani si sarebbero forse dimostrati in
gamba, ma si trattava pur sempre di un ben misero esercito con cui
proteggere le nostre centoquattordici donne e i settantanove
bambini.
Se non altro eravamo ben forniti di cibo e d'acqua: infatti, sui fianchi
del Monte Baddon c'erano tre sorgenti e avevamo con noi i sette
preziosi carri di provviste che avevamo trovato sulla via romana.
A sera, quel primo giorno, avevamo già contato le forze del nemico.
Nella valle c'erano circa trecentosessanta sassoni e almeno altri
ottanta si trovavano sulle alture a settentrione: bastavano a tenerci
bloccati, ma probabilmente non ad assalirci perché godevamo del
vantaggio della posizione.
I tre lati della sommità del Monte Baddon, piatta e priva d'alberi,
misuravano ciascuno trecento passi e costituivano un esteso fronte
che i miei pochi uomini non avrebbero potuto difendere interamente;
ma se il nemico fosse venuto all'attacco, me ne sarei accorto con
largo anticipo e avrei avuto il tempo di spostare i guerrieri sul lato
minacciato.
Anche in caso di due o tre assalti simultanei, calcolai, avrei potuto
mantenere la posizione, perché i sassoni avrebbero dovuto risalire
un pendio molto erto e combattere contro uomini riposati; ma se il
numero degli avversari fosse aumentato, sarei stato sopraffatto.
Comunque, non pensavo che avrebbero perso tempo e soldati con
noi, mi auguravo che fossero solo un grosso gruppo incaricato di
fare provviste e che, spogliata Aquae Sulis e la sua vallata di ogni
cosa commestibile o utile, nella notte sarebbero tornati a settentrione
per unirsi di nuovo alle forze di Aelle e di Cerdic.
Il mattino seguente i sassoni si trovavano ancora nella valle: il fumo
dei loro fuochi si mescolava alla nebbia del fiume.
Mentre la foschia si diradava, vedemmo che tagliavano alberi per
fabbricare delle capanne: per noi fu la deprimente conferma della
loro intenzione di restare.
I miei uomini erano impegnati sui pendii della montagna: tagliarono i
bassi cespugli di biancospino e gli alberelli di betulla che potevano
offrire una copertura al nemico, li trascinarono sulla spianata e li
ammucchiarono per formare un rudimentale parapetto sui resti delle
mura difensive costruite dall'Antico Popolo.
Altri cinquanta uomini erano saliti sulla cresta a nord della sella per
tagliare e raccogliere legna da ardere che portarono sulla spianata in
uno dei carri delle provviste. Il legname bastò a costruire una lunga
baracca di legno; a differenza delle capanne dei sassoni, dal tetto di
paglia o di zolle, la nostra era soltanto una traballante costruzione di
tronchi non scortecciati disposti fra quattro dei nostri carri, coperta
alla buona da ramaglie, comunque sufficiente a dare riparo alle
donne e ai bambini.
Durante la prima notte avevo ordinato a due dei miei uomini, due
furbi gaglioffi scelti fra i più giovani che ancora non avevano preso
parte a una battaglia, di andare per strade diverse a Corinium per
informare Artù della nostra situazione. Non credevo che il mio
signore potesse aiutarci, ma almeno avrebbe saputo che fine
avevamo fatto.
Passai tutto il giorno seguente nel timore di rivederli, presi prigionieri
e trascinati dai cavalieri sassoni. Invece i giovani riuscirono a non
farsi catturare e in seguito scoprii che erano giunti tutt'e due
felicemente a Corinium.
I sassoni costruirono i loro ripari e noi ammucchiammo altri arbusti
spinosi sulle nostre basse mura di protezione.
Nessun nemico salì dalle nostre parti e noi non scendemmo a
lanciare sfide.
Intanto organizzai le difese: divisi in tre zone la spianata e assegnai
ciascuna zona ad alcuni guerrieri. I miei settanta lancieri esperti, il
meglio del mio piccolo esercito, dovevano proteggere l'angolo
meridionale della bassa muraglia, quello rivolto al nemico. Disposi i
guerrieri più giovani, in due gruppi, ai fianchi dei più esperti e affidai
ai dodici Scudi Neri, aiutati dai volontari e dalle ex guardie della
Rocca di Cadarn e di Durnovaria, la difesa del lato settentrionale.
Il capo degli Scudi Neri, un bestione pieno di cicatrici chiamato Niall,
veterano di cento scorrerie, dalle dita piene di anelli da guerriero,
provvide a issare sul bastione a nord il proprio stendardo di fortuna:
un semplice fusto di betulla, sfrondato dei rami e piantato nel
terreno, con in cima un lembo di mantello nero. Una sbrindellata
bandiera irlandese che però dava una selvaggia e soddisfacente
impressione di sfida.
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