Comandante supremo – Tom Clancy

SINTESI DEL LIBRO:
La Independence era una nave, ma il suo compito non era quello di
viaggiare da un punto di partenza a uno di arrivo. Anzi, rimaneva ancorata
nel porto di KlaipÄ—da, sulla costa baltica della Lituania, collegata a una
lunga banchina con dispositivi di supporto e ormeggio, ponti di
collegamento in ferro e un enorme impianto di tubature.
La supermetaniera era stata accolta in porto con grande clamore l’anno
precedente, perché tutti sapevano che avrebbe segnato una svolta epocale
per i lituani. E sebbene adesso non fosse altro che un oggetto fisso e
ondeggiante e non assomigliasse più a una nave, aveva compiuto la sua
missione.
Independence era il nome, ma anche l’obiettivo. Era un impianto
galleggiante di stoccaggio e rigassificazione di gas naturale liquefatto (GNL),
il primo del suo genere.
Da decenni la Lituania dipendeva dalla Russia per coprire il fabbisogno
di gas ed energia elettrica. Per un qualsiasi capriccio dettato dalla situazione
politica della regione, la Russia poteva alzare il prezzo del gas o diminuire
le forniture. Era già accaduto più volte nel corso degli ultimi anni e, a mano
a mano che la tensione tra gli Stati baltici e la Russia cresceva, il fatto che
la Lituania dipendesse dalla benevolenza del suo vicino era diventato un
chiaro pericolo per la sicurezza nazionale.
Una struttura per l’importazione di GNL aveva la possibilità di cambiare
le cose. Con la Independence e il gasdotto dal porto, i carichi di GNL dalla
Norvegia adesso potevano arrivare tramite metaniera, essere scaricati
nell’impianto di rigassificazione e trasformati nel gas naturale necessario
alla nazione.
In questo modo, se i russi avessero di nuovo chiuso i rubinetti del gas o
alzato i prezzi a cifre insostenibili, la Lituania e i suoi vicini alleati non
avrebbero dovuto far altro che aprire la valvola di sicurezza di cui era
provvista la Independence.
Il processo per la rigassificazione è altamente tecnico e accurato, ma
sorprendentemente semplice da capire. Per poterne trasportare grandi
quantità , il gas deve essere trasformato in forma liquida, riducendone così
di seicento volte il volume. Ciò viene realizzato raffreddando il gas fino a-160 °C. La forma liquefatta della merce viene trasportata a questa
temperatura in serbatoi speciali, in questo caso dalla Norvegia alla Lituania.
Qui il GNL viene pompato nei serbatoi di stoccaggio della Independence,
dove il sistema di rigassificazione riscalda il liquido con propano e acqua di
mare, trasformandolo di nuovo in gas. Quest’ultimo viene pompato in tubi
che lo scaricano nel porto di KlaipÄ—da e poi, attraverso un gasdotto di
diciotto chilometri, all’impianto per l’erogazione. Da lì viene convogliato
direttamente nelle case lituane, dove fornisce il calore necessario per
affrontare i lunghi inverni baltici.
Da un punto di vista economico, il progetto da trecentotrenta milioni di
dollari stava già dando i suoi frutti. La Russia aveva infatti abbassato il
prezzo del gas il giorno stesso in cui la Independence era finita su Internet,
in modo da competere con quello norvegese.
Ma dire che i russi non ne erano molto contenti era l’eufemismo del
secolo. Mosca non vedeva di buon occhio la competizione sulle
esportazioni di energia in Europa. Era abituata a detenerne il monopolio e lo
aveva usato per minacciare gli Stati vicini, per arricchire la nazione e, forse
ancora più importante, per mascherare la miriade di altri problemi
economici della Russia. Il presidente russo Valeri Volodin, in modo
tipicamente iperbolico, era arrivato persino ad affermare che il nuovo
impianto di gas naturale della Lituania non era altro che un atto di guerra.
La Lituania, come molti altri ex Stati satellite della Russia, era abituata
alla retorica sediziosa di Mosca, perciò il governo di Vilnius ignorò,
semplicemente, le minacce di Volodin e importò ingenti quantità di gas
naturale tramite i gasdotti russi e piccole quantità di GNL dalla Norvegia
attraverso il mar Baltico. La Independence fungeva, in definitiva, anche da
modello per le altre nazioni baltiche per lo sviluppo di vie alternative di
approvvigionamento energetico.
Il resto dell’Europa aveva partecipato alla costruzione e alla consegna
della Independence alla Lituania. Dopotutto, la stabilità della regione era
nell’interesse di tutti, e le nazioni NATO che potevano essere messe alle
strette o addirittura controllate dalle esportazioni russe di energia
rappresentavano un anello debole della catena.
