Oblivion II. Onyx attraverso gli occhi di Daemon – Armentrout Jennifer L

SINTESI DEL LIBRO:

 Kat mi ignorava.
Non ero per nulla sorpreso, lo faceva anche a scuola. La sera del
ballo si era conclusa tragicamente, lei aveva rischiato di morire e io
l’avevo salvata. E adesso si comportava come se, con un po’ di
sforzo, potesse fingere che tutto fosse normale, come se potesse
riuscire a far sparire ogni cosa.
A far sparire me.
Non sarebbe successo tanto presto, e non perché Kat brillava
come un gigantesco lampione, ma per via del fatto che ero deciso a
lottare per quello che volevo. A superare tutta quella storia del frutto
proibito e stupidaggini simili. Ormai non pensavo più di non poter
prendere quello che desideravo a causa della natura mia e di Kat.
No, maledizione, sapevo bene che conquistare quello che volevo
non sarebbe stato facile. Nulla lo era, nella vita, ma questo non
cambiava ciò che provavo.
Io volevo lei.
E sapevo che, al di là degli ostacoli e delle liti, anche Kat mi
voleva. Dovevo soltanto farglielo ammettere, ma ora come ora
desideravo solo caricarmela in spalla, portarla a casa di peso e
chiuderla in una stanza.
Kat parcheggiò la sua Camry di fronte all’ufficio postale, scese
dalla macchina e io le accostai accanto, con l’auto rivolta nella
direzione opposta. Abbassai il finestrino e la fissai. «Che cosa non ti
è chiaro nella frase: “Vai dritto a casa dopo la scuola”?»
Kat fece una smorfia e sostenne il mio sguardo. «Potrebbero
esserci dei libri ad aspettarmi all’ufficio postale.»
Sospirai. «Potrebbe anche esserci un Arum nei paraggi, pronto a
divorarti.»
Kat non cedette alla mia logica schiacciante, anche perché sapeva
che avevo già setacciato l’intero Stato senza trovare traccia di Arum.
«Ci sei tu, va tutto bene.»
«Sì, ma prevenire è meglio che curare, sai?» Appena la vidi alzare
gli occhi al cielo aprii la portiera. «Sei proprio fastidiosa» le dissi.
Sollevò il dito medio per grattarsi la guancia.
Le sorrisi. «Che gentile, Kitty.»
Mi sorrise a sua volta, poi si voltò e attraversò il parcheggio
ancheggiando. Con quei jeans sbiaditi che le fasciavano ogni curva
era un vero spettacolo, perciò non avrei protestato perché mi aveva
dato le spalle.
Finché a un certo punto decise di saltare in una pozzanghera
grande come un lago.
Sollevò schizzi di acqua fangosa che mi finirono sui pantaloni.
Feci un sospiro esasperato. «Ma quanti anni hai, due?»
Salì sul marciapiede e guardò dietro di sé prima di entrare
nell’edificio. La aspettai alla fine del corridoio mentre andava ad
aprire la sua cassetta postale.
«Sììì!» squittì, illuminandosi tutta come la traccia che la avvolgeva.
Infilò la mano nel contenitore e tirò fuori un bel po’ di pacchetti
rivestiti di carta gialla. Se li strinse al petto come se fossero neonati.
Che carina… Nerd, ma carina.
Poi richiuse a chiave la cassetta e si voltò. Per un attimo i nostri
sguardi si incrociarono e le guance le si tinsero di rosa. Abbassò
subito gli occhi.
Mi passò accanto e uscì sfiorandomi la spalla; dato che non
poteva assolutamente deludermi, saltò di nuovo nella pozzanghera.
Feci un piccolo balzo di lato, ma era troppo tardi. Ero zuppo dal
ginocchio in giù. «Maledizione.»
Lei sogghignò e corse alla macchina, poi aprì la portiera
posteriore. La seguii in silenzio e mi fermai accanto al mio SUV,
osservandola mentre si chinava per appoggiare i libri sul sedile.
Quando si tirò su all’improvviso e si voltò, lo sguardo che mi lanciò,
tra l’innocente e il malizioso, mi fece eccitare da morire.
Vabbe’, a essere sincero mi eccitava da morire praticamente tutto
quello che faceva…
Soffocai un gemito mentre ricominciava a sistemare i libri in
macchina come se fossero reliquie inestimabili. Per un secondo
chiusi gli occhi: mi morsi il labbro quando nella mia mente si formò
l’immagine di lei sul divano, sotto di me, con addosso quei maledetti
pantaloni del pigiama con gli elfi. E nient’altro. Mi si contorse lo
stomaco. Avevo fame. Di cibo e di lei.
«Ho bisogno di pancake» annunciai aprendo gli occhi. E
chiaramente li puntai subito su una parte molto attraente del suo
corpo.
Kat chiuse la portiera. «Mi stai fissando il culo, per caso?»
Stirai le labbra in un sorrisetto e alzai piano lo sguardo verso i suoi
occhi, indugiando su altre zone… particolari. Eccolo di nuovo, quel
rossore, che le si diffondeva sulla gola e sotto il maglione azzurro
leggero. Il grigio dei suoi occhi si era fatto più profondo.
Beccata. Quello che provavo si rifletteva nel suo sguardo. E non
c’era modo di nasconderlo.
«Non mi permetterei mai» dissi.
Lei sbuffò.
«Pancake» ripetei.
«Cos’è questa fissazione per i pancake? Perché continui a
ripeterlo?»
«Hai il preparato, a casa?» le chiesi ignorando la domanda.
Kat si accigliò perché non capiva dove volessi arrivare. «Sì, credo
di sì.»
«Bene.» Sorrisi. «Allora mi preparerai un po’ di pancake.»
Lei mi guardò a bocca aperta. «Non ti preparo proprio un bel
niente. C’è un Waffle House qui vicino che ti servirà tutti i pancake
che ti pare…»
Mi mossi così velocemente che non riuscì nemmeno a vedermi. E
mi fermai proprio davanti a lei, i nostri corpi che quasi si toccavano,
e vidi le sue pupille dilatarsi leggermente. «Lo so che c’è un Waffle
House qui vicino, Kitty. Ma non è quello che voglio.» Alzai la mano e
le toccai la punta del naso con il dito. «Voglio che me li prepari tu.»
Lei si ritrasse e mi guardò male. «Non ti preparerò nessun
pancake.»
«Oh, sì, invece.» Mi voltai e mi diressi verso la mia auto, salii e le
feci un bel sorriso. Era rimasta lì impalata per tutto il tempo. «Sì che
me li preparerai.

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