Si diceva pertanto che se la Lituania dipendeva dalla Independence per
la sua energia, l’Europa in generale dipendeva dalla Independence per la
sua sicurezza.
Un elettricista tedesco di mezza età che camminava lungo la banchina
notò il corpo che galleggiava in acqua e questo gli salvò la vita.
Quella mattina aveva deciso di partire presto per andare a controllare
alcuni circuiti capricciosi nella stazione di pompaggio, ma trovò il furgone
bloccato dietro un cancello chiuso. Dato che avrebbe fatto prima ad andare
a piedi piuttosto che aspettare qualcuno che portasse la chiave, si era
avviato lungo la banchina a passo svelto, dettato dal fastidio di aver
cominciato la mattinata con il piede sbagliato. Era appena a un quarto del
percorso quando girò la testa verso sinistra e notò qualcosa ondeggiare a
pelo d’acqua, proprio al limite dell’area illuminata dalle luci della banchina.
All’inizio pensò che fosse soltanto un sacco della spazzatura, ma preferì
fermarsi per assicurarsene. Raggiungendo l’inferriata, prese un faro
industriale dallo zaino e lo accese, dirigendo il fascio di luce verso l’acqua.
Un sommozzatore con la muta e una bombola d’ossigeno sulla schiena
galleggiava a faccia in giù, con braccia e gambe divaricate.
L’elettricista tedesco parlava poco il lituano, ma provò a chiamarlo
comunque. «Labas!» Ciao! «Labas?»
Non ci fu alcuna reazione dal sommozzatore a venti metri dalla
banchina. Guardando con più attenzione, vide lunghi capelli biondi fluttuare
intorno alla testa e una corporatura minuta, e si rese conto che il corpo
apparteneva a una donna, probabilmente piuttosto giovane.
L’elettricista faticò a estrarre il walkie-talkie, ma quando alla fine ci
riuscì gli venne in mente che non ci sarebbe stato nessuno sul suo canale
finché i suoi colleghi non fossero arrivati al lavoro, ovvero non prima di
un’ora. Non si ricordava quale fosse il canale per le emergenze, perciò
cominciò semplicemente a correre nella direzione da cui era venuto, verso
l’ufficio preposto alla sicurezza portuale.
E quella decisione, generata dal panico, trasformò l’elettricista tedesco
nell’uomo più fortunato dell’anno in Lituania.
A diverse centinaia di metri dall’elettricista sconvolto, la Independence
galleggiava tranquilla su acque calme e scure in una fredda mattina
d’ottobre, inondata dalle luci sul ponte e collegata alla banchina e alla
stazione di pompaggio.
La nave e la banchina non erano ancorate alla terraferma lituana ma
all’isola di Kiaulės Nugara nella laguna dei Curi, all’imboccatura del porto
di KlaipÄ—da. Durante il giorno le acque del porto erano trafficate, ma
adesso, alle 4,08 di mattina, erano praticamente vuote dalla struttura di GNL
fino all’imboccatura della laguna, se si escludevano un paio di piccole
imbarcazioni a scafo rigido che solcavano le acque lentamente e senza quasi
alcun rumore. Gli agenti di sicurezza sulle barche non sapevano
dell’elettricista che stava correndo lungo la banchina, perché la gigantesca
supermetaniera era posizionata proprio tra le imbarcazioni dei guardiacoste
e il tedesco.
Le due barche passarono a una ventina di metri l’una dall’altra durante
il pattugliamento. Gli uomini sui ponti delle imbarcazioni si guardarono, ma
s’incrociavano troppo di frequente durante un turno per salutarsi ogni volta.
Al porto di KlaipÄ—da i controlli erano piuttosto rigidi ed erano state
prese tutte le misure necessarie a impedire attacchi terroristici via terra o via
mare. Ma anche se le guardie alla stazione di pompaggio, sull’isola, sulla
Independence e sulle barche di pattuglia erano ragionevolmente vigili e
attente, nessuno pensava veramente che potesse succedere qualcosa di
grave.
Sì, il mese precedente alcuni dimostranti a bordo di piccole barche di
legno avevano assaltato la struttura passando per l’imboccatura del porto.
Avevano con sé cartelloni colorati in cui chiedevano la fine della
globalizzazione, un megafono con il quale uno dei dimostranti urlava ogni
genere d’imprecazioni agli operai del porto, oltre a barattoli pieni di
petrolio che avevano intenzione di lanciare contro la supermetaniera per
dimostrare qualcosa di fondamentale importanza.
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